Shanghai dice basta al figlio unico
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Shanghai dice basta al figlio unico

Shanghai dice basta al figlio unico

Cina. Al via nella capitale economica e finanziaria del paese la prima campagna a sostegno delle nascite
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Dario Aquaro
Contrordine. Basta con la politica dei "piccoli imperatori", qui si invecchia, figliate di più. Non che alla trentennale legge cinese sul "figlio unico" non fossero previste deroghe, ma quella lanciata a Shanghai è la prima campagna di informazione a incoraggiare pubblicamente le eccezioni alla regola. Con visite porta a porta e depliant illustrativi, funzionari del dipartimento per la pianificazione familiare e volontari inviteranno le coppie della metropoli ad avere un secondogenito: non tutte però, solo quelle formate da figli unici.
Causa invecchiamento della popolazione, quindi, la linea ufficiale di Pechino può essere tradita a Shanghai. Disinnescare la bomba demografica ha favorito sì la crescita economica degli ultimi decenni, ma la city della finanza e capitale del boom industriale è da tempo alle prese con la carenza di manodopera. «Raccomandiamo alle coppie qualificate di avere due bambini, per aiutare a ridurre la percentuale di anziani», ha spiegato Xie Lingli, direttore della pianificazione familiare di Shanghai. Per effetto delle restrizioni, queste coppie sono in continua crescita: erano 4.600 nel 2005; 7.300 l'anno scorso.
Le nuove nascite oggi caldeggiate dovrebbero permettere di bilanciare il crescente invecchiamento della città più popolata di Cina, con quasi 20 milioni di abitanti. Zhang Meixin, portavoce per la pianificazione familiare: «A Shanghai gli ultrasessantenni hanno superato i tre milioni, il 21,6% della popolazione residente». Una proporzione destinata a raggiungere il 34% entro il 2020. «Se tutte le coppie idonee avessero dei bambini - spiega Zhang - questo aiuterebbe sicuramente ad alleviare la pressione sul lungo termine». L'analisi dell'americano Center for strategic and international studies, pubblicata ad aprile, prevede che dal 2050 in Cina ci saranno oltre 438 milioni di cittadini sopra i 60 anni d'età, e oltre 100 milioni di ultraottantenni. Il rapporto tra adulti in età lavorativa e pensionati sarà di 1,6 contro il 7,7 del 1975, con pesanti ripercussioni in un paese che non ha un vero welfare state e in cui la previdenza è lasciata a risorse individuali e all'assistenza filiale. Xie: «Il numero crescente di persone anziane peserà sempre di più sulle giovani generazioni e sulla società. Dobbiamo trovare il modo di risolvere il problema, senza per questo stravolgere la politica di pianificazione familiare».
Con una politica diversa, Pechino potrebbe ancora invertire la tendenza. I due terzi delle donne cinesi vorrebbero avere due o più figli per evitare di mettere al mondo bambini viziati o solitari. "Piccoli imperatori", così chiamano i figli unici oggetto di amore e cure eccessive. Nel marzo scorso, all'assemblea nazionale del popolo, alcuni parlamentari avevano avanzato la proposta di ammorbidire i divieti alla procreazione: «Va incoraggiato chi fa un figlio solo, bisogna permettere di farne due, vietarne tre, premiare chi non fa figli».
Ma lo scontro tra falchi e colombe interno al governo ha conservato sostanzialmente la legge, lanciata tra fine anni Settanta e primi Ottanta dall'allora premier Deng Xiaoping, ambigua e zeppa di deroghe. L'idea originaria di contenere l'aumento demografico ha trovato un'applicazione irregolare. La politica del figlio unico si applica in pratica solo alla popolazione urbana, il 36% del totale. Sono previste eccezioni per le minoranze etniche, l'11% dei cinesi, a cui è consentito di avere anche più di due bambini. Per le famiglie che vivono nelle aree rurali di 19 province (52,9% della popolazione) alle quali è concesso un secondo figlio se il primo parto ha dato una femmina. Altre deroghe sono contemplate per i cinesi che rimpatriano, per le coppie a un secondo matrimonio e per quelle di figli unici. E per i ricchi, naturalmente, che non hanno problemi a pagare multe salate, e che possono andare a partorire all'estero o ad Hong Kong, autonoma ed esente da controlli.
Decenni di vincoli demografici hanno causato un profondo squilibrio di genere. Il controllo delle nascite e la predilezione per il maschio ha portato all'uso diffuso degli aborti selettivi. Ma ai duri e puri della regola, ulteriori eccezioni non vanno giù: in trent'anni, sostengono, sono nate 400 milioni di persone in meno rispetto a quanto sarebbe accaduto senza limitazioni. L'obiettivo della Cina resta quello di mantenere la popolazione totale sotto gli 1,36 miliardi entro la fine dell'anno.
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Pianificazione
La legge del figlio unico fa parte delle politiche di controllo delle nascite attuata dal governo cinese nell'ambito della pianificazione familiare
Introdotta nel 1979 da Deng Xiaoping (a destra nella foto) per contrastare il forte aumento demografico, vieta alle donne di avere più di un figlio e impone penalità alle coppie che disattendono la prescrizione, concedendo invece degli incentivi a chi la rispetta
Dopo forti proteste nelle campagne, le norme sono state riviste per eliminarne alcune rigidità. Oggi il divieto si applica alla sola popolazione urbana, il 36% del totale. Sono previste deroghe per le minoranze etniche (11%); per le famiglie nelle aree rurali di 19 province (53%); per i cinesi che rimpatriano; per le coppie al secondo matrimonio e per quelle composte da figli unici
In trent'anni sono nate 400 milioni di persone in meno. Ma i vincoli demografici hanno causato un profondo squilibrio di genere: la preferenza per i figli maschi ha diffuso la pratica degli aborti selettivi. Dal 2050 in Cina ci saranno oltre 438 milioni di ultrasessantenni e 100 milioni di ultraottantenni
A Shanghai gli over 60 sono il 21,6% dei residenti; entro il 2020 saranno il 34 per cento. La città ha lanciato una campagna di sostegno alle nascite (nella foto sopra l'affissione dei volantini)

25/07/2009
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