Il dialogo è "l'unico modo possibile" per risolvere la questione catalana: lo ha affermato il segretario del Psoe e premier incaricato, Pedro Sanchez, che nel discorso in Parlamento per chiedere la fiducia ha esortato a "ritornare alla politica e lasciarsi alle spalle la via giudiziaria alla soluzione del conflitto".
La Spagna e la sua Costituzione non si romperanno, ha assicurato, ciò che sta per rompersi è il "blocco contro il governo progressista" che prevale da otto mesi, ha assicurato Sanchez rivolgendosi alla destra e all'estrema destra che lo accusano di "vendere" il Paese ai separatisti. In realtà, però, il premier incaricato vede il suo governo a rischio ancora prima di nascere.
Sanchez ha presentato al Parlamento il programma del governo che i socialisti intendono formare con il partito della sinistra anti-austerity Podemos: tra i punti principali ci sono l'aumento dei salari più bassi e delle tasse sulle società più ricche e grandi, e lo smantellamento della controversa riforma del mercato del lavoro del 2012. Il primo voto di fiducia domani non dovrebbe dargli la maggioranza assoluta necessaria per tornare al potere, ma dopo la pausa dell'Epifania martedì ci sarà una seconda votazione nella quale sarà sufficiente una maggioranza semplice tra i votanti.
Sanchez dovrebbe ottenere, salvo sorprese, i voti necessari grazie all'astensione degli indipendentisti catalani, che giovedì hanno stretto un accordo con i socialisti e promesso che i 13 deputati avrebbero acconsentito all'investitura del premier del Psoe. Ma le novità dell'ultim'ora potrebbero sconvolgere i piani del socialista. Ieri infatti il Consiglio elettorale centrale spagnolo ha espulso dal Parlamento regionale il presidente catalano, Quim Torra, che di conseguenza in base alla legge sarà anche costretto a lasciare la presidenza della Generalitat.
Il Consiglio ha inoltre confermato che Oriol Junqueras, ex vicepresidente della Generalitat in carcere dopo il fallito tentativo di secessione del 2017, non potrà assumere l'incarico di deputato al Parlamento europeo. Il 19 dicembre Torra è stato infatti condannato dalla Corte Superiore di Giustizia della Catalogna (Tsjc) a 18 mesi di interdizione dai pubblici uffici per disobbedienza dopo essersi rifiutato, durante il periodo elettorale, di togliere gli striscioni che chiedevano "liberta' per i prigionieri politici e gli esuli".
La sentenza non è definitiva ma è ugualmente sufficiente per la rigida legge spagnola. Erano stati Vox, ma anche Ciudadanos e Partito popolare a presentare la risoluzione per farlo espellere. E a questo punto è a rischio l'astensione che gli indipendentisti catalani di Erc hanno promesso di garantire nel voto di fiducia al governo Sanchez.
Nella giornata di sabato è stata convocata una riunione d'urgenza del comitato esecutivo di Erc con una plenaria del parlamento catalano che e' destinare a bocciare la decisione della Giunta. Erc è ovviamente compatto a fianco di Torra e Junqueras dopo la decisione della Giunta.
L'astensione di Erc consentirebbe la formazione del primo governo di coalizione dal ripristino della democrazia in Spagna: con 155 deputati in totale, i socialisti e Podemos di Pablo Iglesias, partito fondamentalmente antisistema e antimilitarista, avevano bisogno di altre forze politiche perché Sanchez, arrivato al potere nel giugno 2018, vi tornasse con un governo di coalizione, il primo dalla fine della dittatura di Franco nel 1975. Dopo il primo voto di fiducia domenica, quando Sanchez presumibilmente non otterra' la maggioranza assoluta, dovranno trascorrere 48 ore dalla successiva votazione, quando il voto sarà a maggioranza semplice.