TIANJIN: OMBRE AL VERTICE SUL CLIMA

E proprio lunedì si è tenuto l'incontro conclusivo della lunga settimana di negoziazioni di Tianjin, incontro che ha coinvolto i Paesi in via di sviluppo del BASIC (Brasile, Sud-Africa, India e Cina) e altri paesi appartenenti al G-77 tra cui Yemen, Etiopia, Grenada,Egitto e Argentina. I principali Paesi in via di sviluppo vogliono contare di più, convinti della necessità - India in testa - di proporre essi stessi le modalità per le analisi e le consultazioni internazionali, e pronti a rifiutare la sottoscrizione di qualsiasi accordo di riduzione e calcolo delle emissioni che non tenga conto anche delle loro decisioni.
Il problema ruota intorno alle Analisi e Consultazioni internazionali concordate durante l'ultimo summit di Copenaghen, che imporrebbe ai paesi emergenti la chiarificazione di dati e la metodologia per calcolare i risultati delle azioni di riduzione delle emissioni, senza permettere però eventuali discussioni sull'adeguatezza delle azioni prese per affrontare le sfide del cambiamento climatico. "E' meglio presentare un modello, prima che ce ne venga imposto uno dai paesi sviluppati" ha dichiarato un funzionario per l'ambiente indiano. Altro punto dolente che non ha ottenuto risposta dal summit di Tianjin (e che si trascinerà inevitabilmente al vertice di Cancun) è il futuro del protocollo di Kyoto: dall'incontro a New York del Major Economic Forum (MEF) di settembre, gli Stati Uniti avevano proposto un accordo internazionale per la drastica riduzione delle emissioni dei Paesi sviluppati, e per una riduzione relativa per le Economie in crescita, in base al PIL.
E intanto gli Stati Uniti continuano ad insistere sull'imposizione di azioni vincolanti sulle emissioni cinesi: il negoziatore per l'ambiente statunitense, Todd Stern, ha dichiarato in un discorso alla US University che Pechino non può premere per il taglio delle emissioni dei gas effetto serra degli altri paesi, mentre
di Veronica Scarozza
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