Pechino,13 giu.- Il Vietnam dà il via alle esercitazioni militari a fuoco, e nel Mar Cinese Meridionale le acque si fanno sempre più agitate. Le manovre navali, ha spiegato un ufficiale della marina vietnamita, si divideranno in due fasi: la prima - già in corso a largo dell'isola di Ho Ong, a 40 chilometri dalla costa - proseguirà per circa una decina di ore; mentre la seconda, che avrà inizio nel corso della serata, si protrarrà per sei ore. "Si tratta di semplici esercitazioni di routine e non hanno nulla a che vedere con il recente incidente che ha visto coinvolta la Cina" ha precisato il funzionario. Ma nonostante da Pechino non sia ancora giunto alcun commento, sono in molti a ritenere che la risposta cinese non tarderà ad arrivare. Nel frattempo, a prendere le difese del Gigante asiatico ci ha pensato il Global Times – quotidiano controllato dal Partito Comunista Cinese – che ha definito la mossa del Vietnam "un dispiegamento di forze che mira a provocare la Cina". L'ultima provocazione, dunque, di quel braccio di ferro divenuto ancora più stretto dalla scorsa settimana (questo articolo).
Negli ultimi giorni le relazioni tra i due Paesi sono precipitate bruscamente ai livelli più bassi dell'ultimo ventennio quando lo scorso giovedì, secondo fonti vietnamite, un'imbarcazione cinese ha sconfinato nelle acque territoriali del Vietnam nel tentativo di tranciare i cavi posti ad altra profondità da un'imbarcazione vietnamita. Rimasto intrappolato, l'equipaggio cinese ha richiamato sul posto altre due navi di Pechino, che hanno circondato la nave vietnamita. "Si tratta dell'ennesimo episodio di una campagna intenzionale e sistematica che la Cina ha avviato nei nostri confronti" aveva commentato la portavoce del governo di Hanoi. Il riferimento è chiaro: lo scorso il 26 maggio i cinesi avevano tagliato i cavi posati da un'altra nave vietnamita, mentre la stessa imbarcazione al centro dell'incidente di ieri - la Viking 2 - era già stata circondata da tre navi del Dragone alla fine del mese scorso.
Ma secondo Pechino "la nave vietnamita ha messo seriamente a repentaglio la vita e la sicurezza dei marinai cinesi" si legge nel comunicato stampa emesso dal ministero degli Esteri. "Nel condurre esplorazioni illegali alla ricerca di gas e petrolio nell'arcipelago delle Spratly e nella Wannan Bank – prosegue la nota - e nel fronteggiare una nave cinese, il Vietnam ha gravemente violato la sovranità cinese e il diritto marittimo". "Chiediamo al Vietnam di cessare ogni violazione – conclude il documento - e di non intraprendere altre violazioni che potrebbero complicare ed estendere la disputa".
Intanto ad Hanoi le strade si riempiono per la seconda settimana di dimostranti che chiedono a gran voce alla Cina di tenersi fuori dalle acque vietnamite, mentre il governo – da sempre intollerante alle manifestazioni resta a guardare la gente scesa in piazza rivendicando la territorialità del Paese.
Al di là della sovranità, sembra ormai evidente che dietro le dispute ci siano questioni di natura energetica. Proprio lo scorso aprile, il portale cinese di informazione economica China 5e, - legato al Falcon Group Investment, società di investimento fondata nel 1999 da partner cinesi - aveva annunciato che la Cina punta a produrre greggio e gas per l'equivalente di 500mila barili al giorno dai giacimenti nel Mar Cinese Meridionale nel 2015, e intende arrivare a quota un milione di barili nel 2020. Nel 2010 CNOOC – il leader cinese dell'offshore - ha ricavato dai giacimenti della zona circa 290mila barili: i nuovi obiettivi, quindi, indicano di fatto che Pechino intende più che triplicare l'estrazione nel giro di soli dieci anni.
Ma la Cina e il Vietnam non sono gli unici Paesi a rivendicare le isole Spratly e Paracel, il cui sottosuolo ricco di gas e petrolio fa gola anche a Filippine, Brunei, Taiwan e Malaysia.
di Sonia Montrella
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