“Io di certo non voglio votare. Però pretendo che si governi bene e lealmente”. Nell’intervista a la Repubblica il segretario del Pd si dice un po’ stanco della “ricerca ossessiva di polemiche e visibilità, perché questa è una degenerazione della politica che gli italiani non tollerano più e in tal modo resterebbe solo il governo delle poltrone, dei ministeri e delle nomine”. “Si producano fatti”, invece, anche perché noi del Pd, dice, “restiamo solo finché” questo governo “produce risultati utili al Paese”. Punto. Non è un ultimatum ai riottosi di Palazzo Chigi, ma quasi.
E se sul merito di ciò che si è fatto Zingaretti si dice “soddisfatto”, nel metodo “non va” perché “la cornice di litigi, polemiche e rincorsa a mettere bandierine sui provvedimenti rischia di oscurare quanto di buono è stato fatto”, aggiunge. Tra le cose buone fatte, ovviamente ci sono “i 23 miliardi recuperati per evitare l’aumento dell’Iva” che hanno “fermato la valanga sul villaggio”.
E poi si è complessivamente “passati dalle balle e dai debiti di Salvini” che aveva avanzato l’idea di voler “tassare le cassette di sicurezze e mettere 15 miliardi sulla flat tax, a una prima grande inversione di tendenza: taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa” nel quadro di “un compromesso corretto”. Tanto che i mercati “rispondono bene al fatto che ci saranno più soldi nelle tasche degli italiani”.
Zingaretti semai è rimasto “colpito dal fatto che non tutti rivendichino questi risultati”. E sull’evasione e, indirettamente, sulla riforma che porta la firma del ministro Bonafede, il segretario del Pd dice che “non bisogna avere paura di chiamare “furto” l’evasione prevedendo pene adeguate per chi ruba tanto” anche se la lotta “non si fa con i provvedimenti a effetto, che vanno sui giornali per 48 ore e poi non cambia nulla”, chiosa.
Ma tra risse, diffidenze, malumori, diversità di punti di vista, non si vede su cosa possa fondarsi una coalizione stabile, osserva il quotidiano. E a quest’obiezione, Zingaretti obietta che, certo, “gli italiani guardano a questo governo con un mix di speranza e sospetto” ma “io voglio rafforzare la speranza ed eliminare il sospetto” afferma.
Sulla manifestazione di Salvini a Roma sabato scorso e sul nuovo centrodestra che ha rinserrato le fila, Zingaretti dice che nei comizi di quella piazza di non aver ascoltato “una sola proposta utile al Paese, encefalogramma piatto” chiosa, mentre semmai a San Giovanni “c’è stata un’altra operazione politica”, ovvero “ la fondazione di una nuova destra, che tende a un monopartito diretto da Salvini ed esclude i moderati dalla rappresentanza di quel blocco sociale”. Un’operazione che il segretario dem giudica “molto seria e pericolosa”. E non c’è dubbio che l’unico argine a questa prospettiva “è il rilancio della funzione del Pd”.
A Boschi che alla Leopolda ha definito il Pd come il partito delle tasse, Zingaretti ribatte dicendo che si è trattato di “un’uscita talmente infelice che se ne sono resi conto persino dentro Italia viva” e che è davvero “surreale l’ossessione di denigrare il partito di cui si faceva parte fino a due settimane fa”. L’avversario, ricorda Zingaretti, “è la destra”. Ma Italia viva punta più ai voti del Pd o a quelli in uscita dal centrodestra? Al quesito il segretario dem taglia corto e ribatte: “Ho visto che Briatore è uno sponsor dell’alleanza Renzi-Salvini”.
Il Pd è prigioniero e succube dell’Agenda 5Stelle? “Ci siamo seduti al tavolo con lo stesso spirito con il quale abbiamo discusso la manovra e stiamo discutendo di federalismo, senza accettare pacchetti precostituiti e senza pregiudizi”. Anche sulla riforma Bonafede e il nodo della prescrizione, per la quale “valuteremo il risultato e poi discuteremo di prescrizione prima dell’entrata in vigore della norma” che “a noi non convinceva e non convince l’idea di un punto fermo nella prescrizione a fronte di tempi assolutamente incerti nel processo”.
E sul taglio dei parlamentari voluto dai 5Stelle, Zingaretti però dice che “non fa bene a nessuno, quando si ottiene un risultato di tutti, andare sotto il Parlamento con le forbici” ma poi osserva che nel M5s “c’è un travaglio sotto gli occhi di tutti, quindi non dobbiamo sorprenderci se c’è ancora una ricerca di spazio, anche in queste forme”. Infine, il Russiagate. Per Zingaretti ”colpisce il silenzio di Salvini” mentre “da subito abbiamo chiesto che Conte riferisse nella sede appropriata e appena si è insediato il nuovo presidente del Copasir si è subito trovata la data, ovvero “l’esatto opposto di Salvini”. Ma il segretario dem bolla come una fake news che Conte sia diventato il premier del Pd.