Roma - Mentre la Spagna e' alla faticosa ricerca di un governo dopo due tornate elettorali andate a vuoto, in una caldissima estate di 40 anni fa, con il primo governo di Adolfo Suarez, iniziava ufficialmente il cammino del paese dalla dittatura alla democrazia che passo' alla storia come 'transizione spagnola'. Un cambiamento che fu soprattutto politico e istituzionale, ma anche sociale e di costume. E perfino 'sentimentale', come lo defini' il romanziere catalano Manuel Vazquez Montalban, creatore del celebre investigatore privato e gourmet Pepe Carvalho, padre spirituale e letterario di molti protagonisti del 'noir' europeo degli anni a venire.
La svolta per il paese e' ovviamente la morte di Francisco Franco, l'uomo che nel '36 sovverte il governo repubblicano legittimamente eletto, vince la Guerra civile del '39 e governa il paese per quasi 40 anni. Franco lascia un paese economicamente arretrato e culturalmente soffocato da un regime bigotto e antiquato, l'indipendentismo basco e' all'apice della sua attivita' militare e terroristica, le istituzioni sono obsolete, modellate su codici lontanissimi da quelli degli altri paesi europei. Ma la societa' spagnola e' in fermento, chiede a gran voce un'apertura. E quando il Caudillo, vecchio e malato, muore il 20 novembre del 1975, la falla nella diga diventa un cratere.
Il re, Juan Carlos di Borbone, due giorni dopo la morte di Franco, conferma nel suo incarico di capo del governo, Arias Navarro, nominato dallo stesso Franco due anni prima. Ma Navarro e' uomo di 'ancien regime', inadatto al ruolo, troppo condizionato dalla gerarchia franchista, non comprende che il paese sta cambiando. Il re lo costringe alle dimissioni e affida l'incarico di formare un nuovo gabinetto ad Adolfo Suarez Gonzalez, che vara il suo esecutivo nel luglio del 1976, precisamente 40 anni fa.
E' il passaggio che gli storici individuano come l'inizio formale della 'transizione': da quel momento, attraverso una serie di passaggi istituzionali chiave come la 'Ley de reforma', con cui le 'Cortes' franchiste faranno 'harakiri' autoproclamando il loro scioglimento, si arrivera' alle prime elezioni democratiche del giugno 1977 e poi al processo costituente che condurra' all'approvazione della Carta del 1978. Suarez non e' estraneo alle dinamiche del franchismo, non e' sgradito ai militari, i 'falangisti' lo considerano quasi uno dei loro. Ma ha una capacita' politica fuori del comune, riesce a far dialogare la destra con i centristi, perfino con i socialdemocratici. Si muove con abilita' tra i lealisti del regime e le forze nuove, prepara con sapienza gli strappi istituzionali e politici che porteranno la Spagna ad abbandonare l'isola opprimente della dittatura per aprirsi al nuovo. Di fatto diventa l'esecutore testamentario del franchismo, ne smantella le strutture dal di dentro, legalizza i partiti politici, riconosce il ruolo dell'opinione pubblica, e infine accompagna il paese alla democrazia.
Quaranta anni dopo la Spagna e' un paese completamente diverso. Dopo due elezioni andate a vuoto, il premier incaricato, Mariano Rajoy, confida in un accordo con le altre forze politiche per la formazione di un governo entro la fine del mese. Ma il dialogo e' aperto solo con 'Ciudadanos' e i suoi 32 deputati, che sommati ai 137 del Partito Popolare, non bastano per dar vita ad una maggioranza. Il Psoe, Podemos e i partiti indipendentisti restano fermi sulla linea del 'non possumus'. Lo stallo e' evidente. La 'transizione' e' superata da decenni. Suarez e' un ricordo lontano, di un'estate di 40 anni fa. (AGI).