Le regionali da qui al 2020 come trampolino per tornare al governo nazionale. A fissare la 'road map' è Matteo Salvini che, ieri, in una piazza San Giovanni gremita a Roma, ha ricompattato il centrodestra. Il leader del Carroccio ha chiamato Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sul palco con lui a godersi "l'abbraccio" della piazza alla fine della manifestazione.
"Mi piacerebbe, visto che vince sempre la squadra, che l'abbraccio di questa piazza fosse anche per Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, perchè insieme si vince", ha scandito il capo leghista, che, come padrone di casa, ha voluto lui stesso introdurre gli interventi degli altri due leader. Oltre 200 mila i partecipanti, secondo la Lega. "Questa piazza - ha chiarito Salvini nel presentare Berlusconi - è una cosa emozionante e ci impone di lavorare insieme".
Introducendo la leader di Fratelli d'Italia - molto applaudita dalla piazza - Salvini ha fatto un accenno alle critiche sollevate ieri dalla presidente di FdI sulla presenza del contrassegno elettorale della Lega sul palco di San Giovanni, e archiviando la polemica su cui i "giornali hanno ricamato" e definendo Meloni una "combattente per la libertà". Il leitmotiv dei tre leader è stato lo stesso: mandare a casa un governo che non è espressione della volontà popolare, un esecutivo che pensa solo tassare gli italiani, tanto da indurre il Cavaliere a definirlo il "governo delle manette", perchè vuole il carcere per gli evasori, motivo che ha spinto il leader azzurro a tornare in piazza, seppur col rischio di fischi.
Dal canto suo, Meloni si è rivolta direttamente ai due alleati per chiedere un patto ufficiale anti-inciucio. "La calma è la virtù dei forti, questi mesi ci servono per studiare", ha detto ancora Salvini. "Si vota in Umbria, in Calabria, in Emilia, in Toscana, in Veneto" da qui fino al 2020, "alziamo la testa: vinciamo in tutte e nove le Regioni e il governo va a casa".
Ma è soprattutto il richiamo all'unità ad aver scandito gli interventi dei tre leader. "Siamo qui in piazza insieme perché solo se siamo insieme tutti uniti potremo vincere", dice Berlusconi, che non risparmia una stilettata aagli altri leader: "Per vincere siamo tutti indispensabili". Anche per Meloni la "battaglia" va combattuta "insieme oltre i confini dei singoli partiti, senza egoismi: così il nostro cammino sarà inarrestabile". Non è passato inosservato il passaggio in cui Salvini, nel presentare il Cavaliere, ha ricordato il suo ruolo di "fondatore" del centrodestra e le storiche battaglie vittoriose contro la sinistra.
Altro tema che accomuna i tre capi politici è la sottolineatura del carattere pacifico e democratico della manifestazione. "Qui non ci sono gli estremisti", ha voluto rimarcare Salvini, "non è la piazza della rabbia e dell'odio". Certo è che il malcontento della folla verso il governo giallo rosso, e soprattutto i 5 stelle, si è fatto sentire in più occasioni con cori offensivi nei confronti di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Renzi e "vaffa" all'indirizzo di Beppe Grillo.
La presenza di Casapound
Come annunciato, in piazza era presente anche Casapound, la cui partecipazione è stata ampiamente criticata nei giorni scorsi da alcuni esponenti di FI. Il gruppo di ultra destra è giunta in corteo dalla sede di via Napoleone III guidato dal leader Simone Di Stefano brandendo i tricolori, per poi posizionarsi proprio al centro. Applausi per gli interventi, nessun saluto romano nè tensioni. Secondo Di Stefano erano presenti 1.500 militanti.
Lo schema degli interventi
I contenuti della manifestazione non sono stati diversi dai tradizionali raduni leghisti. Lo speaker era Alessandro Morelli e gli interventi politici dei leader sono stati preceduti dal coro del "buon governo" locale, per voce dei nove governatori del centrodestra, tutti presenti all'appello, tranne il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi. Prima di loro hanno parlato la giornalista 'sovranista Maria Giovanna Maglie, e rappresentanti dei sindacati di polizia penitenziaria.
Il discorso di Salvini
Copione classico anche per il discorso di Salvini, che non si è discostato granché dagli interventi fatti in passato, tranne che per il fatto che, per una volta, il segretario leghista non ha fatto ricorso a simboli religiosi, come crocifissi e rosario, limitandosi a chiedere che la politica resti fuori dalle chiese e dalle scuole e se "a Fioramonti il crocifisso in aula non va bene, se ne vada a casa".
È stato invece molto duro nella critica alle politiche sull'immigrazione del governo: "Io credo che chi applica davvero gli insegnamenti del Vangelo sia colui che impedisce" che i migranti "si mettano in mano agli scafisti: al governo abbiamo gente con le mani sporchi di sangue". Il tema dei migranti è stato affrontato anche dalla leader di FdI che si è detta pronta a innalzare muri e interrompere Schengen, "se serve".
Il 'pantheon' salviniano è il solito: da Oriana Fallaci e Voltaire, ma stavolta si arricchisce di Luigi Einaudi (usato per criticare Conte sul contrasto all'evasione) e don Gnocchi. Alla fine è stato ancora Salvini il vero protagonista di piazza San Giovanni, da cui va via dopo essersi concesso alla folla e ai selfie, stanco ma soddisfatto del risultato "oltre le aspettative, è stato pazzesco". per poi aggiungere: "Qui facciamo la storia".