RITORNO AL PASSATO
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RITORNO AL PASSATO

RITORNO AL PASSATO

Pechino allo specchio – di Elisa Ferrero
di lettura
Pechino, 12 mar. - C'era una volta la dinastia dei Ming. E Cuandixia, un villaggio sulle montagne intorno a Pechino, che un'industriosa famiglia estesa di quell'epoca ha costruito circa 500 anni fa. Oggi quel villaggio è famoso per essere uno dei pochi esempi di ecoturismo in questa zona della Cina, e io ho deciso di andare a darci un'occhiata. Da Pechino ci vogliono circa 3 ore.
Dal centro della città, un'ora circa di metropolitana, linea 10 e poi linea 1, e ci si ritrova alla fermata di Pingguoyuan. In traduzione, il giardino delle mele. Una delle cose in cui i cinesi sono maestri è l'arte di nominare i luoghi. Se ci basassimo solo sui nomi dei luoghi in cui viviamo, i nostri indirizzi porterebbero tutti vicino al paradiso. La via della lunga pace, il quartiere della pace del popolo… La grandezza di questi nomi sta nel loro passato, ma oggi questi sono in realtà luoghi perlopiù affollati e rumorosi. Pingguoyuan, con tutta la buona volontà, non ha nulla a che vedere con un frutteto: è piuttosto un ammasso di cemento.
Per arrivare al villaggio Ming di Cuandixia con i mezzi pubblici, si prende da Pingguoyuan il bus 929, con un percorso il cui inizio è molto poco promettente. Sembra impossibile che finiscano le buche, i pilastri delle autostrade in costruzione; sembra impossibile che si possa uscire da quel grigiore. Altro che mele... Ma dopo due ore si scende, e boom. L'aria cambia, il mondo cambia: siamo a Cuandixia, 500 anni fa. E non è la macchina del tempo che si è messa in moto, ma un bell'esempio di ecoturismo, lo chiameremmo in un linguaggio che al tempo dei Ming non esisteva: visitatori sí, gente sí, cambiamenti a discapito dell'ambiente, no. Miracolo.
Cosa mi ha lasciato Cuandixia? Molto. Sentieri silenziosi dove pochi amanti delle passeggiate erano le uniche presenze di questo tempo. La strada asfaltata fuori dal villaggio mostra molto chiaramente che siamo nel 2010, ma il resto può confondere. Lavarmi il viso in una bacinella al mattino anziché aprire l'acqua calda nel mio accogliente appartamento a Pechino, un gesto semplice che sa di un passato che mi precede. Vedere il sole che scende dietro ai monti e decidere che è meglio tornare prima che faccia buio, sa di storie contadine di tanti anni fa. Toccare pietre posate secoli fa, sa di potenza della storia.
L'aria fresca, frizzante, deliziosa da respirare, sa anch'essa di un passato in cui forse anche a Pechino un posto chiamato "giardino delle mele" era campagna.
Oltre la scoperta di questo prezioso gioiello, però, questo viaggetto mi ha dato qualcos'altro: dopo la visita al paesino perso nel tempo, infatti, il rientro verso Pechino è stata a suo modo un'esperienza per nulla priva di significato. Un viaggio in metro e bus tra tempo e costumi, verso la "civilizzazione".
Tornati dal villaggio di 500 anni fa e dopo il viaggio in pullman, la prima faccia della modernità fa male: case basse, che ricordano quelle del villaggio, su cui è tracciato il famoso carattere cinese che è una sorta di icona per chi ha vissuto a Pechino negli ultimi anni: CHAI, "da demolire". Di fianco ci sono già i pilastri di cemento che sorreggeranno una nuova autostrada: una modernità in corso, fatta di polvere, cemento e una buona dose di desolazione. Da lí ci aspetta, in un percorso inverso rispetto all'andata, quasi un'ora di metropolitana, linea 1 e poi linea 10, verso l'oggi. Ma per arrivarci, devono passare ancora degli anni... una trentina, per la precisione. La linea 1 della metropolitana, costruita poco più di 40 anni fa e aperta al pubblico da 30, sembra portarsi dietro ancora un po' dei volti, degli odori, delle voci e dei costumi degli ultimi tre decenni. Mi ricorda anche un po' della prima Pechino di cui ho memoria: ritrovo persone che trasportano sacchi pieni di chissà cosa, donne che vendono giornali alla fermata