TIANJIN: OMBRE AL VERTICE SUL CLIMA
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TIANJIN: OMBRE AL VERTICE SUL CLIMA

TIANJIN: OMBRE AL
VERTICE SUL CLIMA

Ambiente
TIANJIN: OMBRE AL VERTICE SUL CLIMA
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Pechino, 12 ott. - Si è concluso con molte ombre il vertice sul clima di Tianjin organizzato dallo United Nations Framework Convention of Climate Change (UNFCCC). A parte una tiepida convergenza di vedute , tutto sembra essere rinviato al vertice di Cancun del prossimo mese nel quale dovranno essere affrontate una serie di problematiche, riguardanti per lo più il difficile rapporto con le Economie Emergenti nel campo della finanza climatica e della cooperazione tecnologica, nella riduzione della deforestazione tropicale e dei cambiamenti climatici. E proprio lunedì si è tenuto l'incontro conclusivo della lunga settimana di negoziazioni di Tianjin, incontro che ha coinvolto i Paesi in via di sviluppo del BASIC (Brasile, Sud-Africa, India e Cina) e altri paesi appartenenti al G-77 tra cui Yemen, Etiopia, Grenada,Egitto e Argentina. I principali Paesi  in via di sviluppo vogliono contare di più, convinti della necessità  - India in testa - di proporre essi stessi le modalità per le analisi e le consultazioni internazionali, e pronti a rifiutare la sottoscrizione di qualsiasi accordo di riduzione e calcolo delle emissioni che non tenga conto anche delle loro decisioni. Il problema ruota intorno alle Analisi e Consultazioni internazionali concordate durante l'ultimo summit di Copenaghen,  che imporrebbe ai paesi emergenti  la chiarificazione di dati e  la metodologia per calcolare i risultati delle azioni di riduzione delle emissioni, senza permettere però eventuali discussioni sull'adeguatezza  delle azioni prese per affrontare le sfide del cambiamento climatico. "E' meglio presentare un modello, prima che ce ne venga imposto uno dai paesi sviluppati" ha dichiarato un funzionario per l'ambiente indiano. Altro punto dolente che non ha ottenuto risposta dal summit di Tianjin (e che si trascinerà inevitabilmente al vertice di Cancun) è il futuro del protocollo di Kyoto: dall'incontro a New York del Major Economic Forum (MEF) di settembre, gli Stati Uniti avevano proposto un accordo internazionale per la drastica riduzione delle emissioni dei Paesi sviluppati, e per una riduzione relativa per  le Economie in crescita, in base al PIL.  E intanto gli Stati Uniti continuano ad insistere sull'imposizione di azioni vincolanti sulle emissioni cinesi: il negoziatore per l'ambiente statunitense, Todd Stern, ha dichiarato in un discorso alla US University che Pechino non può premere per il taglio delle emissioni dei gas effetto serra degli altri paesi, mentre la Cina adotta per sé solo obiettivi fondati sul volontariato domestico. Dichiarazioni che hanno suscitato l'ira del Dragone, che per  bocca del negoziatore sui cambiamenti climatici, Su Wei, paragona gli USA, primo paese inquinante subito seguito dalla Terra di Mezzo, ad "un maiale che si pavoneggia allo specchio"  (riferimento al personaggio del romanzo cinese  classico "Viaggio verso occidente") che per coprire il fallimento della riduzione delle sue emissioni di diossido di carbonio  scarica il peso delle responsabilità sulla Cina e sugli altri Paesi in via di sviluppo. Tra tensioni e frecciate, Il divario tra i testi lasciati sul tavolo delle trattative di Tianjin e le fondamentali decisioni  che andrebbero  elaborate  in vista dell'incontro di Cancun è ancora profondo.   di Veronica Scarozza  
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