"La Russia vuole depenalizzare la violenza domestica” e “Mosca, picchiare moglie e figli non sarà più reato” sono i due titoli più frequenti sulla stampa italiana per raccontare il provvedimento con cui la Duma (il parlamento russo) è intervenuto il 25 gennaio in materia di atti di violenza fisica avvenuti all’interno delle mura domestiche.
Se il messaggio politico e sociale del provvedimento appare criticabile, da un punto di vista giuridico la questione è meno controversa.
Cos'è il reato di violenza domestica
Partiamo dal presupposto che non esiste un generico reato di “violenza domestica”, né in Italia né in Russia. Abbiamo invece un sistema che prevede una vasta gamma di reati che possono essere commessi tra le mura domestiche: in Italia parliamo di reati come maltrattamenti, percosse, abuso dei mezzi di correzione, violenza privata, sequestro, violenza sessuale, omicidio, eccetera.
Dunque l’espressione “depenalizzare la violenza domestica” non ha senso. E infatti il provvedimento licenziato dalla Duma depenalizza una fattispecie precisa, quella di percosse non gravi in famiglia.
Storia di una depenalizzazione controversa
Il provvedimento nasce dalla precedente depenalizzazione in Russia, a luglio 2016, delle percosse in generale. Da questa depenalizzazione erano rimaste escluse quelle dettate da odio razziale e appunto quelle in famiglia, che dunque restavano punite con la privazione della libertà fino a due anni.
Ma le proteste della Chiesa ortodossa e delle associazioni conservatrici – che difendevano una sorta di “diritto alla sculacciata”, per citare un dibattito in corso in Francia – hanno spinto il governo a intervenire. Il nuovo intervento ha quindi escluso dalla depenalizzazione le percosse in famiglia, lasciando come eccezione solo quelle motivate da odio razziale.
Ci sono due criteri, però, in base ai quali anche le percosse in famiglia possono restare punite come un reato: che non siano abituali e che non cagionino danni anche lievi. Il criterio per determinare l’abitualità delle percosse è che non ci siano state denunce negli ultimi 12 mesi. Questo è un problema, considerato che l’illecito è procedibile solo se si attiva la vittima e moltissimi studi certificano come – in questo contesto – le vittime spesso preferiscano restare in silenzio. Ma non è un problema solo russo.
Il criterio per la gravità del danno, poi, è che non ci sia nemmeno un “danno temporaneo alla salute” né una “insignificante ma durevole perdita della capacità di lavorare”. Altrimenti si ricade nuovamente nel reato non depenalizzato di percosse, punito con la privazione della libertà fino a due anni.
Le sanzioni previste ora per le percose
La sanzione prevista per percosse lievi e non abituali è ora invece di circa 500 euro, lavori per la comunità o detenzione fino a 15 giorni.
Non sembra un assurdo giuridico tale da far gridare allo scandalo. In Italia ad esempio le percosse sono punite, se non causano un danno permanente e se non costituiscono altro più grave reato, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro. Anche da noi è un reato procedibile esclusivamente su denuncia della vittima. In base al d.lgs 28/2015, poi, se ricorrono i requisiti della “particolare tenuità del fatto” e la “non abitualità”, il giudice italiano può decidere di non punire il colpevole.
Se invece le percosse (o altri reati come la violenza privata, il danneggiamento a beni, le ingiurie eccetera) sono commesse nel contesto familiare e con abitualità – come ribadito dalla Cassazione nel 2015 – possono configurare il reato di maltrattamenti del familiare o del convivente. Questo reato è punito con la detenzione da 2 a 6 anni. Le pene aumentano se la vittima è minore di 14 anni o se vengono causati danni gravi o gravissimi alla salute.
Alla fine, una semplificazione mediatica eccessiva
In modo analogo, in base al codice penale russo (nel link la versione non è aggiornata alle ultime modifiche) se le percosse sono abituali o hanno causato un danno non lieve, si torna nell’ambito del penale e le sanzioni salgono fino ai 2 anni, come si diceva, per i danni lievi alla salute, e fino a 8 anni per i danni più gravi (salgono a 12 a determinate circostanze).
Dunque anche sostenere che “picchiare moglie e figli non sarà più reato” in Russia appare una semplificazione che distorce la realtà.
In un Paese con problemi di corruzione come la Russia, eliminare un reato che rischia di portare in carcere per due anni un padre che ha dato uno scapaccione al figlio potrebbe anche essere una misura giusta. Tutto dipende, come sempre, da come vengono applicate le leggi più che dal loro contenuto.
Il timore che questa depenalizzazione, avvenendo nel contesto del “machismo di Stato” impresso da Putin con la benedizione della Chiesa ortodossa, possa portare ad una regressione della condizione delle donne e dei bambini è ovviamente fondato. Ma concentrarsi sulla legge e non sul contesto sarebbe come guardare al dito e non alla luna.