Intervenendo a CorriereLive lo scorso 23 marzo, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato (min. 51.30): “Nella mia esperienza di Presidente del Consiglio, per mille giorni, io guadagnavo la metà di quello che guadagnano Di Maio o Di Battista dopo che hanno restituito o dicono di aver restituito i soldi”.
Si tratta di un’affermazione più errata che corretta
Renzi, da presidente del Consiglio, guadagnava 9.566,39 euro lordi al mese per un totale lordo annuo di 114.796,68 euro. Di Battista e Di Maio guadagnano, come tutti gli altri deputati, 10.435 euro lordi al mese, per un totale di 125.220 euro lordi all’anno.
I parlamentari tuttavia godono, oltre all’indennità, anche di varie somme a titolo di rimborso:
- diaria
- rimborso spese per esercizio del mandato e così via.
Ad esempio, Alessandro Di Battista nel 2016 ha ricevuto circa 94mila euro di rimborsi.
Luigi Di Maio dal novembre 2015 all’ottobre 2016 – ultimo mese rendicontato – ha ricevuto poco più di 100mila euro di rimborsi in dodici mesi.
I rimborsi vengono dati:
- in parte in via forfettaria
- in parte a fronte della documentazione delle spese sostenute dal parlamentare.
Sommando dunque indennità e rimborsi, il totale lordo di quanto percepito da Di Battista nel 2016 sale a circa 220mila euro. Di Maio arriva a quota 225mila euro. Si arriverebbe quindi vicini a quel rapporto di due a uno di cui parla Renzi a favore dello stipendio dei parlamentari pentastellati.
Bisogna sottolineare anche che per il presidente del Consiglio non sono previsti rimborsi analoghi a quelli dei deputati e senatori, che vengono cioè gestiti con margine di discrezione da parte degli onorevoli. Esistono rimborsi per le missioni in Italia e all’estero della presidenza del Consiglio e, in base ai dati rendicontati dal governo, nel 2016 queste sono costate rispettivamente circa 25mila e 200mila euro.
Ma, anche al netto della questione rimborsi, Renzi sostiene che tale rapporto rimanga anche in seguito alle restituzioni di parte dello stipendio effettuate dagli onorevoli del M5S.
- Di Battista, nel corso del 2016, ha restituito poco più di 33mila euro, tra indennità e rimborsi. In questo modo il totale di quanto guadagnato dal parlamentare del M5S scende a 187mila euro scarsi.
- Di Maio ha invece restituito poco meno di 35mila euro e il totale lordo di quanto ricevuto cala a 190mila euro.
- Sia Di Battista che Di Maio ricevono tra indennità e rimborsi più di quanto guadagnasse a suo tempo Renzi (il 60% in più circa), ma decisamente non il doppio.
Le cifre dell'ex premier sulla Scuola sono giuste
Intervenendo sul tema scuola, Renzi ha poi dichiarato lo scorso 26 marzo, durante l’incontro “Generazione Erasmus” organizzato a Perugia in vista delle primarie del 30 aprile prossimo: “Sulla scuola abbiamo messo 3 miliardi di euro e abbiamo fatto arrabbiare tutti. Non era facile ma ce l’abbiamo fatta”.
Il dato è corretto. Nella legge di Bilancio del 2015 è stata prevista “l’istituzione del fondo denominato 'La Buona Scuola' destinato a finanziare un piano straordinario di reclutamento e formazione del personale docente, il rafforzamento dell’offerta formativa e la realizzazione di progetti di alternanza scuola lavoro (1 miliardo di euro nel 2015 e 3 miliardi di euro a partire dall’anno 2016)”.
Non sembra però che l’aumento delle risorse di cui parla Renzi si traduca davvero in un aumento in termini assoluti. In base al rapporto di gennaio 2017 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la spesa totale dello Stato per istruzione passa dai 65,193 miliardi del 2015 a 65,253 nel 2016, a 65,238 nel 2017, 65,946 nel 2018 e 66,358 nel 2019. Rimane insomma sostanziamente stabile.
Come spiega ancora il documento del governo sul Bilancio, gli aumenti “sono parzialmente compensati da alcune riduzioni di spesa sul pubblico impiego previste nel pacchetto di misure che assicurano il concorso alla manovra di finanza pubblica da parte dei Ministeri”. Più che un aumento, sembra quindi il governo Renzi abbia soprattutto redistribuito le risorse.
L’ultimo governo ad aumentare significativamente i fondi per l’istruzione fu, in base ai dati Istat, il governo Prodi II, che nel 2007 portò il totale della spesa a 72,672 miliardi, dai 68,960 del 2006. Con i tagli dell’ultimo governo Berlusconi si è scesi nel 2011 a 66,836 miliardi. Un livello a cui non si dovrebbe tornare, secondo le attuali previsioni del governo, nemmeno nel 2019.