Pechino, 17 mag.-Il fronte dei paesi che premono sulla Cina per un apprezzamento dello yuan si allarga: il ministro delle Finanze di Singapore Tharman Shanmugaratnam si è espresso a favore di una rivalutazione della moneta cinese. "Il tasso di cambio fisso rappresentava un'ancora in un periodo in cui la tempesta dell'instabilità soffiava ovunque,- ha detto Shanmugaratnam nel corso della trasmissione della CNN condotta da Fareed Zakaria- ma adesso ritengo che un aumento graduale del valore dello yuan sarebbe un gesto apprezzabile, capace di contenere il livello dell'inflazione e garantire migliori standard di vita alla popolazione cinese". La città-stato di Singapore, che si separò dalla Confederazione Malese nel 1965, rappresenta una delle realtà economiche di maggiore successo di tutta l'Asia, tanto da ispirare in una certa misura la stessa Cina ai tempi delle prime riforme, ed è un importante partner commerciale per il Dragone. Singapore va così ad aggiungersi alle pressioni esercitate negli ultimi mesi da diverse nazioni, USA e Ue in testa: dopo tre anni in cui la moneta era stata rivalutata in base a un meccanismo di fluttuazione controllata, nel luglio 2008 la Cina aveva ancorato di nuovo lo yuan al dollaro, una mossa che, oggi, secondo numerosi partner commerciali è in grado di fornire un vantaggio sleale all'economia del Dragone. Nonostante la posizione ufficiale della Cina sulla questione dell'apprezzamento sia ferma, negli ultimi mesi parecchi analisti hanno colto i segnali di un ammorbidimento che lascerebbero presagire una rivalutazione imminente: Guan Tao, il funzionario a capo del dipartimento della bilancia internazionale dei pagamenti presso la State Administration of Foreign Exchange di Pechino, ha sottolineato oggi in un'intervista al China Securities News che i capitali speculativi che stanno affluendo in Cina in previsione di aumento del valore dello yuan sono in salita; ma invece di accusare solamente gli "speculatori stranieri", ha dichiarato che gli autori delle manovre sono in buona parte attori cinesi, motivati anche dai bassi tassi americani. "Controlli più penetranti stanno dissuadendo le compagnie cinesi dal raccogliere fondi all'estero e rimpatriarli. Una parte della responsabilità va addebitata anche alle banche, che stanno cercando altri mezzi per ripianare le loro riserve di capitali", ha detto Guan. Il timore di un massiccio afflusso di capitali speculativi, capaci di precipitare il paese in una spirale inflattiva, è da tempo uno dei cavalli di battaglia della leadership cinese contro l apprezzamento dello yuan. Ma nonostante il segretario di Stato Timothy Geithner abbia più volte dichiarato che la rivalutazione sia "questione di mesi", la crisi greca potrebbe spostare la manovra ancora più avanti nel tempo se si verificasse un calo delle esportazioni cinesi verso il Vecchio Continente. La valuta di Singapore, anch'essa un'economia basata sulle esportazioni, si è già apprezzate nel corso dell'anno.
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