Roma - I fondatori di Snapchat, il social più 'cool' del momento tra i giovani, puntano a imitare la governance di Facebook e Google e a creare due classi di azioni per mantenere il controllo della società dopo l'Ipo. Lo rivela il Financial Times, che cita un documento archiviato da Snapchat il mese scorso nel Delaware, lo stato Usa dove sono costituite, per motivi fiscali, oltre il 50% delle public company statunitensi.
L'idea della frammentazione azionaria è la stessa adottata da molte società high-tech, tra cui Google e Facebook per disinnescare la diluizione azionaria creata dalla quotazione in borsa. In pratica sul mercato vanno azioni quotate di tipo A, che danno diritto a un voto per titolo, mentre ai fondatori e a pochi eletti sono destinate quelle privilegiate di tipo B, che concedono 10 voti per azione.
Con il debutto in Borsa, Evan Spiegel e Bobby Murphy, i due fondatori di Snapchat, contano di rastrellare circa 25 miliardi di dollari. Nel frattempo, però, stanno studiano il modo di blindare il controllo azionario. E dal documento depositato in Delaware e citato dal Ft si evince che per farlo ed evitare la diluizione del valore delle azioni, hanno disposto che il 13,5% delle azioni, gran parte delle quali resteranno nelle loro mani, siano privilegiate e valgano 10 voti.
Inoltre, per l'Ipo, così come ha fatto a suo tempo Google, si prevede l'emissione di azioni A che danno diritto a un voto ad azione e di titoli C, senza diritto di voto. Le azioni privilegiate, di tipo B, non saranno invece messe sul mercato. Mark Zuckerberg controlla Facebook in questo modo e lo stesso hanno fatto Larry Page e Sergey Brin con Google.
Snapchat è considerata il social emergente e due teenager americani su cinque lo usano quotidianamente. Ad agosto ha raggiunto i 150 milioni di utenti giornalieri, segnando così il sorpasso su Twitter, che ne vanta meno di 140 milioni.
La novità più rilevante dei servizi che offre Snapchat è quella dei messaggini che si autodistruggono: la app consente di inviare messaggi, foto e video che si cancellano da soli dopo essere stati visualizzati dall'utente, senza poter essere così girati a terzi indesiderati o permanere per sempre nei server dell'azienda, come avviene con Facebook. (AGI)