di Sonia Montrella
Roma, 15 feb.- Strette di mano, sorrisi, continui cenni di assenso e un'accoglienza quasi degna di un capo di stato hanno accompagnato la prima parte della trasferta statunitense del vice presidente cinese Xi Jinping, dato ormai come futuro presidente della Cina. Viaggio, che, tuttavia, non è servito a sciogliere nessuno dei nodi al pettine tra le prime due potenze economiche al mondo disattendendo le previsioni dei media cinesi che si aspettavano di più. Apprezzamento dello yuan, squilibrio della bilancia commerciale, diritti umani, dumping, proprietà intellettuale, Iran e Siria: con tono pacato, ma deciso i leader di entrambi i Paesi hanno toccato seppur marginalmente tutti i principali punti di frizione tra la Cina e gli Stati Uniti.
I PUNTI DI ATTRITO
"Tutti vogliono la fine dello spargimento di sangue in Siria. Ma se il Consiglio di Sicurezza fa un passo falso, provocherà nuovi spargimenti di sangue anziché fermarli" ha osservato il viceministro degli Esteri cinese, Cui Tiankai, che si trova a Washington insieme al vicepresidente, ricevuto ieri da Obama nella Stanza Ovale della Casa Bianca. Per Pechino, che persegue la politica di non ingerenza nelle questioni interne di altri Paesi, la parola d'ordine per risolvere l'emergenza è ancora il dialogo. "La Cina attribuisce grande importanza al ruolo della Lega Araba nel cercare una soluzione politica alla questione siriana" ha aggiunto Cui. Il vice ministro ha poi definito il Consiglio di Sicurezza dell'Onu "un organismo internazionale altamente autorevole; perciò, qualunque sia l'azione che decida di intraprendere, essa va presa nel modo più responsabile e prudente possibile". Non è dello stesso avviso il vice presidente statunitense Joe Biden, che ha accolto la delegazione cinese nella Roosvelt Room: "Gli Stati Uniti dissentono fortemente sul veto posto da Cina e Russia riguardo una risoluzione contro il regime di Assade". Un punto su cui, secondo l'Associated Press, Obama sarebbe tornato in seguito, esprimendo la sua delusione per la mossa cinese nel corso di un colloquio privato. Tuttavia Biden ha sottolineato che il fatto di aver parlato francamente di questioni spinose nel corso dei colloqui è la prova della maturità dei rapporti sino-statunitensi: "la Cina e gli Stati Uniti hanno molto da fare insieme, la nostra relazione darà forma al 21esmo secolo".
Ma per farlo è necessario che l'Aquila e il Dragone giochino ad armi pari: "La Cina e gli Stati Uniti devono giocare sul terreno dell'economia globale con le stesse regole" ha detto Barack Obama, cui fa eco Biden: "Solo una partita equa può portare ad un mutuo beneficio". Il riferimento è all'apprezzamento dello yuan: per gli Stati Uniti infatti la divisa cinese – sottostimata – è la causa dello squilibrio della bilancia commerciale che da tempo pende a favore del Dragone. Poi l'appello del presidente Usa: "I flussi commerciali tra Stati Uniti e Cina siano equilibrati". In tutta risposta, Xi Jinping ha chiesto agli Stati Uniti di revocare il bando all'esportazione di prodotti ad alta tecnologia. Se per Washington infatti la causa del surplus commerciale è da rintracciare nel tasso di cambio del renminbi, per Pechino la causa scatenante è rappresentata dal blocco esercitato sulla vendita di tecnologia americana. Il vice presidente cinese ha inoltre sottolineato che la Cina ha già compiuto i passi per rassicurare gli Usa sugli squilibri commerciali e sulla difesa della proprietà intellettuale che Washington ha più volte lamentato.
"Quanto alla questione iraniana, Obama ha dichiarato di apprezzare l'appoggio della Cina sulle sanzioni, ma di auspicare in una rottura degli scambi energetici e commerciali tra Pechino e Teheran. "Non vogliamo assistere a uno sviluppo del programma nucleare iraniano. Abbiamo votato per le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma abbiamo delle riserve sulle sanzioni unilaterali. Ma questo non è una novità" ha ribattuto Xi Jinping ribadendo che i rapporti commerciali con Teheran non dovrebbero essere compromessi. D'altra parte Pechino, affamato di energia, mantiene con Teheran una sorta di dipendenza energetica che viaggia su un interscambio petrolifero che si è intensificato del 30% nel corso del 2011, mentre le importazioni di greggio cinesi sono ammontate a 27,76 milioni di tonnellate metriche, per un interscambio giornaliero che si attesta intorno ai 557mila barili.