urlando negli altoparlanti il nome della testata, uomini nei loro vestiti all'occidentale che per noi erano già demodé 10 anni fa… Ricordo e risento le sgomitate da competizione per entrare e per uscire. Mi sembra di essere tornata un po' indietro nel tempo... E a un certo punto, mentre osservo ognuno di quei personaggi che avrebbero potuto essere lí una decina di anni fa, si verifica un episodio effettivamente collocabile in quell'epoca: un bambino si alza, porta la sua figurina simpatica e grassottella vicino alla porta e, senza nessuna vergogna, fa la pipí dentro la carrozza; il tutto per poi tornare a sedersi con nonchalance vicino al nonno che legge il giornale della domenica! Se ascolto i racconti di chi era qui 20 anni fa, apprendo che fare la pipí sulla metropolitana non è assolutamente la scena più singolare in cui all'epoca si potesse incorrere. 10 anni fa, non era certo di uso comune, ma l'avrei guardato con altri occhi. Oggi, sarebbe incredibile in molti posti, ma in alcuni altri pare sia passato qualche anno in meno.
La modernissima e pulitissima linea 10 è uno dei posti in cui sarebbe incredibile.
La prendo tutti i giorni, e da subito ho notato con stupore molte differenze di costume rispetto alle vecchie linee; la gente ha adottato modi fino a poco tempo fa sconosciuti sui mezzi pubblici di Pechino: sentire la domanda "Scende alla prossima?" quando il passeggero dietro di te deve scendere non era proprio nei miei piani quando sono tornata a vivere in Cina. Mi aspettavo di essere scaraventata fuori a gomitate, come sempre è stato.
Questa linea si muove in direzione Central Business District, quindi è facile spiegarsi il cambiamento di pubblico. Ma rimane sorprendente come certi modi, certe abitudini siano cambiate in fretta. E come ora al mattino andando al lavoro, tutti calmi e più o meno ordinati, ci muoviamo sulla linea 10 nell'epoca moderna.
Dalla finestra da cui ho guardato a partire da Cuandixia mi sono passate davanti agli occhi tante cose: da una dimensione in cui si intuisce il passato sono tornata all'oggi, attraversando la prima modernizzazione e la sua faccia di cemento. E con gli occhi fuori da quella finestra è andata in crescendo la sensazione che stavo davvero facendo un piccolo viaggio nella storia attraverso i mezzi di trasporto di Pechino. La sensazione, infine, è stata confermata quando dalla linea 1 sono scesa e ho attraversato l'intersezione con la mia linea 10. Lí tutto è tornato più o meno pulito, discretamente silenzioso; nel giro di poco tempo e poco spazio, sono cambiate le abitudini. E' una scena del 2010: ascolto la musica del mio ipod, mi guardo intorno, e sulla colonna sonora di quella domenica c'è di nuovo la Pechino di tutte le mattine. Passo la mia carta elettronica sul sensore, un bip e sono fuori. E ho una cosa in più da raccontare: il ricordo di un viaggio di 3 ore e 500 anni.

di Elisa Ferrero

Elisa Ferrero, sinologa classe 1978, laureata in Lingue e Letterature straniere all'Università di Torino, 10 anni dal primo ingresso in Repubblica Popolare Cinese.
La lingua cinese mi appassiona ormai da 10 anni, ma parlo con piacere anche l'inglese, lo spagnolo e il francese, sperimentati tutti in varie fasi della vita. Una forte attrazione per Pechino nata dal primo giorno mi ha portata a viverci, studiando prima e lavorando poi, dal 2004 al 2007. Vivo nuovamente qui da maggio 2009. Gli stimoli derivanti dalla conoscenza di diverse lingue straniere e da una propensione per esperienze di carattere internazionale sono molteplici. E' da questi che nasce in me la ricerca continua della condivisione della realtà con le persone lontane. La scrittura e la fotografia, i mezzi che più uso per farlo.

La rubrica "Lettere dalla Cina" ospita gli interventi di giovani italiani che vivono e lavorano in Cina, offrendo spunti di vita quotidiana e riflessioni originali. Andrea Bernardi, Corrado Gotti Tedeschi, Elisa Ferrero e Gianluca Morgese.
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