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Energia da Fusione, energia per il futuro  
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Energia da Fusione, energia per il futuro  

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L’energia da fusione negli ultimi mesi ha visto importanti avanzamenti scientifici. Nel 2021 la società Commonwealth Fusion Systems (CFS), lo spin-out del Massachusetts Institute of Technology di cui Eni è azionista strategico, ha costruito e testato con successo il primo magnete con tecnologia superconduttiva HTS, un traguardo fondamentale per l’innovazione nel campo della fusione a confinamento magnetico. Più recentemente con l’esperimento del National Ignition Facility (NIF) nei Laboratori Lawrence Livermore in California, per la prima volta nella storia, attraverso un sistema di tipo inerziale, si è riusciti a raggiungere l’energia netta di plasma, ovvero si è riusciti a produrre, solo nell’area di processo, più energia di quanta se ne consuma per raggiungere le condizioni di fusione.

L’esperimento californiano di fusione inerziale rappresenta un grande passo in avanti per questa tecnologia, ma è non ancora risolutivo perché solo quando si riuscirà a raggiungere un bilancio energetico complessivo della macchina positivo questa tecnologia potrà essere trasformata da esperimento a dispositivo per la produzione di energia.

In questo campo infatti le tecnologie a confinamento magnetico rimangono, ad oggi, quelle più mature per una industrializzazione in tempi brevi dell’energia da fusione.

Energia da Fusione: come funziona

La fusione è la reazione fisica, totalmente naturale, che alimenta il Sole e le altre stelle, al centro delle quali l’enorme forza di gravità consente di innescarla e mantenerla per miliardi di anni.

Contrariamente a quanto avviene nel processo di fissione, in cui abbiamo produzione di energia dalla “rottura” di un atomo pesante, la fusione sprigiona energia “unendo” i nuclei di elementi leggeri, come ad esempio isotopi dell’idrogeno, che sotto opportune condizioni raggiungono uno stato della materia - il plasma- nel quale, a elevatissime temperature, tali isotopi possono superare le forze repulsive e fondersi in un nucleo di elio, rilasciando energia.

Sulla Terra creare le condizioni di fusione richiede temperature molto elevate: oltre 100 milioni di gradi, circa 10 volte quelle presenti nel nucleo del Sole. Per arrivare a controllare il processo di fusione in un impianto per la produzione di energia, creando le condizioni per un plasma stabile, una delle tecnologie più utilizzate ad oggi è quella del confinamento magnetico. In particolare, un dispositivo chiamato tokamak  che significa “camera toroidale con bobine magnetiche” . Al suo interno infatti il plasma viene mantenuto lontano dalle pareti interne, che altrimenti verrebbero danneggiate, grazie a un potentissimo campo magnetico che permette di confinare e gestire il plasma in cui avviene la fusione.

Fusione: la roadmap di Eni

Eni è stata la prima azienda energetica a investire sulla fusione: dal 2018 Eni è azionista della società Commonwealth Fusion Systems (CFS), lo spin-out del Massachusetts Institute of Technology (MIT), con cui collabora attivamente per arrivare all’industrializzazione dell’energia da fusione. CFS prevede la realizzazione della prima centrale in grado di immettere energia in rete entro i primi anni del 2030, mentre il completamento della dimostrazione tecnica del primo impianto pilota è previsto nel 2025.

Eni collabora con il MIT anche nel programma LIFT (Laboratory for Innovation in Fusion Technology), volto ad accelerare l’individuazione di soluzioni in termini di materiali, tecnologie superconduttive, fisica e controllo del plasma. Partecipa, poi, al progetto DTT (Divertor Tokamak Test facility) di ENEA, per l’ingegnerizzazione e la costruzione di una macchina Tokamak dedicata alla sperimentazione del componente che dovrà gestire le grandi quantità di calore che si sviluppano all’interno della camera di fusione, chiamato “divertore”. Infine Eni collabora con altre eccellenze italiane, quali il CNR ed i principali atenei coinvolti in questo campo, con obiettivo principale di sviluppare competenze locali e mette a disposizione dei ricercatori i supercalcolatori del proprio Green Data Center che, con la loro grande potenza di calcolo, permettono di utilizzare modelli matematici molto complessi per descrivere la fisica del plasma e simularne il comportamento.