Chiuso il dossier Iran, i leader cinesi e americani hanno affrontato, seppur marginalmente, la questione dei diritti umani. "Continueremo a dare enfasi a tematiche particolarmente importanti quali il riconoscimento delle aspirazioni e dei diritti delle persone". Un appello cui Xi Jinping ha risposto successivamente in separata sede sottolineando che seppure ci sia "sempre spazio per miglioramenti", "la Cina ha fatto enormi e riconosciuti progressi nel campo dei diritti umani negli ultimi 30 anni". Il vicepresidente cinese ha però riconosciuto che "vista la vasta popolazione della Cina e le considerevoli diversità e i diseguali sviluppi da regione a regione stiamo ancora affrontando molte sfide per migliorare il sostentamento del popolo e per far avanzare i diritti umani". "Il governo cinese - ha aggiunto - porrà sempre l'interesse del popolo prima di tutto e considererà seriamente le aspirazioni e le richieste del popolo", pertanto, "alla luce delle condizioni della Cina a livello nazionale noi continueremo ad assumere concrete ed effettive azioni di governo e misure per promuovere la giustizia sociale, il rispetto della legge e l'armonia", oltre, "procedere nel (garantire) i diritti umani". Uno scambio di opinioni cui ha fatto da sottofondo il coro "Free Tibet" delle centinaia di manifestanti radunati all'esterno della Casa Bianca.
Ma turbare la quiete alla Casa Bianca, è stata sopratutto la notizia del visto negato dalla Cina a un diplomatico statunitense attivo nel campo delle questioni relative alle libertà di religione. Secondo alcuni avvocati per i diritti umani, Susan Johnson Cooks sarebbe dovuta volare in Cina l'8 febbraio per incontrare alcuni funzionari del governo di Pechino, ma a pochi giorni dalla partenza – e all'approssimarsi della visita di Xi negli Usa - la donna si è vista negare il visto. Una vicenda su cui sia la Cina, che gli Usa hanno mantenuto il riserbo. "La mancanza di reazione da parte dell'amministrazione dimostra quanto la questione sia importante per il governo" ha detto Joseph Grieboski, fondatore di un Istituto sulle politiche religiose.
USA-CINA: AMPIA COLLABORAZIONE
Al di là dei punti di frizione, la visita di Xi Jinping negli Stati Uniti ha rappresentato soprattutto l'occasione per il leader cinese e quello americano di dare nuovo smalto alla propria immagine. Xi Jinping, che con ogni probabilità nel marzo del 2013 diventerà il numero 1 di Pechino, ha mostrato di avere un lato cosmopolita e internazionale più spiccato rispetto a quello di Hu Jintao. Barack Obama, in cerca nuovi consensi in vista delle prossime elezioni, ha voluto dar prova, invece, di un atteggiamento più fermo e risoluto riguardo temi quali gli scambi commerciali, la rivalutazione dello yuan e i diritti umani, in risposta ai repubblicani che lo accusano di aver avuto un approccio troppo conciliatorio con il Dragone. Nel frattempo, i due leader, in vista della presidenza, hanno spianato la strada a una futura collaborazione a tutto tondo. "Sono sicuro che l'America ti accoglierà bene" ha riferito a Xi Jinping Obama che si è detto convinto che per gli Usa sia vitale avere una forte relazione con la Cina. Un'intesa che li porterà a lavorare a stretto contatto nel panorama internazionale con un occhio di riguardo all'Europa e la crisi del debito. "Gli Usa e la Cina - si legge nel comunicato congiunto rilasciato dalla Casa Bianca - si impegnano a scambiare opinioni sugli sviluppi della crisi finanziaria europea e a discutere un approccio che appoggi gli sforzi dell'Europa per rispondere alla crisi del debito sovrano".
Di pari passo va rafforzata l'intesa militare, ha osservato il segretario della Difesa Leon Panetta che ha accolto il vice presidente cinese al Pentagono. Ed è proprio sul fronte militare che gli Stati Uniti e la Cina di recente si sono mostrati più agguerriti: entrambi interessati ad ampliare l'influenza nell'Asia Pacifico, negli ultimi mesi una serie di mosse e contromosse hanno alzato la tensione nelle acque del Pacifico. Washington si è impegnata ad aumentare le basi militari in Australia alla luce di una politica di contenimento del Gigante asiatico; Pechino di tutta risposta ha ordinato alla Marina di prepararsi a combattere. Non solo: è di poche ore fa la notizia del rapporto di IHS Global secondo cui entro tre anni la Cina raddoppierà il budget destinato alla Difesa che salirà a 238 miliardi di dollari superando i budget di tutti gli altri Paesi della regione messi assieme, che si attestano intorno ai 232 miliardi.
ROTTA SU HOLLYWOOD
Dopo essere stato accolto con tutti gli onori militari al Pentagono e dopo la tappa di Washington, Xi Jinping proseguirà la sua trasferta prima nell'Iowa e poi in California. E proprio lì, tra le colline di Hollywood - secondo il Financial Times - Xi svelerà i dettagli di un grosso accordo tra Shanghai Media Group, China Media Capital e DreamWorks Animation, nota soprattutto per produzioni come Shrek e Kung Fu Panda. D'altronde l'interesse del Dragone per il cinema non è più una novità e l'enorme attenzione di Pechino nei confronti Hollywood è solo l'ultimo segnale: a dicembre Bank of China ha annunciato un prestito da 3 miliardi di yuan (364 milioni di euro) alla Hengdian, la società che controlla gli enormi studios nella provincia dello Zhejiang, non a caso soprannominati "la Hollywood cinese". I fondi serviranno "ad aiutare le società presenti nel parco cinematografico di Hengdian a muoversi all'estero attraverso fusioni, acquisizioni e collaborazioni con società straniere" ha riferito ad AgiChina24 Airaldo Piva, managing director di HG Europe (questo articolo).
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