WUKAN, IN MIGLIAIA PER IL LEADER MORTO
Wukan, 16 dic. - Da giorni al centro di una forte protesta contro le autorita' cinesi, il villaggio di Wukan, nella provincia meridionale di Guangdong, cuore del boom economico del Dragone, ha reso omaggio a uno dei leader della piccola rivolta, il 42enne Xue Jinbo, morto domenica scorsa mentre era in custodia della polizia. Incuranti del vero e proprio assedio che il governo ha stretto intorno alla zona, con posti di blocco e agenti in assetto anti-sommossa, migliaia di residenti si sono radunati nel centro del villaggio per una cerimonia funebre in memoria di Jinbo, il cui corpo non e' ancora stato restituito alla famiglia.
Intanto, la protesta che sta scuotendo il piccolo ma florido centro di 20mila anime - dove la popolazione si e' ribellata agli espropri di terra eseguiti dai funzionari comunisti per favorire gli immobliaristi - sta facendo il giro della Cina. Sui servizi di microblogging si moltiplicano le notizie sulla protesta, quasi del tutto censurate dai media ufficiali. Le ricerche con le parole chiavi Wukan e Xue Jinbo sono state bloccate ma nei siti e' possibile vedere le immagini scioccanti degli abitanti con i volti insanguinati e segni di pestaggio nel corpo. Non a caso, proprio oggi il governo municipale di Pechino ha annunciato un nuovo giro di vite contro i microblog, imponendo agli utenti di registrarsi con il loro nome reale per poter postare informazioni.
Per sedare la rivolta a Wukan le autorita' hanno ordinato il blocco dei viveri e da domenica nessuno puo' uscire o entrare nel villaggio. Nella zona le connessioni internet sono state tagliate e scarseggiano i rifornimenti. Vista la determinazione dei 'ribelli', la strategia usata e' stata quella del bastone e della carota: linea dura contro chi "commette il crimine di istigare gli abitanti" ma "clemenza per coloro che si arrendono", come annunciato da Wu Zili, sindaco della citta' di Shanwei ma con competenze anche sull'area di Wukan. Del resto, anche pochi giorni fa le autorita' locali si erano offerte di trattare, salvo poi arrestare il capo dei mediatori, il macellaio del Paese, Xue Jinbo, e annunciarne poco dopo la morte per "arresto cardiaco". Gli abitanti sono convinti che sia stato pestato a morte. "Non dobbiamo avere paura. Dobbiamo resistere per i nostri diritti", ha affermato il portavoce del villaggio, Lin Zulian.
WUKAN, PECHINO ORDINA GIRO DI VITE
Pechino, 15 dic.- Pechino risponde col pugno duro alle proteste di Wukan. A sedare i disordini nel villaggio del Guangdong, dove da mesi i residenti alzano la voce contro l'espropriazione dei terreni, è intervenuto ieri il governo cinese promettendo giri di vite sui leader delle rivolte e indagini a tappeto sull'operato dei funzionari locali. Da settembre il piccolo villaggio di pescatori è diventato teatro di accesi scontri tra le forze dell'ordine e i residenti, stanchi di assistere al land grabbing da parte delle autorità locali. Secondo i manifestanti dal 1998 le autorità hanno sottratto in modo illegittimo e senza un adeguata compensazione circa 400 ettari di superficie agricola per rivenderla a promotori immobiliari che li utilizzano per impiantarvi fabbriche . Arresto dei funzionari corrotti e restituzione dei campi sottratti: queste le rivendicazioni dei manifestanti che da settimane, letteralmente, urlano i loro diritti.
Negli ultimi giorni la tensione nel villaggio ha superato il livello di guardia. A gettare benzina sul fuoco è arrivata lunedì la notizia della morte di Xue Jinbo, incarcerato dagli agenti di polizia perché tra i leader delle proteste dello scorso settembre. La vicenda ha scatenato l'indignazione e la rabbia dei cittadini secondo cui le autorità avrebbero taciuto su quella che è la reale causa di morte dell'uomo offrendo una versione ufficiale falsa. "E' morto per insufficienza cardiaca, le altre cause sono da escludere" hanno dichiarato fonti del governo locale. Secondo quanto riferito da uno degli attivisti al quotidiano South China Morning Post, i familiari dell'uomo, cui è stato permesso vedere il corpo, hanno detto che l'uomo era coperto di lividi. Il sospetto della comunità è che i poliziotti abbiano torturato Xue per estorcergli una confessione. "Continueremo a protestare per ottenere giustizia per Xue Jinbo e per la nostra terra", ha assicurato un residente. Gli abitanti di Wukan vogliono indietro la salma del loro leader, ma le autorità negano la restituzione. "Non possono farlo, non ci sono leggi che ne vietino la restituzione" ha commentato il genero di Xue.
Ma dai governi locali non è arrivato alcun segno di apertura, mentre la polizia ha tentato di mettere a tacere i 'ribelli' tagliando i rifornimenti. Secondo quanto riferito dall'Associated press e da altre fonti giornalistiche, già dalla fine della scorsa settimana le forze dell'ordine hanno sbarrato le strade che portano a Wukan, bloccato i rifornimenti di cibo e acqua destinati al villaggio e impedito alla popolazione di uscire dal paese. "Lunedì sono stati ripristinati i rifornimenti di alcuni generi alimentari, ma le scorte scarseggiano e la polizia ci impedisce perfino di andare a pesca" ha spiega Qiu Yankun, proprietario di un piccolo negozio di strumenti per lavorare la terra. "Nessuno osa lasciare il paese. Per uscire dal villaggio bisogna firmare un foglio, ma non abbiamo capito per quale motivo. Siamo molto spaventati" ha aggiunto Qiu. Nessuna eccezione nemmeno per i bambini che per andare a scuola dovrebbero recarsi in pullman nel vicino centro abitato. L'ordine è tassativo e per gli autobus è impossibile entrare a Wukan. "Ci sono circa mille agenti. Tutte le entrate sono state bloccate e solo poche donne e bambini hanno avuto il permesso di passare", ha riferito un residente. Un fotografo dell'Afp, che aveva cercato di raggiungere il villaggio, è stato fermato in un checkpoint distante diversi chilometri dalla zona e scortato fino alla città di Shenzen.
Alla fine settembre era sembrato che le proteste dei residenti avessero prodotto qualche risultato. Gli ufficiali governativi del Guangdong avevano promesso di condurre delle indagini sulle appropriazioni e vendite illegittime di terreni collettivi. Dal canto loro, i rappresentanti dei villaggi avevano promesso di co-operare con il governo e di evitare "azioni troppo drastiche". Ma a quanto pare nulla è cambiato negli ultimi mesi.
di Sonia Montrella
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