Barche, conchiglie, un grande polpo, un immenso pesce tropicale rosa e celeste. Sono pezzi d’arte contemporanea, ma sono anche bare. Le ha realizzata ad Accra, in Ghana, Paa Joe, una volta artigiano, oggi artista acclamato e riconosciuto internazionalmente.
I suoi “fantasy coffins” riproducono oggetti che raccontano la vita o lo stile di vita del defunto e possono rappresentare qualsiasi cosa, da animali a telefoni cellulari. Le sue opere sono state esposte a livello internazionale: nel 1989 al Centre Pompidou di Parigi, nel 2011 a Londra al V&A Museum, nel 2012 a New York nel Museo di Brooklyn.
Oggi l’opera di questo artista ghanese è esposta ad Accra in una mostra curata da Gallery1957, a ricordare l’anno della conquistata indipendenza dal colonizzatore britannico. E quando si parla della scena artistica contemporanea sempre più popolare in questo paese dell’Africa occidentale, la Gallery1957 gioca un ruolo fondamentale, sia nel continente che fuori.
L’opera di Paa Joe, esposta in un Mall ancora in costruzione del Kempiski Hotel dove presto apriranno negozi di brand del lusso come Versace, ricrea un fondale marino in una mostra che esplora le tradizioni funerarie in Ghana.
L’esposizione coincide con i 70 anni dell’artista e ha un titolo che riprende un antico proverbio Ga, lingua della popolazione costiera da cui l’artista proviene: “Ake ya heko” (non lo si porta da nessuna parte). Ciò che non si può portare è la ricchezza e il potere. Il dove, è quel luogo a cui tutti siamo destinati, quell’altrove che ci attende dopo la morte.
Esplorando alcune specifiche pratiche funerarie delle comunità Ga e Fante del Ghana, la mostra racconta il passaggio dalla vita alla morte di una ragazza in giovane età. Presentando la morte come un viaggio il cui elemento portante è l’acqua, il lavoro considera la triade dei mondi dei non nati, dei vivi e dei morti.
Paa Joe, aiutato dal figlio e apprendista Jacob Tetteh Ashong e da Elisabeth Efua Sutherland, visual artist ghanese nata nel 1991 e già conosciuta all’estero, in questa mostra fa pensare agli oggetti che la comunità ghanese sente di dover usare in rituali che riguardano la memoria, le commemorazioni, l’identità stessa delle persone e la loro realizzazione in vita.
Elementi dei funerali tradizionali sono qui presenti anche grazie alle opere della giovane Elisabeth. Gli arazzi alle pareti, realizzati dalla creativa, sono ispirati alle bandiere “frankaa” e “Asafo”, molto usate fra la popolazione Fanti, un gruppo etnico Akan stanziato in Africa occidentale. Indicatori visivi di posizione sociale e potere usati dai gruppi di guerrieri Asafo, questi stendardi raffigurano persone, barche, forme vegetali e animali accanto a motivi geometrici.
L’uso di questo antico proverbio Ga come titolo della mostra, lo ha spiegato Paa Joe, serve a descrivere i limiti umani e l’incapacità a trasferire la ricchezza accumulata o i titoli conquistati nell’aldilà. Poiché però per molte popolazioni dell’Africa occidentale la vita continua dopo la morte, il passaggio va celebrato con feste, cibo, danze “e il defunto accompagnato nell’aldilà con stile”. La mostra resterà aperta fino al 15 febbraio. Per info www.gallery1957.com