I numeri e gli equilibri di forza al Senato saranno decisivi per gli sviluppi della crisi di governo. E, sopratutto, per la tempistica. Perché sia in Conferenza dei capigruppo che in Aula, conterà il 'peso' di ogni singola forza politica e conteranno, tanto più, le eventuali 'alleanze'.
La capigruppo di Palazzo Madama oggi alle 16 sarà infatti chiamata a decidere in primis su cosa dovrà dibattere l'Aula e quindi votare: comunicazioni di Conte e conseguente voto su risoluzioni, mozione di sfiducia a Conte, mozione di sfiducia a Salvini. Quindi, passo successivo, la capigruppo dovrà decidere la data di convocazione dell'assemblea.
In entrambi i casi, conteranno i numeri. E non è affatto escluso che l'ultima parola spetti proprio all'Assemblea di Palazzo Madama. Recita infatti il regolamento del Senato (articolo 55): "Il calendario, se adottato all'unanimità, ha carattere definitivo e viene comunicato all'Assemblea. In caso contrario, possono essere avanzate proposte di modifica da parte di un senatore per Gruppo. Sulle proposte di modifica decide l'Assemblea con votazione per alzata di mano".
"La convocazione dell'Assemblea, nell'ipotesi in cui il calendario dei lavori non venga approvato in capigruppo all'unanimità, non costituisce forzatura alcuna, ma esclusivamente l'applicazione del regolamento, ha sottolineato infatti la Presidente del Senato Elisabetta Casellati, "in un momento così delicato per il Paese, l'unico metro possibile da adottare a garanzia di tutti i cittadini è il rispetto delle regole".
Dunque, senza unanimità in capigruppo sarà l'Aula ad essere sovrana. E qui scatta anche la questione tempi: quando sarà possibile convocare l'assemblea consentendo a tutti i senatori ora in ferie di essere presenti? Fondamentali, poi, sono i numeri: sono 7 i capigruppo al Senato. M5s, Lega, Pd, FI, FdI, Misto e Autonomie. Il voto di ciascun capigruppo 'pesa' in base alla percentuale ottenuta dal rispettivo partito alle elezioni. Ne consegue che la Lega da sola non ha alcuna speranza di incidere sulle decisioni della capigruppo.
Non solo. Anche se al voto della Lega dovesse unirsi quello dei capigruppo di FI e FdI, se tutti gli altri presidenti di gruppo si 'coalizzassero' contro, avrebbero la meglio. E ancora: se in capigruppo dovesse registrarsi uno scontro e un conseguente stallo, sarà appunto l'Aula ad avere l'ultima parola. E anche in questo caso, Lega con FdI e FI, che possono contare su un totale di 138 voti (sempre che FdI e FI si schierino compatte con la Lega), non avrebbero i numeri sufficienti per imporre il proprio timing alla crisi di governo, contro i circa 170 voti di M5s(107), Pd (51), Autonomie (8) e circa 8 del Misto (che conta in tutto 15 senatori).