Roma - Stabilità e posto fisso continuano ad essere i due capisaldi della cultura lavorativa italiana. In controtendenza rispetto al resto del mondo i professionisti del Belpaese non amano cambiare posto di lavoro. Dal sondaggio annuale di Linkedin "Talent Trends 2016" è emerso che solo il 30% degli utenti iscritti al social network è attivo nella ricerca di nuove opportunità di impiego. Dato in contrasto con la tendenza globale dove si attesta al 36% la quota di professionisti che ogni giorno s’impegna per trovare nuove opportunità.
Ma l'87 % degli intervistati sarebbe invece disposto a valutare nuove proposte per sviluppare o migliorare la propria carriera. “L’obiettivo di LinkedIn a livello mondiale”, ha spiegato Marcello Albergoni, Head of Italy di LinkedIn, “è quello di migliorare il collegamento tra professionisti e opportunità. Ciò che emerge dalla nostra ricerca è che, sempre di più oggi, le persone vogliono potersi identificare nella propria azienda. Per questo trasparenza, etica e sostenibilità diventano valori essenziali per una società che voglia ampliare e sviluppare il proprio business”.
Secondo la ricerca, in Italia più di un lavoratore su tre ha cambiato la propria occupazione nell’ultimo anno e tra le priorità dei professionisti c'è la preoccupazione che nessuno sappia per quale offerta si siano candidati. Mentre, in sede di colloquio, sono interessati soprattutto a conoscere i valori e la cultura dell’azienda in cui potrebbero essere assunti (58%) e anche la sua struttura societaria (41%). Oltre a questo, gli intervistati hanno dichiarato che per valutare meglio la compagnia preferirebbero ascoltare i dipendenti dell’azienda più che i recruiter o i direttori marketing. Infine, molto importante sotto il profilo decisionale risulta essere anche la facilità di spostamento nel tragitto tra casa e lavoro, arrivando ad apprezzare molto la disponibilità di mezzi pubblici vicino all’ufficio.
Inoltre ciò che stupisce è notare come nel Belpaese, a differenza di quanto accade nel resto del mondo, essere in disaccordo con le decisioni prese dal gruppo dirigente della propria società, soprattutto in termini di etica e sostenibilità ambientale, sia una delle motivazioni principali per cambiare occupazione, raggiungendo addirittura un valore pari al 24% superando le medie globali ferme al 19%. (AGI)