Renzi divide anziché unire e il Pd ha necessità di aggiornare la sua strategia. A parlare è l'ex segretario Ds, Piero Fassino, che, in un'intervista a La Stampa, dice: "È un'operazione che ci riporta al passato. Abbiamo fondato il Pd per superare le culture del Novecento e mettere a disposizione dell'Italia un progetto politico per questo secolo. Questa scissione invece ripropone la distinzione tra sinistra e centro che fu superata 12 anni fa".
Prosegue Fassino: "Renzi come primo ministro ha compiuto scelte anche coraggiose, ma non ha mai fatto i conti con le sconfitte. E oggi fonda un partito per riproporre le scelte dei suoi governi, senza tener conto che quando passi dal 40 al 18 per cento non puoi dire che è colpa del 'fuoco amico'. Milioni di cittadini hanno tolto la loro fiducia al Pd non condividendone le politiche e non sentendosi ascoltati".
Renzi garantisce che sosterrà il governo. Gli dà credito? "Mi auguro che sia così. Ma c'è un rischio oggettivo: dovendo crescere, il nuovo partito sarà costretto a conquistarsi uno spazio e una visibilità, mettendo ogni giorno in campo proposte che si distinguano. E proponendosi come l'alternativa a Salvini finirà per offrirgli una rendita di posizione, che il leader della Lega sfrutterà per uscire dal proprio isolamento".
Il Pd può mettersi al riparo da questi rischi? "Lo deve fare. Non ci faremo marginalizzare, né ci arroccheremo nei vecchi recinti. Al contrario riproporremo senza incertezze la natura di partito riformista, radicato in Europa, fortemente innovatore, aperto alla società, capace di riforme economiche, sociali, istituzionali indispensabili per rimettere in moto il Paese, combattere vecchie e nuove disuguaglianze e vincere le sfide del mondo globale, dal climate change all'immigrazione".