I continui attacchi del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ai giornalisti del New York Times, starebbero seriamente mettendo a rischio la loro vita. Sostiene in un'intervista al Guardian il direttore esecutivo del quotidiano, Dean Baquet, commentando i continui scontri tra Trump e la stampa considerata “contro” la sua amministrazione, della quale il NYT fa parte.
Poco tempo fa fu la giornalista Maggie Haberman a rientrare nella "lista nera". “Penso che i suoi attacchi personali ai giornalisti, incluso Maggie, siano terribili e non presidenziali. - ha detto intervistato dal Guardian - Penso che attaccare personalmente i giornalisti chiamandoli per nome possa mettere a rischio la loro vita; definirli 'non americani' o 'nemici del popolo', riporta il pensiero indietro ad una storia profonda… È un attacco spaventoso alla stampa”.
In passato sull’argomento si era espresso anche Arthur Gregg Sulzberger, l’editore del giornale, dichiarando che “questo linguaggio provocatorio sta contribuendo a un aumento delle minacce contro i giornalisti e porterà alla violenza”. Eppure il New York Times è stato attaccato anche dagli avversari di Trump, quei democratici che non hanno gradito, come molti lettori, il fatto che il quotidiano non abbia apostrofato il Presidente con termini come “razzista” o “sessista”.
Ma il giornale ha sempre risposto che il suo scopo è quello di “guardare al mondo con curiosità” e non fare opposizione a prescindere a Trump. Sull’argomento Baquet, che fu il primo caporedattore afroamericano della storia del giornale, ha le idee abbastanza chiare: “Non so se il Presidente sia razzista, ma penso che dica cose razzialmente divisive”. E ancora: “Non c'è dubbio che Donald Trump abbia problemi con le donne” ma sul NYT non lo vedrete mai bollato come un sessista.
Per gli americani il New York Times rappresenta l’avamposto democratico contro i repubblicani, in particolare contro personaggi come Trump, prova ne è che quando avvenne, nel 2014, l’epocale passaggio definitivo dal cartaceo al digitale furono subito 5 milioni gli abbonati pronti a sostenere il progetto, credendo in una lotta dura che poi di fatto avvenne, ma solo in termini di notizie, “Probabilmente vogliono un New York Times più politico di quello che sono disposto a dare loro. Spero che nel tempo impareranno che un New York Times che lo combatte direttamente ha molto più potere e molta più longevità”.