Roma. - Una delegazione, formata anche da esponenti della minoranza dem, incaricata di sondare il campo delle forze politiche per arrivare a una revisione il più possibile condivisa dell'Italicum. E' la proposta che mette sul tavolo il segretario del Pd, Matteo Renzi, intervenuto alla direzione nazionale del partito. Non solo: Renzi rimette in discussione quelli che erano considerati tre pilastri della legge elettorale: doppio turno, premio di maggioranza, elezione dei deputati. "Siamo pronti a discutere del ballottaggio, sul premio alla lista o alla coalizione e al modo con il quale si scelgono i deputati. Il Pd è pronto a fare una discussione profonda, seria con tempi certi", ha aggiunto Renzi. E, per quanto riguarda i tempi, il segretario ha fatto sue le proposte dell'ex sindaco di Torino, Piero Fassino, di "mettersi subito al lavoro" per arrivare a "un punto di caduta" una settimana dopo il referendum. La condizione posta da Renzi, dunque, è di non sacrificare il dibattito sul referendum e la riforma della Costituzione sull'altare della legge elettorale: "La riforma costituzionale non è un giocattolo per addetti ai lavori", ha avvertito, "è una partenza per il Paese e siamo disponibili a farci carico di ulteriori mediazioni, ma non siamo disponibili a bloccare un Paese. Per i miei figli e i nostri figli, non ci fermeremo".
Garantire la rappresentanza dei cittadini; collegi uninominali che ristabiliscano un principio di responsabilità dell'eletto nei confronti dell'elettore; un premio di maggioranza che incentivi la governabilità, ma nel perimetro di un assetto parlamentare: queste le richieste della minoranza sulla legge elettorale. "Insufficiente", però, è stato il giudizio in calce alla relazione del segretario, approvata all'unanimità dei presenti, con successiva diserzione dal voto finale da parte dell'esponente della minoranza dem Roberto Speranza e degli altri. Una scelta seguita alla dura presa di posizione di Gianni Cuperlo, esponente di riferimento della minoranza di Sinistra dem il quale ha precisato che, se il percorso aperto dal segretario non porterà a una iniziativa convincente del Pd, lui voterà No al referendum facendo seguire a questa scelta le dimissioni da deputato. Cuperlo, che nel 2014 ha lasciato la presidenza dell'assemblea Pd in dissenso con la segreteria, ha spiegato: "Alla fine di questa vicenda ognuno saprà benissimo cosa fare, e se un accordo vero sulle cose dette qui non dovesse esserci, io il 4 dicembre voterò No. Ma, caro segretario, devi essere sereno perchè se a quella scelta mi spingerai, io presenterò le mie dimissioni da deputato".
E anche per Roberto Speranza, bersaniano, l'apertura del presidente del consiglio "è insufficiente". Quello che manca è "l'iniziativa concreta e importante" chiesta più volte. Una "mossa che spetta al presidente del Consiglio", visto che "il governo ha fatto approvare l'Italicum a colpi di fiducia", come ripetono ogni giorno deputati e senatori della sinistra Pd.
La replica del segretario ha toccato, punto per punto, tutte le critiche sollevate, soffermandosi in particolar modo sulla richiesta, quasi un aut aut, della minoranza di farsi interprete in prima persona di una proposta del Pd. "Il peccato originale di questa legislatura è il fatto di aver preso il 25 per cento dei voti", è stata la risposta di Renzi: "Un premio di maggioranza eccessivo ci ha consentito di avere la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Chi viene qui a dire facciamo l'accordo nel Pd e poi siamo tutti d'accordo nega la verità dei numeri. Perchè vi dico un segreto: da soli non abbiamo i numeri".
Da qui l'appello e l'impegno di Renzi: "Facciamo uno sforzo per trovare un punto di caduta" sull'Italicum. "Non la considero una apertura. Garantiamo il massimo impegno da parte nostra, ma non trasformiamolo in tormentone".
Prima di entrare nel vivo della discussione, il presidente del Consiglio ha potuto fare il punto sull'attività di governo, rispondendo anche alle tante polemiche piovute sull'esecutivo dopo la presentazione della nota di aggiornamento al def e a meno di una settimana dall'approvazione della Legge di Bilancio fissata per sabato, come ha annunciato lo stesso Renzi. "La direzione di marcia è tornata quella giusta, la velocità no", ha spiegato per poi annunciare la volontà di abbattere il muro dei 15 miliardi nel recupero dell'evasione nel 2016, a fronte dei 14,8 del 2015. (AGI)