La nuova sede dell'Unione Africana, una torre di venti piani inaugurata sei anni fa ad Addis Abeba, era stata presentata come un regalo della Cina, potenza sempre più presente nel continente nero. E invece, secondo Le Monde, Pechino fece un regalo a se stessa, inserendo nella rete informatica dell'edificio, anch'essa costruita da tecnici cinesi, una 'backdoor' che consentiva di trasferire i dati a una centrale di spionaggio con sede a Shanghai che per cinque anni ha raccolto e immagazzinato informazioni confidenziali.
Secondo il quotidiano francese, il 'buco' nella rete è stato scoperto solo nel gennaio 2017, quando i tecnici dell'Unione Africana notarono che ogni notte, tra la mezzanotte e le due del mattino, si verificava un picco nell'utilizzo dei dati nonostante l'edificio in quel momento fosse completamente vuoto. Dai successivi controlli, sostiene Le Monde, sarebbe emerso che tale picco era causato dai server di Shanghai che copiavano informazioni dai database dell'organizzazione. Sempre secondo Le Monde, i server sarebbero stati sostituiti e l'Unione Africana avrebbe rifiutato l'offerta cinese di riconfigurarli. Le comunicazioni ora sarebbero criptate e non si appoggerebbero più all'operatore statale etiope Ethio Telecom.
Pechino: "Accuse assurde e insensate"
Kuang Weilin, ambasciatore cinese presso l'Unione Africana, ha liquidato le accuse come "assurde" e "insensate". Kuang ha dichiarato alla stampa che le accuse di Le Monde sono "molto difficili da comprendere" e che l'articolo "creerà problemi nelle relazioni sino-africane". Verificare è molto complicato: l'articolo di Le Monde si basa sulle consuete "fonti ben informate" ed è stato pubblicato in coincidenza con un vertice dell'Ua sulla governance. Che la vicenda sia vera o no, è di sicuro emblematico che a scriverne sia il principale quotidiano di Francia, Paese che vede messo sempre più a repentaglio il proprio ruolo in Africa dalla crescente iniziativa cinese. Negli ultimi tre lustri Pechino si è lanciata letteralmente alla conquista del continente, con un forte aumento degli scambi commerciali e investimenti infrastrutturali, con lavori spesso eseguiti da operai cinesi a scapito della manodopera locale. A interessare la Cina, come le potenze occidentali, sono le materie prime delle quali l'Africa è ricchissima. In molti accusano il Dragone di sostenere regimi autoritari in modo da poter contare su alleati che proteggano i loro investimenti, ma è assai difficile sostenere che gli europei in passato si siano comportati diversamente. Quello che conta davvero, sottolinea Quartz, è che "la Cina sta coltivando anche la prossima generazione di leader africani, con migliaia di politici, burocrati, studenti e uomini d'affari che vengono formati ed educati in Cina". Furti di dati o meno, il futuro dell'Africa parlerà comunque cinese.