Pechino, 24 gen.- Nel giorno di San Valentino, una delle feste più amate dagli americani, l'amministrazione Obama avrà ben altro a cui pensare: il 14 febbraio infatti la Casa Bianca riceverà Xi Jinping, colui che tra meno di un anno con ogni probabilità siederà al posto di Hu Jintao. Attuale vice presidente della Repubblica popolare e della Commissione militare centrale del Partito comunista e appartenente alla fazione dei "principini rossi" composta da figli di ex membri del PCC: incarichi politici a parte, su di lui e su quella che sarà la sua linea non si sa ancora molto. E a conoscere poco Xi è in particolare Washington che, secondo gli esperti, vede nell'appuntamento del 14 febbraio l'occasione per studiare da vicino il futuro presidente cinese. "E' una persona molto piacevole" aveva commentato la scorsa settimana l'ambasciatore statunitense in Cina Gary Locke ammettendo però di non avere elementi a sufficienza per valutare in cosa il potenziale prossimo presidente cinese potrà discostarsi dall'attuale. "Non sappiamo nulla di lui. Non conosciamo le sue idee, soprattutto quelle di stampo economico, ecco perché è importante stabilire una relazione quanto prima" aveva dichiarato Locke ospite del programma tv americano The Charlie Rose Show.
"Obama e Xi discuteranno di diverse questioni d'interesse globale, regionale e bilaterale" si legge nel comunicato diffuso dalla Casa Bianca che ne annuncia la visita. Oltre al presidente Barack Obama, Xi Jinping incontrerà anche il vice presidente Joe Biden ricevuto lo scorso agosto a Pechino proprio dal suo omologo cinese. E dopo la tappa di Washington Xi tornerà per la prima volta dal 1985 in California e in Iowa.
L'incontro tra i leader delle prime due potenze economiche al mondo servirà soprattutto a fissare il tono dei futuri rapporti sino-americani i quali, allo stato attuale, contano diversi punti di frizione. Primo fra tutti quello dell'apprezzamento dello yuan: per Washington Pechino mantiene artificialmente basso il valore della sua divisa per facilitare le esportazioni e ritiene il Dragone in parte responsabile del tasso di disoccupazione del Paese.
Acque agitate anche sul versante Pacifico: "Per gli Stati Uniti il Ventunesimo Secolo sarà il secolo dell'Oceano Pacifico" aveva annunciato a novembre il segretario di Stato Hillary Clinton, dichiarazione seguita dall'impegno siglato a Camberra di una task force marittima americana composta da 2500 soldati. "Preparatevi a combattere" ha subito ordinato un esplicito Hu Jintao alla Marina cinese dopo l'accordo di Camberra. "E' necessario accelerare con forza la trasformazione e la modernizzazione della flotta". E poi ancora divergenze sul programma nucleare iraniano, sulla questione nordcoreana e sul giro di vite su attivisti e diritti umani.
Tema, quest'ultimo, su cui l'amministrazione Obama è stata più volte criticata per aver usato una mano troppo leggera con Pechino. "Il governo dovrà illustrare in modo chiaro a Xi Jinping quella che è la posizione degli Stati Uniti sulla questione dei diritti umani e sulla sua centralità nei rapporti sino-americani" ha commentato Sophie Richardson, avvocato per i diritti umani e direttore della divisione asiatica di Human Right Watch, osservatorio con base a New York.
Critiche anche dai Repubblicani che, in piena campagna elettorale e in corsa per le primarie, accusano Obama di essere intimidito dal Dragone su questioni di vitale importanza come quelle commerciali e monetarie. "Le frizioni tra Cina e Usa sono dovute al fatto che Pechino vede se stessa come un Paese in via di sviluppo che necessita di perseguire politiche mercantilistiche a suo vantaggio e con regole che diverse per Cina, Stati Uniti e Europa" ha spiegato Obama la scorsa settimana in un'intervista rilasciata al Time magazine.
di Sonia Montrella
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