Pechino, 24 mar.- Prezzi record per i minerali terre rare a febbraio, mentre il governo conferma l'applicazione di una nuova imposta a partire dal primo aprile: le statistiche dell'Ufficio delle Dogane cinese mostrano che il mese scorso i prezzi medi di questi metalli hanno per la prima volta superato la fatidica soglia dei 100 dollari a tonnellata, raggiungendo i 109.36 dollari. Nel luglio dello scorso anno il prezzo si aggirava intorno ai 14 dollari a tonnellata, ma da allora le terre rare hanno subito un aumento medio di 10 dollari al mese, che nel periodo tra gennaio e febbraio ha subito un'accelerazione da 34 dollari. Il ministero delle Finanze di Pechino, inoltre, ha confermato che a partire dal mese prossimo verrà applicata un'imposta di 60 yuan (circa 6.5 euro) per ogni tonnellata di prodotto.
La questione terre rare è esplosa alcuni mesi fa: si tratta di un gruppo di 17 minerali utilizzati nella produzione di numerosi prodotti high tech quali iPod, Blackberry, ma anche turbine eoliche, componenti per auto ibride e alcuni sofisticati equipaggiamenti militari. Pechino detiene la maggior parte delle riserve globali di queste risorse, ma soprattutto controlla tra il 90% e il 95% delle esportazioni. Nell'estate dell'anno scorso, però, la Cina ha dichiarato che avrebbe ridotto le quote di terre rare destinate all'export: l'estrazione di queste risorse comporterebbe costi ambientali eccessivamente elevati. In molti, però, hanno visto nella mossa del Dragone una manovra per favorire quel processo di passaggio dal manifatturiero comune all'industria hi tech che rientra da tempo nei piani del governo, oltre che uno strumento per esercitare pressioni diplomatiche all'estero.
Solo qualche mese fa il ministero del Commercio cinese ha annunciato un ulteriore taglio di circa il 35% delle esportazioni per i primi sei mesi del 2011 (questo articolo) e a metà febbraio il Consiglio di Stato ha varato nuovi regolamenti, più severi, sempre in nome dell'eccessivo impatto ambientale derivato dall'estrazione (questo articolo). Ma mentre i prezzi aumentano, le esportazioni collassano: i dati della dogana mostrano che a febbraio Pechino ha esportato 750 tonnellate di terre rare, poco più delle 647 di gennaio, ma pur sempre i livelli più bassi dal febbraio 2009, quando la domanda era stata abbattuta dalla crisi finanziaria globale. Per non evidenziare i cali dell'export l'Ufficio delle Dogane, inoltre, ha modificato il metodo di conteggio: dall'inizio dell'anno nelle esportazioni vengono inclusi non solo i minerali grezzi, ma anche i prodotti finiti che li contengono. Un trucco di contabilità creativa che però non impedisce ad osservatori e analisti di sottolineare come, senza i prodotti finiti, a febbraio l'export sia calato del 41.5% in meno rispetto allo stesso mese del 2010. E mentre in Europa si pensa ad aprire una controversia contro la Cina in sede WTO, alcune aziende come la californiana Molycorp e l'australiana Lycos preparano un'alternativa alle terre rare cinesi andando alla ricerca di nuovi filoni in giro per il mondo.
di Antonio Talia
© Riproduzione riservata