Pechino, 20 dic. - Balzo delle esportazioni di terre rare dalla Cina: secondo i dati forniti dalla dogana di Pechino nel mese di novembre l'export di questi minerali ha raggiunto quota 2090 tonnellate, più del doppio del volume registrato nel mese precedente, per il valore di circa 121 milioni di dollari. L'attenzione al fenomeno delle terre rare è in costante aumento sui mercati di tutto il mondo: si tratta di 17 minerali fondamentali per la fabbricazione di numerosi prodotti hi-tech -dalle pale eoliche agli schermi per computer, dalle automobili ibride ad altre apparecchiature per lo sfruttamento delle energie rinnovabili - dei quali Pechino detiene una sorta di monopolio. Secondo numerose stime, infatti, circa il 60% delle riserve mondiali di queste risorse è custodito nel sottosuolo cinese ma - a causa degli elevati oneri ambientali necessari per l'estrazione, che non tutte le nazioni sono disposte ad assumersi - Pechino detiene più del 90% della produzione globale.
Nel 2010 la Cina ha già tagliato del 40% le quote destinate all'export, ed ha annunciato un aumento delle imposte doganali a partire dal 2011; i dati ufficiali mostrano che nel periodo gennaio-novembre di quest'anno le esportazioni di terre rare dal Paese di Mezzo hanno registrato un record senza precedenti, un balzo del 171% fino a quota 630.5 milioni di dollari, contro i 232.5 milioni registrati nello stesso arco di tempo dell'anno scorso. E se aumenta l'export e si riducono di pari passo le quote che Pechino spedisce all'estero, crescono anche i prezzi: il costo medio di una tonnellata di terre rare nel mese di novembre ha toccato quota 57 mila dollari contro i 42mila di ottobre, e i prezzi medi sono quasi quadruplicati da luglio in poi (leggi questo articolo)
Molti esportatori temono che la Cina possa operare ulteriori strette su questi minerali, e stanno accaparrandosi quante più riserve possibili: a settembre, nel corso della crisi tra Pechino e Tokyo seguita alla detenzione del comandante di un peschereccio cinese al largo di un arcipelago di isole contestate, le autorità nipponiche accusarono la Cina di aver sospeso l'esportazione di terre rare come forma di ritorsione (leggi questo articolo e questo articolo). Il prossimo anno le tasse sull'export di alcuni minerali terre rare – come il neodimio, utilizzato per le batterie di auto ibride e nella componentistica per i Blackberry - potrebbero arrivare al 25%, e per quanto Pechino sostenga da tempo che non intende utilizzare tali ricchezze per esercitare pressioni sull'estero, da mesi il dibattito sulla necessità di ampliare le fonti di approvvigionamento si fa sempre più intenso. A Mountain Pass, in California, la società statunitense Molycorp Inc. si prepara a riprendere le estrazioni in una miniera chiusa da tempo. Oltre alla Molycorp, le altre società con azionisti non cinesi leader del settore sono Lycos Corp e Arafura Resources (Australia) e AS Silmet (Estonia).
Antonio Talia
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