Roma, 6 dic.- Sentenza di colpevolezza per l'Unione europea: l'Organizzazione mondiale del Commercio ha definito "discriminatorie" e "contrarie alle normative del WTO" le misure anti-dumping imposte alla Cina dall'Ue. In particolare, nel mirino ci sono i dazi quinquennali pari a 575 milioni di Euro imposti dall'Ue sull'importazione di prodotti in ferro o acciaio, provenienti dal Paese di Mezzo e diretti nell'Eurozona. La misura sarebbe stata varata allo scopo di livellare lo squilibrio provocato dalla "concorrenza sleale". Un'argomentazione che non ha convinto il WTO, secondo cui i calcoli di Bruxelles per stabilire se un bene deve essere sottoposto a dumping sono al di sotto del prezzo corrente. Immediata la risposta dell'Ue, che fa sapere di avere l'autorità per effettuare tali calcoli – basati su statistiche effettuate da altri Paesi – in quanto
Il braccio di ferro tra i due Paesi sulle procedure anti-dumping è iniziato il 9 febbraio del 2008 con l'entrata in vigore delle barriere doganali relative alle viti e bulloni Made in China. Un 'traguardo' cui i produttori erano giunti dopo una lunga battaglia iniziata a settembre del 2007, quando l'Eifi – Associazione europea dei produttori di minuteria metallica – aveva presentato una denuncia, sostenuta da una novantina di imprese comunitarie, contro le importazioni in dumping dalla Cina, in alcuni casi a prezzi addirittura inferiori a quelli della materia prima utilizzata per fabbricare viti e bulloni. Tra il 2004 e il 2007, si leggeva nel ricorso, l'import dalla Cina è passato da 295mila tonnellate a oltre 600mila, con il risultato che il tasso di utilizzo della capacità produttiva in Europa è crollato al 53 per cento. "Non si tratta di protezionismo – aveva riferito allora il sottosegretario al Commercio Adolfo Urso – ma di una doverosa azione di tutela secondo le regole del Wto per ripristinare le condizioni di mercato violate dalle aziende cinesi". La mossa non era andata giù al Dragone che aveva annunciato che, qualora i dazi fossero stati imposti, avrebbe presentato ricorso contro l'Europa proprio al WTO. Una promessa cui Pechino ha dato seguito il 31 luglio dello scorso anno, quando ha portato il caso all'attenzione dell'Organizzazione mondiale del Commercio, cui il Dragone ha formalmente aderito nel 2001. Da allora, un quarto delle controversie legali riguardanti l'anti-dumping che hanno coinvolto l'Organizzazione hanno visto il Dragone sedere sul banco degli imputati.
Il 23 ottobre il WTO ha costituito un panel di esperti per indagare sulla controversia. Venerdì, il verdetto della commissione ha assegnato la 'vittoria' a Pechino, invitando Bruxelles a liberarsi di codici e pratiche contrarie ai principi dell'Organizzazione e che riservano agli esportatori cinesi trattamenti poco equi. Intanto c'è chi è già pronto a scommettere che l'eco della decisione del WTO si avvertirà anche in altri settori oltre a quello dei prodotti di ferramenta. E la sentenza – dichiara Frederick Erixon, direttore del Centro europeo di economia politica internazionale – potrebbe determinare una minore flessibilità dell'Ue nelle controversie con
di Sonia Montrella
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