Pechino, 29 set.- Almeno uno dei punti della disputa tra Giappone e Cina sembra in via di risoluzione: fonti commerciali giapponesi riferiscono che Pechino avrebbe ripreso l'export dei minerali "terre rare" verso Tokyo, che risultava bloccato dal 21 settembre scorso. "Le forniture subiscono ancora dei ritardi, - ha dichiarato alla Reuters una delle fonti- e ci sono lunghe file ai controlli prima delle spedizioni". La Cina ha smentito il blocco a più riprese, ma diverse aziende giapponesi avevano protestato contro quello che sembrava a tutti gli effetti un bando non dichiarato, attuato come ritorsione contro Tokyo per la vicenda del peschereccio cinese trattenuto al largo delle isole Diaoyu-Senkaku: le "terre rare" sono 17 metalli (cerio, lantanio, europio, itterbio, etc.) che, pur occupando i posti più bassi nella Tavola degli Elementi, costituiscono una risorsa fondamentale per la produzione di componenti a tecnologia avanzata, dai computer agli iPhone, dalle lampadine a basso consumo ai componenti per le pale eoliche, dai sistemi di controllo dei missili balistici e dei carri armati fino alle batterie al litio e ai motori elettrici per automobili ''ibride''. Pechino detiene un monopolio di fatto su queste risorse strategiche; si stima infatti che il 53% delle riserve globali di minerali "terre rare" si trovi su territorio cinese, ma che dalla Cina provenga ben il 95%-97% dei metalli di questo tipo impiegati dall'industria mondiale.
Il Giappone, che acquista da Pechino circa la metà della produzione totale, è particolarmente vulnerabile, ma un eventuale blocco causerebbe danni notevoli anche a Unione europea e Stati Uniti, dato che una fornitura continua è di importanza cruciale per moltissime industrie: la Cina ha già tagliato del 40% le quote destinate all'esportazione per il 2010, e nel giugno scorso Baotou Steel Rare Earth High-Tech Co e Jiangxi Copper Corp - i due colossi cinesi del settore - hanno annunciato l'intenzione di creare un meccanismo unificato per determinare i prezzi nazionali, una mossa che secondo molti analisti porterà di fatto il Dragone a controllare i costi globali. Dopo anni di sfruttamento indiscriminato –l'estrazione dei metalli "terre rare" comporta costi ambientali elevatissimi - Pechino sembra sempre più interessata a fabbricare ed esportare i prodotti tecnologici finiti, anziché vendere all'estero le risorse grezze che poi verranno trasformate; una mossa che soddisfa in pieno anche l'obiettivo del governo di convertire all'hi-tech l'immenso settore manifatturiero cinese. "Ritengo che il Giappone debba diversificare le sue forniture - ha dichiarato ieri il ministro giapponese del Commercio Akihiro Ohata - e acquistare tali risorse anche da altri paesi quali Canada, Stati Uniti e Vietnam".
Toyota, nel frattempo, è già corsa ai ripari, annunciando la creazione di una task-force sulle "terre rare" necessarie alla produzione di auto ibride che, secondo indiscrezioni, avrebbe già firmato alcuni accordi con Lynas Corp., una società mineraria australiana. "Non esiste alcun blocco sulle terre rare" ha riaffermato ieri il portavoce del ministero del Commercio di Pechino Chen Rongkai. La controversia tra Pechino e Tokyo era scoppiata l'8 settembre scorso, quando la marina giapponese aveva bloccato un peschereccio cinese al largo delle isole Diaoyu-Senkaku, nel Mar della Cina Orientale, oggetto da anni di una contesa territoriale tra i due paesi. Il capitano dell'imbarcazione, Zhan Qixiong, è stato rilasciato solo la settimana scorsa, ma la vicenda ha precipitato le relazioni tra i due paesi ai minimi storici degli ultimi anni.
di Antonio Talia
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