Nuova bocciatura per il leader dei socialisti spagnoli (Psoe), Pedro Sanchez: nel secondo voto di fiducia, su 350 deputati ha ottenuto 124 voti a favore e 155 contrari, con 67 astenuti. Cruciale è stata l'astensione del partito della sinistra radicale Podemos, guidato da Pablo Iglesias, con il quale non è stato raggiunto un accordo per un governo di coalizione delle forze di sinistra, nonostante gli intensi negoziati nei tre mesi trascorsi dalle elezioni di fine aprile.
Questo avvicina la Spagna a nuove elezioni anticipate, le quarte in quattro anni: il leader del Psoe ha due mesi di tempo, fino al 23 settembre, per arrivare a un'intesa e ripresentare una candidatura; la sua è decaduta e Sanchez deve ottenere una nuova chance dal re che l'aveva designato il 6 giugno scorso. Felipe VI ha già fatto sapere che terrà nuove consultazioni. In caso di nuova bocciatura, si va automaticamente a elezioni il 10 novembre.
Uno scenario da incubo che il leader del Psoe - uscito vincitore dalle legislative del 28 aprile scorso ma senza una maggioranza chiara per governare - ha cercato di evitare fino all'ultimo con intensi negoziati, che però sono naufragati sulla suddivisione dei ministri. I colloqui, partiti in salita in un clima di sfiducia reciproca, sono stati segnati negli ultimi giorni da ultimatum reciproche e fughe di notizie.
La settimana scorsa Iglesias ha annunciato che rinunciava a far parte del governo, in cambio di ministri di peso e non semplicemente "decorativi"; nel mirino, in particolare il dicastero del Lavoro. Proprio su questo si è appuntata la proposta in extremis presentata dal leader di Podemos durante l'ultimo intervento in aula prima del voto: la rinuncia al ministero del Lavoro in cambio delle competenze sulle politiche attive per l'impiego.
Ma non c'è stato nulla da fare.
"Aspiro a guidare un governo, ma non a qualunque costo né un governo qualsiasi", ha sottolineato Sanchez nel suo discorso in Parlamento, una volta capito che non avrebbe avuto i voti necessari a fronte dell'annunciata astensione di Podemos. "Lei continua a non capire che abbiamo bisogno di un governo coerente e coeso, non di due governi in uno", ha aggiunto, accusando Iglesias di voler prendere "il controllo" dell'esecutivo e per questo di essere più interessato alle poltrone che al contenuto.
"Non sono mai stati problemi sul programma a impedire l'accordo, il problema erano i ministri", ha denunciato con forza in aula. Ugualmente dura la risposta di Iglesias, convinto che "sia difficile negoziare in 48 ore quello che non avete voluto negoziare in 80 giorni: "Faccia quello che non è stato in grado di fare per tre lunghi mesi: negoziare un governo con rispetto per il partner".