Un naso aquilino non è più un problema per le donne americane. O almeno questo è quanto suggerisce il crollo del numero delle rinoplastiche, calate del 43% rispetto al 2000, secondo i dati dell’American Society of Plastic Surgeon.
Belle al naturale?
Colpa della crisi? Non proprio: secondo gli storici del naso (esistono davvero), dopo decenni di rinoplastiche, le donne americane stanno vivendo una nuova fase di accettazione della diversità. Compresi quei difetti che non possiamo modificare con sfiancanti sessioni in palestra. Persino le attrici di Hollywood hanno iniziato a fare outing sulle rinoplastiche che per anni avevano smentito.
L’ossessione decennale per il naso all’insù
Era dalla nascita della rinosettoplastica negli anni ’20 che l’intervento non subiva un’inversione di tendenza. Per decenni chiunque avesse un naso non in linea con i canoni estetici (e potesse permetterselo) correva ai ripari. Soprattutto le attrici di Hollywood che da però puntualmente giustificano l’intervento incolpando un “setto deviato dalla nascita”. Negli anni ’90 poi, la rinoplastica è diventata una tappa fondamentale tra le ragazze ebree: “A un certo punto festeggi il tuo bat mitzvah e poi ti sottoponi all’intervento al naso”, spiegò all’epoca al New York Times un chirurgo plastico.
Il gran rifiuto della Loren
Tra le dive del cinema che secondo i guru di Hollywood avrebbero avuto bisogno di un ritocchino al naso c’era anche Sophia Loren. Era appena arrivata a Los Angeles quando le fu subito proposta una rinoplastica. Rifiutò: “Mi dissero che il mio naso era troppo lungo e che la mia bocca era troppo grande. Non mi ferì più di tanto perché quando sono convinta di una cosa sono pronta alla guerra”. Non cambiò idea nemmeno quando suo marito Carlo Ponti le disse: “Sai, anche il cameramen pensa che il tuo naso sia troppo lungo. Forse dovresti ritoccarlo giusto un pò”. “Ascolta - rispose la Loren - non voglio cambiare nulla del mio viso. Mi piace così com’è. Se dovessi essere costretta a ritoccarmi il naso, tornerei a Pozzuoli”. A quell’epoca - ha spiegato l’attrice all’Hollywood Reporter - “andavano di gran moda i nasi alla francese, all’insù. Riuscite a immaginarmi con un naso del genere?”.
Stiamo davvero accettando il nostro corpo?
L’analisi sull’accettazione della diversità stride con le statistiche. Secondo i dati dell'ultimo rapporto ISAPS relativo al 2017, (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), l’Italia è al quarto posto tra le prime 10 nazioni del mondo per numero di interventi di Chirurgia Plastica Estetica. E al primo posto ci sono proprio gli Stati Uniti con oltre 4 milioni e 200 mila operazione all’anno, circa il 18% del totale mondiale. Al secondo posto si piazza il Brasile e al terzo il Giappone. Dopo l’Italia, tra gli amanti della chirurgia estetica ci sono i messicani, i russi, gli indiani, i turchi, o tedeschi e i francesi.
Per quanto riguarda poi le procedure di chirurgia Plastica Estetica più richieste al mondo, al primo posto si conferma la mastoplastica additiva, l’operazione di aumento del seno, che ha un aumento progressivo di casi a doppia cifra anno su anno. Al secondo posto si piazza invece la liposuzione (l’intervento di aspirazione del grasso corporeo), davanti alla blefaroplastica (il trattamento per poter dare una nuova giovinezza allo sguardo) e, infine, la Rinoplastica e l’addominoplastica. Forse un naso lungo non è più un problema ma - stando alle statistiche - ci vorrà ancora del tempo per accettare un seno piccolo o i cuscinetti di grasso sulle cosce.