VENDITA ARMI A GHEDDAFI, PECHINO SMENTISCE
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VENDITA ARMI A GHEDDAFI, PECHINO SMENTISCE

VENDITA ARMI A GHEDDAFI, PECHINO SMENTISCE

Politica internazionale
VENDITA ARMI A GHEDDAFI, PECHINO SMENTISCE
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Pechino, 5 set.- La Cina era davvero pronta a fornire armi al colonnello Muhammar Gheddafi nel luglio scorso, violando le sanzioni dell'ONU? Oppure si tratta di una falsa notizia, come sostiene la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Jiang Yu?

 

Nella vicenda ci sono tutti gli ingredienti per un intrigo internazionale capace di causare notevole imbarazzo. Secondo un articolo pubblicato venerdì dal quotidiano canadese Globe and Mail, alla fine di luglio tre società statali cinesi sarebbero state sul punto di concludere un affare da 200 milioni di dollari per rifornire l'ex Rais di Tripoli di lancia missili, missili anticarro e altri equipaggiamenti militari, tra cui il QW-18, la versione cinese del missile terra-aria Stinger.

 

Il Globe and Mail cita documenti segreti dei quali sarebbe venuto in possesso: a luglio gli alti ufficiali militari di Gheddafi sarebbero volati in gran segreto a Pechino per incontrare i vertici di Norinco, CPMIC e China XinXing Import & Export Corp. Queste società si sarebbero anche offerte di produrre altre armi su ordinazione, oltre alle scorte già disponibili, e avrebbero proposto di consegnarle con una triangolazione attraverso Algeria e Sudafrica per eludere l'embargo dell'ONU. L'Algeria, in particolare, sarebbe stato il paese ideale attraverso il quale consegnare ai libici gli armamenti cinesi, dato che Algeri possiede già nei suoi arsenali gli equipaggiamenti che Pechino intendeva a vendere a Tripoli e sarebbe stato sufficiente trasportarli attraverso il confine libico-algerino.

 

"Possediamo le prove di accordi tra la Cina e Gheddafi, e le mostreremo" ha dichiarato al New York Times il portavoce dei ribelli libici Abdulrahman Busin. Ma altre fonti, tra cui un alto diplomatico NATO e membri della squadra ONU che vigilano sul rispetto dell'embargo hanno bollato la notizia come "altamente improbabile", dichiarando di non avere mai ricevuto segnalazioni su  "presunti contratti per la compravendita di armamenti tra Cina e Libia".

 

"È vero che rappresentanti del governo di Muammar Gheddafi hanno visitato Pechino a luglio alla ricerca di rifornimenti di armi, ma nessun accordo è stato siglato e nessun tipo di arma è stata consegnata a Tripoli - ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Jiang Yu -,le società cinesi non hanno fornito alcun equipaggiamento militare alla Libia, né in forma diretta né in forma indiretta".

 

Pechino non ha mai appoggiato la risoluzione dell'ONU che autorizzava all'impiego della forza contro il regime di Gheddafi, ma non ha neanche utilizzato il potere di veto che le spetta come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Insieme a Mosca ha ripetutamente posto all'ONU la questione dei rifornimenti di armi ai ribelli, chiedendo di stabilire se tali aiuti fossero contrari all'embargo o meno. La Cina, inoltre non ha ancora riconosciuto il Consiglio di Transizione Nazionale come il nuovo legittimo governo libico, pur avendo ricevuto la visita di alcuni dei suoi emissari.

 

La Cina afferma da sempre di rigettare le ingerenze nelle questioni interne degli stati sovrani. Ma il Dragone vanta anche numerosi interessi a Tripoli: China National Petroleum Corp (CNPC), il principale produttore di gas e petrolio cinese, è presente in Libia dal 2002 e gode di diverse concessioni sui giacimenti di gas e petrolio del paese. CNPC aveva annunciato alla fine di febbraio la sospensione della produzione in Libia e la completa evacuazione dei suoi dipendenti in seguito a una serie di attacchi agli impianti che secondo numerosi media cinesi hanno causato "decine di milioni di renminbi" di danni (pari a milioni di euro).

 

Secondo dati del ministero del Commercio cinese, all'inizio delle operazioni militari nel mese di marzo in Libia erano presenti 75 grandi società cinesi, che avevano fino a quel momento concluso contratti per circa 18 miliardi di dollari. L'operazione NATO sta dunque causando alla Cina immense perdite economiche.

 

Pechino, inoltre, starebbe ostacolando lo scongelamento degli asset del deposto regime di Muammar Gheddafi a favore delle nuove autorità libiche: l'accusa proviene dal capo del Consiglio Nazionale Transitorio Mustafa Abdel Jalil, il quale ha aggiunto che il premier Mahmoud Jibril, ha incontrato un rappresentante del governo cinese per capire molto questa "imprevista" posizione. Intanto da Pechino, il viceministro degli Esteri cinese, Zhai Jun, ha assicurato che il Consiglio Nazionale Transitorio rispetterà gli accordi firmati con la Cina prima del conflitto. Zhai, secondo il quotidiano "China Daily", ha dichiarato che "la Cina ha un grande capacità e potenziale per aiutare nella ricostruzione", secondo i rappresentanti del Cnt, a cui il politico cinese ha chiesto che formino "un governo inclusivo".

 

"Speriamo che la Libia si stabilizzi il prima possibile, il che e' qualcosa atteso da tutta la sua popolazione e dai Paesi vicini", ha detto Zhai dopo la riunione con i rappresentanti del Cnt e di oltre 60 Paesi, giovedi' a Parigi.

 

di Antonio Talia

 

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