Dal no alla tentazione dell'utopismo digitale all'auspicio di un confronto libero invece da ideologie di parte - come accade di solito in ambito di Intergruppo parlamentare - metodo quanto mai opportuno quando si lavora su sviluppo e cultura. Sono i temi intorno ai quali si è sviluppato il dibattito nel panel sull'agenda di legislatura, nel corso dell'Internet day per la presentazione del quarto Rapporto Agi-Censis.
L'esperienza dell'intergruppo parlamentare sull'innovazione è proprio quella richiamata da Antonio Palmieri per evidenziarne il valore aggiunto di "uno spazio libero" dove i parlamentari si confrontano "non per fare politica ma politiche, non politics ma policies". Giusto, dice il deputato FI, muovendo da alcune considerazioni del direttore dell'Agi, Riccardo Luna, mettere in guardia rispetto all'"utopismo digitale", quello di chi credeva che "Internet fosse la prosecuzione del '68 con altri mezzi".
"In realtà - spiega Palmieri - il web è un ambito della vita degli esseri umani e quindi fallibile", e l'approccio rispetto alle criticità che di volta in volta si manifestano deve dunque passare "dallo scandalo, che paralizza, al dolore, che mette in moto".
Al panel è intervenuta anche Anna Ascani sottolineando l'importanza del rifinanziamento del Piano digitale per la scuola, insieme alla necessità di farlo conoscere meglio al grande pubblico. La deputata Pd, guardando al lavoro svolto in passato con M5s e Lega sul Foia, ha espresso l'auspicio che si possano trovare nuovi punti di incontro "anche in questa legislatura, con l'obiettivo di portare innovazione. Il digitale - ha concluso - non è solo impresa 4.0 o trasferimento tecnologico ma è anche cultura, scuola, formazione. Su questo bisogna insistere".
Mira a insistere sull'innovazione anche Andrea Giarrizzo, uno dei più giovani neoeletti di questa legislatura, del Movimento 5 stelle: "Mi vorrei impegnare nell'educazione all'imprenditorialità e alle start up nelle scuole - ha detto - mi piacerebbe dare adito a tutti gli attori che sono stati coinvolti".
Cosa dice il rapporto
Il caso Cambridge Analytica, dice il rapporto Agi-Censis "L'insostenibile leggerezza dell'essere digitale", ha lasciato il segno: la maggior parte degli utenti Internet non si fida della gestione dei dati da parte dei social network (69,6%) e dei motori di ricerca (60,5%).
Maggiore è invece la fiducia che viene accordata ai soggetti pubblici, alle banche (72,5%) e ai siti di e-commerce (62%). Dal rapporto emerge anche che tre utenti su quattro (73,4%), usano Internet per mandare messaggi con WhatsApp e Messenger facendone un uso continuo nel corso della giornata, notevole anche lo scambio di email e la presenza sui social network.
Come detto agli italiani piace essere connessi principalmente per comunicare tanto che un giovane su due usa lo smartphone anche quando e' a tavola. Chi usa Internet lo fa a qualsiasi ora, di prima mattina (63%) e soprattutto la sera tardi (77,7%) o a letto. Da rilevare che i comportamenti 'scorretti', coperti dall'anonimato, infastidiscono i fruitori della Rete e tre su quattro si dichiarano favorevoli all'identificazione (con un documento) al momento dell'iscrizione a un social network.
Come i politici vedono Internet
Variegato l'approccio al tema da parte dei politici intervenuti. Per il presidente della Camera, Roberto Fico, "Occorre promuovere la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Si possono valutare ulteriori interventi legislativi che possano promuovere un uso più corretto della Rete".
"Per costruire un'oggettiva cittadinanza digitale occorre però un lavoro più culturale che legislativo. Le società cambiano quando cambiano due fattori fondamentali: il modello comunicativo e il modello energetico. Due cambi epocali che fanno fare un salto alle società. Siamo in un'epoca di transizione, se riusciamo a gestire e non a subire i cambi possiamo dare opportunità a tutti".
Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha lanciato una proposta: rendere un diritto mezz'ora di Internet gratuito al giorno, così come la Rete deve ormai essere considerata un diritto acquisito per i cittadini. "Dopo anni di battaglie, c'è un consenso unanime nell'affermare che lo sviluppo di Internet sia una cosa scontata, un diritto inalienabile dei cittadini" ha detto, "La connessione a Internet è un diritto primario di ogni cittadino e il governo è al lavoro per garantire a questo diritto. La rete è al centro di questo cambiamento e questo cambiamento non può piu' aspettare". Di Maio ha anche ipotizzato "almeno mezz'ora" di connessione gratuita alla Rete al giorno, come incentivo alla cittadinanza digitale e ha parlato della direttiva sul copyright al Parlamento europeo.
"Questo provvedimento - ha detto - ci riporterebbe indietro di 20 anni. Il governo italiano non può accettare passivamente questo. Le nostre soluzioni non passano per i bavagli. L'Europa dovrebbe puntare sulla cultura e sull'istruzione per riconoscere le fake news, e invece si preferisce puntare sulle tasse. Il potere di decidere cosa possa essere pubblicato non può essere messo nelle loro mani. Se non è un bavaglio questo, ditemi voi cos'è".
D'accordo con Di Maio si è detto il garante della Privacy, Antonello Soro. "C'è il rischio di una distorsione del sistema informativo che potrebbe cambiare la natura di Internet, perché affiderebbe le informazioni accessibili al gestore della piattaforma"
"Stiamo cercando di applicare le regole inapplicabili a un mondo che cambierà. L'iter non finirà nel 2019 e tutto quello di cui stiamo parlando tra due anni sarà preistoria" ha detto da parte sua il sottosegretario con delega all'Editoria, Vito Crimi.
Di smartphone in classe ha parlato il sottosegretario all'Istruzione, Salvatore Giuliano. "L'approccio della Francia, col divieto dello smartphone in classe, è sbagliato" ha detto, "la tecnologia è solo uno strumento. Nel momento in cui lo consideriamo l'elemento principale, abbiamo commesso un grave errore. Nella mia esperienza non è mai stato un elemento di distrazione".
Giulia Bongiorno, ministro della Pubblica amministrazione, ha promesso che seguirà da vicino il cambiamento digitale del Paese, ma avverte che questo dovrà tenere conto di tre linee guida fondamentali: la ragionevolezza, l'inclusione e la credibilità. La digitalizzazione della Pa deve essere ragionevole, spiega, perché dove tenere conto delle tante realtà del Paese: "Deve includere sia il grande ministero che il comune che si trova sul cucuzzolo di una montagna. Una digitalizzazione omogenea non terrebbe conto di tante peculiarità, di tante realtà diversissime tra loro che richiedono un trattamento non uguale".