Gli Stati Uniti intendono schierare già nei prossimi mesi un nuovo sistema missilistico in Asia. Una mossa volta a contrastare l'ascesa della Cina nella regione. Il nuovo capo del Pentagono, Mark Esper, lo dice esplicitamente: "Sì, mi piacerebbe farlo", afferma il segretario alla Difesa sul volo per Sydney, prima tappa di un tour di una settimana in Asia, interpellato sulla possibilità che gli Usa dispieghino nuove armi a medio raggio, ora che sono caduti i vincoli del Trattato Inf sul controllo dei missili balistici.
"Vorremmo farlo al più presto", insiste Esper, "preferirei contare in termini di mesi". Il capo del Pentagono non precisa dove esattamente gli Usa intendano piazzare i nuovi missili, anche perché "su questo genere di cose si parla prima con gli alleati". Tuttavia Esper aggiunge che la Cina non dovrebbe essere spiazzata: "Non dovrebbe essere una sorpresa, dato che ne parliamo da un bel po'", spiega il segretario alla Difesa, secondo il quale "l'80% dell'arsenale" di Pechino è composto da armamenti che il Trattato Inf avrebbe escluso, dunque "non si dovrebbe considerare una stranezza se vogliamo delle capacità equivalenti".
L'annuncio di Esper arriva il giorno dopo la fine del Trattato Inf sul disarmo nucleare - sancita definitivamente ieri dagli Usa - e si aggiunge ad un ulteriore annuncio da parte di Washington: lo sviluppo di un nuovo sistema di missili a medio raggio. Era stato sempre Esper a riferire venerdì che il Pentagono "porterà avanti senza limiti" il progetto del nuovo sistema, che va inteso come "una ragionevole riposta alle azioni della Russia", accusata dagli Stati Uniti di avere sistematicamente violato l'intesa sottoscritta 32 anni fa da Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan, indicata pertanto come la prima responsabile del suo pensionamento.
A quanto emergerebbe da ambienti governativi di Washington, i primi test sono da attendersi in tempi relativamente brevi. Come ricordano oggi alcuni media statunitensi, il Pentagono aveva posto già due anni fa le basi per il nuovo sistema missilistico nucleare, inteso come forma di avvertimento nei confronti di Mosca perché tornasse a rispettare la storica intesa del 1987.
Dopo l'annuncio di ieri dell'uscita formare degli Usa dal Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), è cresciuto il timore di un ritorno alla corsa nucleare. Mentre Usa e Russia si accusano a vicenda di essere responsabili della fine dell'accordo bilaterale - in particolare, Washington afferma che Mosca viola l'intesa da anni rifiutandosi di dismettere i missili 9M729 che secondo gli Stati Uniti rientra nel novero degli armamenti vietati dall'intesa - Washington ha fatto già sapere di voler tornare al tavolo: l'obiettivo è di negoziare un nuovo accordo, che pero' questa volta comprenda, oltre alla Russia, anche la Cina.
Il presidente Donald Trump sostiene di averne parlato con Pechino: "Loro sono molto entusiasti" all'idea di colloqui sul tema, afferma il capo della Casa Bianca. Per la verità, come ricordano gli analisti, finora la Cina ha sempre ribadito di non avere interesse ad un'intesa del genere. Peraltro, nel 2021 scadrà anche il Trattato New Start tra Usa e Russia, secondo il quale i rispettivi arsenali nucleari devono essere ridotti a 800 vettori e a 1.550 testate atomiche.
Sia Mosca che Washington hanno ribadito di essere pronte a discutere di una proroga, ma ad oggi non sono stati compiuti passi concreti in tal senso. Ieri Mosca, che aveva proposto una moratoria sullo schieramento dei missili nucleari a medio raggio in risposta all'uscita dal Trattato Inf, ha invitato gli Stati Uniti a "evitare il dispiegamento" di ulteriori missili.
In una nota, il ministero degli Esteri russo ha lanciato un appello a Washington affinché "segua l'esempio della Russia e adotti tutte le misure necessarie per garantire la stabilità globale". "In caso contrario", ha ammonito il ministero, "l'intera responsabilità della crescita della tensione nel mondo ricadrà su Washington".