Il giorno più surreale per la Gran Bretagna è arrivato: il Paese voterà per il Parlamento di quell'Ue dal quale ha deciso di uscire ma non riesce a farlo, tre anni dopo il referendum, e nel pieno di un caos che vede un 'golpe' dei ministri contro la premier e la produzione industriale in caduta libera.
L'obiettivo principale di Tory e Labour sembra diventata Theresa May, che, nonostante le sconfitte incassate negli ultimi mesi, resta ancorata a Downing Street. In serata sono arrivate le dimissioni di Andrea Leadsom, ministro per i rapporti con il Parlamento. E' il 36esimo membro a lasciare l'esecutivo May, il 21esimo per dissensi sulla Brexit, e la fronda si starebbe allargando.
Una pattuglia di ministri pro-Brexit avrebbe chiesto un incontro urgente alla May "per discutere del suo futuro". Downing Street ha chiarito che, per oggi, non è in programma nessun incontro di Gabinetto, ma non è escluso che esponenti del governo conservatore chiedano alla premier di incontrarla individualmente.
"Ci sono molti incontri che vanno avanti", ha detto una fonte al Mail Online, "si stanno considerando diverse opzioni: May potrebbe non durare altre 24 ore". Lei, definita spesso 'immortale' dalla stampa, ha fatto sapere che non si dimetterà stasera e domani probabilmente incontrera' il ministro degli Esteri, Jeremy Hunt, che si era opposto all'ennesimo piano della premier per la Brexit insieme con il titolare dell'Interno, Sajid Javid, il ministro per la Scozia, David Mundell e la nuova titolare della Difesa, Penny Mordaunt.
Quel piano, Theresa May lo aveva presentato accompagnandolo con esortazioni apocalittiche. "Respingete" il disegno di legge per attuare la Brexit (Withdrawal Agreement Bill) "e avremo davanti divisione e stallo", ha detto, ma le dieci modifiche fatte non hanno convinto né, il Labour che il Tory.
May ha confermato che il Withdrawal Agreement Bill sarà pubblicato venerdi'; l'idea della premier sarebbe quello di portare il testo al voto dei Comuni i primi di giugno. La premier britannica ha lanciato un ultimo, disperato appello personale al capo dell'opposizione, Jeremy Corbyn. Il leader laburista, ieri, aveva accolto con un sonoro "no" le aperture - tra cui un secondo referendum e la permanenza temporanea nell'unione doganale - avanzate dal governo conservatore, nel tentativo di sbloccare l'impasse sulla ratifica in Parlamento dell'accordo di divorzio da Bruxelles.
"Chiedo anche a te - ha scritto May a Corbyn - di scendere a un compromesso, così da poter realizzare quanto entrambi i nostri partiti hanno promesso nei propri manifesti". "Sulle questioni fondamentali - unione doganale, mercato e protezioni ambientali - si tratta - ha reagito Corbyn - di un rimaneggiamento dello stesso vecchio, cattivo accordo, respinto tre volte dal Parlamento".
Corbyn ha, comunque, promesso di "valutare in modo serio" i dettagli del nuovo piano May, quando saranno pubblicati in modo completo, nei prossimi giorni. Dal canto suo l'Ue ha fatto sapere, con il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas: "Seguiamo gli eventi a Londra da vicino e in modo paziente".
Le ricadute di questo clima di incertezza giungono sul mercato azionario e sul valore della sterlina, ma a toccarne con mano le conseguenze sono prima la produzione industriale (ieri le stime davano gli ordini del manifatturiero in forte diminuzione) e i lavoratori britannici.
Il giorno dopo l'annuncio della chiusura della catena di ristorazione Jamie Olivier, che lascia a casa 1.300 lavoratori, è il gruppo siderurgico britannico British Steel a dichiarare di aver avviato la procedura d'insolvenza, sotto il controllo d'un curatore fallimentare governativo; la mossa mette a rischio 5 mila posti di lavoro, in modo diretto, e altri 20 mila nella filiera dei fornitori. British Steel, secondo maggiore produttore di acciaio del Regno Unito, aveva chiesto al governo 75 milioni di sterline per gestire la crisi.