Roma, 30 mag.- Non accenna a scendere la tensione in Mongolia Interna. Mentre le autorità cinesi impongono la legge marziale in diverse zone della regione autonoma e ordinano un ulteriore dispiegamento delle forze dell'ordine lungo le strade e le piazze della capitale Hohhot, i mongoli si preparano a scendere di nuovo in piazza. Lo rende noto l'organizzazione statunitense Southern Mongolian Human Rights Information Center (Smhric) secondo cui è prevista per oggi una "nuova proteste a livello regionale". Non solo. La minoranza mongola invita i sostenitori a recarsi presso le ambasciate cinesi di tutto il mondo e far sentire la propria voce. Intanto nella regione internet funziona a singhiozzo, sul web la digitalizzazione di "Mongolia Interna" non produce risultati, mentre la polizia ha vietato a due giornalisti della Reuters di effettuare riprese o interviste.
A innescare la miccia nella regione autonoma della Mongolia interna – i cui scontri tra la minoranza mongola e la popolazione han non sono meno rari di quelli che si verificano in Tibet – è stata la morte del pastore nomade avvenuta lo scorso 10 maggio (questo articolo). Mergen – questo il nome dell'uomo - è stato infatti investito e trascinato per 150 metri da un camion che trasportava carbone guidato da un cinese han. Secondo i mongoli, le autorità cinesi non hanno prestato abbastanza attenzione all'incidente, provocando l'indignazione di migliaia e migliaia di studenti e allevatori che sono scesi in strada e in piazza nella città di Xilinhot per "chiedere con forza alle autorità cinesi di rispettare i diritti e la dignità dei contadini mongoli". La scorsa settimana Pechino ha reso nota la notizia dell'arresto di due cinesi han a quanto pare coinvolti nella vicenda dell'incidente. "I colpevoli verranno severamente puniti secondo quanto previsto dalla legge" ha assicurato venerdì in visita a una scuola Hu Chuanhu, presidente del Partito Comunista cinese della Mongolia interna.
Ma l'epilogo non è bastato a smorzare le tensioni in quella che di fatto costituisce la regione autonoma della Mongolia Interna. E nelle scorse settimane diversi focolai di tensione si sino accesi nella capitale e in diverse zone della regione. Il caso Mergen ha infatti finito per toccare alcuni dei principali nervi scoperti della popolazione mongola, a partire proprio dalla causa scatenate dell'incidente: Mergen, insieme ad altri sostenitori, aveva bloccato la strada ai camion nel tentativo di proteggere il gregge e i pascoli. Da tempo, infatti, i pastori nomadi mongoli lamentano espropriazioni illegittime di terreni e distruzioni di interi pascoli ad opera dei cinesi a causa del processo di desertificazione e di estrazione mineraria (questo articolo), in vista di uno sviluppo del commercio del carbone di cui la provincia rappresenta il primo produttore della Cina.
A ciò va aggiunta, inoltre, l'ostilità in corso tra han e mongoli che, ad oggi, rappresentano il 20% dell'intera popolazione della Mongolia Interna che si aggira attorno ai 24 milioni di persone. Un contrasto che negli ultimi mesi si è fatto ancora più marcato a causa della poca chiarezza delle autorità cinesi riguardo la scomparsa di Hada, il dissidente mongolo più in vista dell'intera Cina. L'uomo, incarcerato per 15 anni in seguito ai suoi appelli per una maggior tutela dei diritti dei mongoli, ha finito di scontare a dicembre la sua condanna. Ma da allora non si hanno più notizie dell'attivista che, secondo i sostenitori, Hada si troverebbe in custodia cautelare insieme alla moglie Xinna e al figlio Uiles.
di Sonia Montrella
©Riproduzione riservata