SENATO USA RIMANDA VOTAZIONE SU NORMA "ANTI-CINA"
Pechino, 7 ott.- Dopo una settimana di discussione il Senato americano ha deciso nella notte di giovedì di rimandare la votazione sulla controversa bozza di legge che, se approvata, potrebbe condurre all'introduzione di nuove tariffe sull'importazione di beni e prodotti cinesi.
La votazione è stata rimandata a martedì prossimo a causa di una disputa tra democratici e repubblicani in merito agli emendamenti, al termine di una serrata discussione in cui - secondo quanto riporta la Reuters - "entrambe le parti hanno espresso la loro frustrazione per le procedure del Senato".
Da Pechino non si è ancora levata alcuna voce ufficiale, probabilmente a causa delle festività di ottobre che tradizionalmente paralizzano il Paese per sette giorni: con la pausa di una settimana concessa alle consuete conferenze stampa del ministero degli Esteri cinese, le risposte erano state affidate nei giorni scorsi a una scia di comunicati dai toni estremamente aspri.
Con una nota diramata martedì scorso il portavoce del ministero Ma Zhaouxu ha reso noto che la Cina "si oppone inflessibilmente a questa norma" e che la sua approvazione "minaccia seriamente le relazioni sino-americane sul piano economico e commerciale". Il ministero degli Esteri cinese ha poi invitato gli Stati Uniti a "non proiettare la questione della rivalutazione dello yuan su un piano politico".
Ma a questo punto l'approdo della bozza al Senato aveva ormai scatenato un fuoco di fila da parte cinese: "Ogni mossa degli Stati Uniti per forzare la Cina ad apprezzare lo yuan mette a repentaglio i tentativi comuni per ristabilire la crescita economica globale" si legge in un comunicato del ministero del Commercio diffuso sempre martedì, mentre secondo la Banca centrale di Pechino la norma "non solo non risolverà i problemi dell'economia statunitense, ma potrebbe gravemente influenzare l'intero processo con cui la Cina sta riformando il proprio meccanismo di tasso di cambio, e potrebbe anche condurre a una guerra commerciale alla quale non vogliamo assistere".
La bozza di legge, che gode di un sostegno bipartisan, ha come bersaglio tutte le "valute straniere che vengono scambiate a un valore inferiore a quello reale" e appare rivolta principalmente contro Pechino: se approvata, consentirebbe alle aziende Usa di chiedere al governo di adottare imposte per bloccare l'import di beni cinesi. Anche se l'applicazione delle nuove tasse contro la concorrenza sleale andrebbe adottata caso per caso, ci sono i presupposti per una dura battaglia commerciale contro Pechino: da anni Washington accusa la Cina di mantenere lo yuan troppo debole rispetto al suo valore effettivo, dato che la moneta cinese è solo parzialmente convertibile e il suo tasso di cambio veine deciso di volta in volta dalla Banca centrale. Una forma di "dumping monetario", secondo i senatori statunitensi, che consente al Dragone di avvantaggiarsi slealmente a scapito dei prodotti di altre nazioni.
Mentre giovedì la votazione finale al Senato veniva rimandata, da Washington partivano altre bordate contro Pechino, e ai massimi livelli: nella sua prima conferenza stampa dal luglio scorso Barack Obama ha dichiarato senza mezzi termini che la Cina manipola la sua valuta e "compie trucchi" con il sistema di scambi commerciali. Nei giorni scorsi, tuttavia, la Casa Bianca non ha adottato una posizione definitiva sulla norma in discussione, limitandosi a "condividerne l'obiettivo", in quello che appare un tentativo di ostacolare i repubblicani.
Altre accuse sono arrivate da Ron Kirk, a capo dello USTR (United States Trade Representative), l'agenzia statunitense che si occupa di suggerire al presidente la politiche commerciali: Kirk ha definito la situazione "intollerabile", sostenendo che la Cina non ha notificato all'Organizzazione Mondiale del Commercio "circa 200" programmi di sussidi governativi, ossia aiuti di Stato forniti direttamente dal governo di Pechino alle aziende cinesi.
Adesso i riflettori sono puntati a martedì prossimo, quando il Senato dovrebbe finalmente votare la bozza di legge e i funzionari cinesi, rientrati dalle vacanze, potranno riprendere il duello a distanza con l'altra sponda del Pacifico.
di Antonio Talia
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