di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 14 lug. - Si trova in custodia cautelare in Canada Su Bin, l'industriale cinese accusato di pirateria informatica per avere rubato informazioni riservate alla Boeing e ad altre industrie legate alla Difesa statunitense. Tra le informazioni sottratte ci sarebbero anche alcune riguardanti gli ultimi caccia made in Usa, gli F-22 e gli F-35, secondo quanto traspare dalle indagini nei suoi confronti condotte in California. Su Bin, o Stephen Su, secondo il nome che utilizza negli Usa, avrebbe sottratto i dati tra il 2009 e il 2013 assieme ad altri due complici rimasti anonimi e avrebbe tentato di rivendere ai gruppi di Stato cinesi le informazioni di cui era entrato in possesso.
Stephen Su, cittadino cinese residente in Canada, è a capo della Lode Technologies, un gruppo che sviluppa tecnologie per l'aviazione con base in Cina e uffici, appunto, in Canada. Su è stato fermato in Canada il 28 giugno scorso, dove è residente ma non ha ancora la cittadinanza, e rimarrà in custodia fino al 18 luglio prossimo. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, i pirati informatici guidati da Stephen Su sarebbero riusciti a penetrare nei network della Difesa Usa per sottrarre le informazioni sulle tecnologie di Difesa. "Siamo profondamente preoccupati riguardo ai furti informatici - ha affermato il portavoce Marc Raimondi - e abbiamo chiarito più volte che gli Stati Uniti continueranno a usare tutti gli strumenti a disposizione del governo per rafforzare la sicurezza informatica e contrastare il cyber-crimine".
La stessa Boeing ha emesso un comunicato in cui si dice pronta a collaborare con le autorità degli Stati Uniti nella cattura dei responsabili di crimini informatici ai danni del gruppo o di altre compagnie americane. Le accuse nei confronti dell'imprenditore di origini cinesi arrivano a pochi giorni dalla fine dei colloqui bilaterali tra Cina e Usa a Pechino, dove si è parlato anche di sicurezza informatica, un tema che divide da tempo le due sponde del Pacifico, senza però raggiungere risultati apprezzabili. Proprio durante i colloqui, il New York Times scriveva che a marzo scorso alcuni pirati informatici si erano introdotti illegalmente nei database federali per accedere ai profili di migliaia di candidati a missioni top secret, proprio mentre lo stesso segretario di Stato americano, John Kerry si trovava in visita ufficiale in Cina. Nonostante, secondo quanto ammesso dallo Stesso Kerry, la violazione dei network federali non abbia "compromesso materiale sensibile", lo spionaggio informatico cinese "ha danneggiato il nostro business e minacciato la competitività della nostra nazione".
Prima ancora, al centro della disputa sullo spionaggio informatico, c'erano state le accuse di un tribunale degli Stati Uniti nei confronti di cinque funzionari dell'esercito cinese appartenenti all'unità 61398, colpevoli di avere sottratto segreti industriali a gruppi statunitensi del nucleare, del solare e del siderurgico e di altri settori strategici. La Cina aveva risposto alle accuse dichiarando che si trattava di "fatti inventati" e che le indagini nei confronti dei funzionari da parte delle autorità Usa avrebbero potuto "mettere a repentaglio la cooperazione tra Cina e Stati Uniti". Toni molto più concilianti, invece, sono stati usati settimana scorsa dal presidente cinese Xi Jinping, adesso in viaggio verso il Sud America, che aveva aperto i lavori del Forum Economico e Strategico Cina-Usa, ribadendo che un confronto tra le due sponde del Pacifico potrebbe trasformarsi in un "disastro" per entrambi i Paesi e ha sottolineato l'importanza di costruire un "nuovo modello di relazioni" tra i due Paesi per il futuro.
14 luglio 2014
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