Riparte il commercio globale
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Riparte il commercio globale

Riparte il commercio globale

Scambi internazionali. Il rialzo è stato favorito dall'impennata delle importazioni cinesi di materie prime
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Sissi Bellomo
Tra i presunti germogli, indizio di una prossima primavera dell'economia, è senz'altro uno dei più seducenti: il Baltic dry index – che riflette l'attività di trasporto marittimo dei carichi secchi – è ormai arrivato ai massimi dallo scorso ottobre e non smette di correre. Al Baltic Exchange, Borsa londinese dei noli, l'indice ha ormai inanellato tredici sedute consecutive in rialzo, fino a raggiungere 2.644 punti: un recupero del 300% rispetto all'abisso in cui era precipitato ai primi di dicembre, quando valeva 663 punti, il livello minimo da oltre vent'anni.
A differenza che in passato, tuttavia, è difficile interpretare questo rally come una luce in fondo al tunnel della recessione. Gli analisti sono unanimi: a spingere in rialzo i noli è soltanto la Cina, che sta importando quantità enormi di alcune materie prime classificabili come "carichi secchi" (in particolare minerale di ferro, carbone e semi di soia), a un ritmo talmente frenetico da congestionare i suoi scali portuali. Secondo Macquarie Bank nei porti cinesi c'è oggi un numero record di navi che attendono di scaricare: oltre 80 tra panamax e capesize. All'inizio di aprile erano una cinquantina, ai primi di gennaio non più di dieci. Una situazione unica nel mondo.
Inutile illudersi, però. Neppure la domanda cinese sembra essere foriera di una ripresa economica: le importazioni record (che riguardano anche il petrolio) sono infatti dettate non tanto dalle necessità di approvvigionamento dell'industria locale, quanto dalla volontà di accumulare scorte, per creare riserve strategiche oppure per lucrare sulla differenza tra i prezzi sul mercato locale e quelli – generalmente più economici – dei mercati internazionali.
Il caso del minerale di ferro è esemplare. In aprile i dati ufficiali cinesi mostravano – per il terzo mese consecutivo – importazioni record di questo materiale: ben 57 milioni di tonnellate, il 9% in più rispetto a marzo e il 33% in più rispetto ad aprile 2008, quando ancora l'economia mondiale non appariva sull'orlo di una recessione. Ciò che lascia perplessi è che l'industria siderurgica cinese, consumatrice del minerale di ferro, non sembra affatto in buona salute: lo scorso mese, mentre l'import di minerale era ai massimi storici, le esportazioni di acciaio finivano ai minimi da quattro anni e mezzo e, come già in marzo, la Cina risultava essere addirittura un importatore netto di acciaio grezzo (il paese dal 2005 è diventato un esportatore netto). Sempre in aprile, nei porti cinesi c'erano scorte record di minerale di ferro pari a 74,7 milioni di tonnellate, cui – secondo stime di World Steel Dynamics – si dovrebbero aggiungere almeno altri 20 milioni di tonnellate nei magazzini delle acciaierie.
Il boom di acquisti all'estero dipende quasi certamente dai prezzi competitivi praticati dalle multinazionali minerarie, come Bhp Billiton e Rio Tinto, il cui minerale è tra l'altro di qualità superiore a quello prodotto in Cina. Ma con la risalita dei noli marittimi, il vantaggio di prezzo potrebbe presto svanire, disincentivando ulteriori importazioni. Un esito quasi scontato, avvertono gli analisti, che finirà con l'estirpare il germoglio del Baltic Dry.
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Le rotte del commercio
Il Baltic dry index è un indice che registra l'andamento dei noli marittimi, con riferimento al trasporto di carichi secchi (ad esempio carbone, minerale di ferro, soia, cereali). L'indice è elaborato giornalmente dal Baltic Exchange – borsa che a dispetto del nome si trova a Londra – prendendo in considerazione le principali rotte del commercio internazionale. Come tale viene tradizionalmente considerato un buon termometro dell'attività economica

20/05/2009
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