Il Brasile potrebbe avere il suo primo presidente di estrema destra eletto dal popolo
Domenica le elezioni. Nulla sembra poter fermare la corsa di Jair Bolsonaro, il Messia del sovranismo verde-oro

In un clima di forte tensione e di violente contrapposizioni, 147 milioni di brasiliani sono attesi alle urne domenica per eleggere il prossimo presidente, decidendo l’esito del duello che tiene il Paese e il mondo intero col fiato sospeso. Un voto che segnerà una svolta epocale nel più grande Paese dell’America latina, se il potere venisse affidato, per la prima volta, a un presidente di estrema destra.
Ore fondamentali
La strada sembra ormai tracciata per il 63enne Jair Messias Bolsonaro, candidato del Partito social liberale (PSL), ex militare riservista nostalgico degli anni di piombo della dittatura (1964-1985), sempre in netto vantaggio nei sondaggi, con 56% di consensi. Anche se è riuscito a ridurre lo scarto da 18 a 12 punti, finora l’altro contendente, Fernando Haddad, 55 anni, del Partito dei lavoratori (Pt), non è andato oltre il 44%. Le prossime ore potrebbero essere “fondamentali” per il candidato di sinistra, in cerca di voti tra gli indecisi e di adesioni dell’ultimo minuto tra cittadini che temono di affidare il Paese al populista Bolsonaro.
Il duello non concesso
Per loro non c’è stato modo di chiarirsi le idee al tradizionale faccia a faccia televisiva del venerdì che precede le elezioni: invocando motivi di salute – lo scorso 6 settembre è stato gravemente ferito da un sostenitore del ‘Pt’ che lo ha accoltellato in pieno comizio elettorale – Bolsonaro ha rifiutato il confronto diretto con l’avversario. Così durante la campagna elettorale tra i due turni il braccio di ferro si è soprattutto concentrato sulla rete. Già al primo turno, lo scorso 7 ottobre, la partita elettorale si era giocata molto sul web, strumento di comunicazione e informazione più usato in Brasile.
In netta posizione di forza anche sulla rete, oggi Bolsonaro è seguito da 15,4 milioni di follower tra Instagram, Facebook e Twitter. Ma l’uomo forte del Brasile è anche finito al centro di un’inchiesta per fake news: alcune aziende avrebbero finanziato l'invio massiccio e illegale di messaggi elettorali e fake news attraverso social network e whatsapp, con l'utilizzo di numeri presi illegittimamente dagli archivi aziendali.
“Li farò marcire in prigione”
Nello Stato-continente ricco di materie prime, polmone verde del pianeta, teatro di 60 mila omicidi l’anno, confrontato ad una corruzione endemica e alle prese con un marasma economico, il successo del controverso Bolsonaro viene letto come il “sintomo” delle crisi che affossano il Brasile dalla fine del regno del Partito dei lavoratori, con la destituzione nel 2016 dell’ex presidente Dilma Rousseff. Così il leader populista, deputato da 27 anni, razzista, omofobo, misogine ed anti-ambientalista ha saputo cavalcare l’onda dell’esasperazione del popolo brasiliano, con un programma strumentale che promette il ritorno all’ordine – anche grazie alla liberalizzazione del porto d’armi –, la distruzione di un sistema fallimentare, con una vasta “epurazione dei rossi” (sinistra), il carcere o l’esilio per gli oppositori, augurando ai rivali di “marcire in prigione”.

Anche la stampa è avvertita
Alzando i toni, a pochi giorni dal ballottaggio Bolsonaro ha lanciato minacce alla libertà di stampa, promettendo di “vincere la guerra” contro la ‘Folha di San Paolo’, che ha rivelato lo scandalo dei messaggi elettorali illegali. Il 'Trump tropicale' ha, però, fatto marcia indietro sull’uscita dall’accordo sul clima di Parigi, orientamento che preoccupava ambientalisti di tutto il mondo. Ieri, a sorpresa, si è impegnato a rimanere dentro, a patto che Brasilia conservi la piena sovranità sull’Amazzonia, per poter realizzare il progetto di corridoio transnazionale dalle Ande all’Oceano Atlantico attraversando il polmone verde.
La destra avanza se il centrosinistra è spaccato
Strada tutta in salita invece per Haddad, di origine libanese, intellettuale di spicco, ex sindaco di San Paolo, sostituto dell’ex presidente Luis Inacio Lula Da Silva, in carcere per corruzione. In questi mesi non è riuscito a costituire un fronte democratico tra 'Pt', centro sinistra e centro, per impedire l’accesso dell’estrema destra al Palazzo di Planalto. Tuttavia, dopo il primo turno, voci sempre più numerose si sono alzate contro i rischi di affidare la presidenza a Bolsonaro, ipotecando - secondo alcuni analisti - il futuro stesso della giovane democrazia brasiliana.
Haddad ha promesso di rendere “il Brasile nuovamente felice”, come durante gli anni di crescita della presidenza Lula. Nelle sue clip video ha utilizzato immagini di torture per denunciare le posizioni di Bolsonaro sulla dittatura, poi censurate dal Tribunale supremo elettorale (Tse).
Il difficile recupero
Pur essendo riuscito a riguadagnare terreno negli ultimi giorni, secondo la 'Folha di San Paolo’ il Partito dei lavoratori sembra più impegnato ad “evitare una scottante sconfitta per uscirne a testa alta” che a puntare alla presidenza, ormai a portata di mano per il rivale. Del resto, nonostante proposte di riforme ultraliberali seppur poco chiare, i mercati hanno già eletto Bolsonaro, che spera in un 60% dei consensi per ottenere un mandato forte. All’ombra di Bolsonaro, il potenziale futuro vice-presidente, il 65enne generale Hamilton Mourão, si sfrega già le mani. Il vincitore entrerà in carica il 1° gennaio 2019, per un mandato di quattro anni, subentrando al conservatore Michel Temer. Dovrà governare facendo i conti con un Congresso politicamente frammentato, indebolito da una serie di scandali, attraversato da lotte di potere tra lobby conservatrici dell’agroindustria, chiese evangeliche e difensori del porto d’armi.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it