Beirut - Sembra volgere finalmente al termine il lungo periodo di vacuum presidenziale per il Libano. Domani, 31 ottobre, i 128 parlamentari dell'Assemblea si riuniranno intorno a mezzogiorno per eleggere il presidente della Repubblica, quasi 8 anni dopo l'ultima volta e a quasi due anni e mezzo dalla fine del mandato di Michel Sleiman, terminato a maggio 2014.
Dopo due anni e mezzo di boicottaggi delle sessioni parlamentari, immobilismo, tensioni e conflitti inter e intra confessionali, soprattutto all'interno dell'ampia componente politica cristiano maronita, appare oggi quasi scontata l'elezione a presidente di Michel Aoun, l'ottantatreenne fondatore del principale partito cristiano maronita del Paese, il Free Patriotic Movement, che gia' ricopri' la carica dal 1988 al 1990. Decisivo e' stato l'endorsement che lo scorso 20 ottobre Saad Hariri - figlio dell'ex primo ministro Rafiq, assassinato nel 2005 e a capo del piu' grande partito libanese, il movimento 'Futuro' (sunnita) - ha concesso allo stesso Michel Aoun, dopo aver promosso per piu' di un anno la candidatura di Suleiman Franijeh, leader del movimento cristiano maronita 'Marada'.
Secondo il Patto nazionale del 1943, modificato parzialmente dagli Accordi di Taif del 1989, in Libano il presidente della Repubblica deve essere sempre un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita e lo Speaker del Parlamento un musulmano sciita.
Il generale Aoun ha il sostegno di una parte dei parlamentari del movimento Futuro di Hariri - non quello di altri, come Ahmad Rifi e Ahmed Fatfat, che hanno espresso il loro disaccordo rispetto all'endorsement di Aoun, provocando una frattura all'interno del movimento 'Futuro', delle Forze Libanesi di Samir Geagea (unico leader libanese ad essere stato condannato per reati commessi durante la guerra civile, ndr), del movimento sciita Hezbollah e di alcuni altri movimenti della coalizione 8 marzo, come il partito armeno Tashnaq.
Anche i parlamentari del Partito socialista progressista, guidato dal druso Walid Jumblatt, sembrano essersi convinti a votare in blocco per Aoun. Jumblatt, fino all'endorsement di Hariri, aveva anch'egli espresso la sua preferenza per Suleiman Franjieh - l'altro principale candidato -, che da parte sua puo' contare sul sostegno di Nabih Berri, Speaker della Camera e leader dell'altro movimento sciita, Amal, di alcuni candidati indipendenti e degli altri del movimento Futuro in disaccordo con Hariri. Secondo le stime di gran parte degli osservatori, questi presupposti dovrebbero appunto bastare per portare all'elezione di Michel Aoun.
Per eleggere il presidente della Repubblica in Libano e' necessaria una maggioranza di due terzi (86 membri) in parlamento, composto da 128 deputati. Se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza dei due terzi al primo turno, si effettuera' una seconda votazione, in cui basteranno la meta' dei voti dell'assemblea, piu' uno (65 voti). Una volta che lo speaker della Camera avra' annunciato l'elezione del presidente, quest'ultimo verra' scortato all'interno di una vettura blindata fino al Palazzo presidenziale nell'area di Baabda.
Appaiono evidenti due paradossi, alla vigilia di questa probabile elezione: il primo riguarda lo stesso Aoun, che da presidente della Repubblica, nel 1990, fu costretto all'esilio dalle Forze siriane di Hafez al Asad, che attaccarono il palazzo presidenziale e furono protagoniste di un massacro ai danni dell'esercito libanese sotto il suo controllo.
Dopo quindici anni di permanenza in Francia - dove fondo' il Free Patriotic Movement - Aoun torno' in Libano nel 2005, tre mesi dopo l'assassinio del primo ministro Rafiq Hariri, ed assunse via via una posizione filo siriana, sancita dall'alleanza con Hezbollah all'interno della coalizione 8 marzo, contrapposta a quella del 14 marzo, alla cui testa c'e' il movimento Futuro di Saad Hariri.
Il secondo paradosso, concretizzatosi definitivamente nei giorni scorsi e che piu' sta facendo discutere gli osservatori, riguarda proprio Hariri: con l'endorsement ad Aoun, alleato di Hezbollah nella coalizione filo-siriana dell'8 marzo, il politico sunnita - che ha i suoi sponsor principali nei sauditi, di cui possiede anche la cittadinanza - conclude indirettamente un accordo con i principali sospettati dell'assassinio di suo padre (il regime siriano, ndr). Alleanza che, secondo le previsioni, dovrebbe portarlo a rilevare il posto di Tamam Salam alla carica di primo ministro (gia' ricoperta dal 2009 al 2011), con nomina del presidente della Repubblica. (AGI)