Facebook ha rimosso il video della citofonata di Matteo Salvini alla famiglia accusata dai vicini di spacciare droga nel quartiere Pilastro di Bologna per violazione della privacy, non per incitamento all'odio. È la stessa azienda a chiarire la sua decisione. Il leader leghista ha violato la norma del social secondo la quale “non è possibile pubblicare informazioni personali o riservate su altri senza aver prima ottenuto il loro consenso”.
Ma da principio: perché ci è voluta una settimana per la rimozione di questo video? “Vogliamo sempre rimuovere i contenuti che violano le regole dei nostri servizi il più rapidamente possibile", ha detto un portavoce della società. "Tuttavia, alcune delle decisioni che dobbiamo prendere su cosa rimuovere e cosa no, sono incredibilmente complesse e sfaccettate, e richiedono un'attenta considerazione di molteplici fattori. Vogliamo assicurarci di prendere queste decisioni nel modo più corretto impiegando tutto il tempo necessario”. In questo caso, spiegano, si è cercato una violazione non immediatamente evidente come può essere in altri casi.
Cosa vuol dire rimuovere un post di un politico
Ma la complessità della decisione da prendere è anche stata motivata dal fatto che a pubblicare quel video è stato uno dei principali protagonisti della vita politica italiana.
Non è un mistero. Facebook vuole tenersi quanto più possibile lontana dall’agone politico, senza però rinunciare al suo business. È quello che ha detto la scorsa settimana Nick Clegg, vice presidente globale per gli affari istituzionali di Facebook, in un incontro a Roma.
Rispondendo a chi gli chiedeva se la decisione di non rimuovere le pubblicità dei politici in cui si veicolano false informazioni potesse rivelarsi un boomerang, Clegg aveva risposto: “Non possiamo intervenire su post che non violino palesemente gli standard della nostra community. Si vuole per caso che Mark Zuckerberg giochi a fare dio e decida cosa dicono di vero e cosa di falso i politici italiani? Non credo che sia questo il nostro ruolo. Quello è il ruolo dei giornalisti e dei commentatori”.
Quella posizione conteneva in nuce una serie di conseguenze. La politica su Facebook è un argomento piuttosto scivoloso, e l'uomo incaricato da Zuckerberg di curare la comunicazione istituzionale del social dopo lo scandalo Cambridge Analytica lo sa bene. Intervenire rimuovendo, o negando la sponsorizzazione di alcuni post piuttosto che altri, potrebbe in qualche modo alterare il dibattito pubblico.
Di conseguenza, spiega la società, rimuovere quel video come richiesto da centinaia di migliaia di segnalazioni, necessitava “discussioni approfondite”, per chiarire se le violazioni denunciate fossero effettivamente tali.
La violazione individuata
La risposta è stata trovata nell’articolo 12, dice Facebook. Quello che riguarda le norme sulla privacy. Nel testo è specificato che violano gli standard della privacy i contenuti video che "includono fotografie che mostrano la parte esterna di residenze private".
Violazione che avviene a condizione che la residenza sia "una casa unifamiliare o nell'immagine/nella didascalia è riportato il numero di appartamento"; che siano "identificati il quartiere o la città"; che venga "menzionato o raffigurato un residente"; o infine che "lo stesso residente vieta l'esposizione della sua residenza privata".
La questione dell'incitamento all'odio
Nessuna violazione delle politiche sull’incitamento all’odio, come si è creduto in un primo momento. Ipotesi non campate in aria però, perché in mattinata sono stati pubblicati diversi screenshot di notifiche con cui Facebook diceva il contrario.
Il motivo, spiega l’azienda, è che quella notifica è fatta in automatico in relazione a quello che una persona ha segnalato. Quindi a chi segnala un video al social per violazione della privacy, o per incitamento all’odio, la società replica che la rimozione è avvenuta per il motivo indicato dal richiedente.
L’incitamento all’odio, tra l’altro, è il tema più complicato su cui decidere, perché spesso riguarda le sensibilità di ognuno e non è così palese da determinare. Non è stato questo il caso, spiega la società, che non ha ritenuto che il video di Salvini incitasse in alcun modo all’odio contro la famiglia del Pilastro.