Roma, 24 nov.- La portaerei americana George Washington ha lasciato la base navale di Yokosuka, a sud di Tokyo, diretta verso il Mar Giallo. Sono previste per domenica le esercitazioni militari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud in risposta all'attacco nordcoreano avvenuto martedì contro il sud della penisola. I colpi d'artiglieria che
Aldilà del confine cinese, invece, il disaccordo traspare anche sulle pagine dei media ufficali: mentre la stampa sudcoreana incolpa il nord di "crimine di guerra",
Nel frattempo, mentre nella penisola coreana sale il livello di tensione, gli occhi della comunità internazionale sono tutti puntati a oriente alla ricerca di chiavi interpretative di quella che appare come una situazione geopolitica sempre più complessa.
L'attacco della Corea del Nord è avvenuto in concomitanza con l'arrivo a Pechino dell'inviato del governo USA Stephen Bosworth per discutere con
"Pyongyang sfida la politica coreana dell'amministrazione Obama – scrive ancora il CFR – e lo fa su tre fronti: con l'attività nucleare,
Il Nord Corea si insinua nelle crepe del sistema di governance globale. La sfida nordcoreana alla politica coreana dell'amministrazione Obama sembra accreditare la tesi di chi mette sotto accusa l'ininfluenza di Pechino sul regime nordcoreano. In molti si chiedono se sia possibile che Hu Jintao fosse all'oscuro delle mosse del "Caro Leader".
Franco Mazzei intervistato da AgiChina24 (leggere questo articolo) non esita ad abbandonare la dietrologia. "Lo stupore destato in Occidente dall'incidente coreano è ingiustificato. E' nel DNA del regime di Pyongyang condurre azioni provocatorie. Il Nord Corea porta avanti da anni la politica di brinkmanship: una strategia che usa il rischio calcolato come arma di sfida; ma solo chi è distratto può restare sbalordito da una politica che è ormai di prassi. Il vero problema oggi sono le tensioni che sconquassano l'Estremo Oriente. La linea di Obama è di fermare
Ma quello della provocazione agli USA non sembra essere l'unico motivo della 'scorta' nucleare nordcoreana. Seoul e Pyongyang, di fatto, non hanno mai cessato di essere in guerra dalla firma della tregua del 1953; negli ultimi due anni, tuttavia, si è assistito a un continuo deterioramento dei rapporti, culminato nell'affondamento di una motovedetta che nel marzo scorso causò la morte di 46 militari sudcoreani. Pyongyang non ha perdonato a Seoul l'interruzione di numerosi programmi di aiuto e cooperazione e l'economia nordcoreana sarebbe ormai prossima al collasso: secondo le scarse notizie che filtrano oltreconfine, infatti, la riforma della valuta varata l'anno scorso ha completamente prosciugato le già scarse risorse del paese più isolato del pianeta. Il ricatto nucleare resta quindi l'unica arma nelle mani della Corea del Nord per esercitare pressioni sui vicini e ottenere aiuti economici.
A queste dinamiche già complesse va ad aggiungersi la questione della successione di leadership sul 'trono' nordcoreano: il "Caro Leader" Kim Jong Il, da tempo malato, ha designato come erede il figlio minore Kim Jong Un, classe 1983, una scelta che non ha incontrato il favore di alcuni settori dell'establishment militare. Sono in molti gli osservatori ad aver interpretato l'attacco all'isola di Yeonpyeong come un tentativo da parte del governo del Nord di dare smalto e potere alla dinastia regnante. "La nostra opinione è che l'attacco sia stato sferrato per consolidare il processo di successione", ha affermato il ministro della difesa sudcoreano Kim Tea-Young facendosi portavoce anche della sua controparte statunitense Robert Gates.
"Messo da parte il DNA della politica di brinkmanship della Corea del Nord – continua Franco Mazzei intervistato da AgiChina24 – "non possiamo sottovalutare un problema più semplice ma forse più determinante: il cambio di successione al potere in Corea del Nord comporta all'interno del regime la ricerca di nuovi consensi attraverso la leva nazionalistica anti-sudcoreana. Quindi sarei proteso a sdrammatizzare il coinvolgimento della Cina sull'attacco nordcoreano all'isola di Yeonpyeong. Intanto mentre Pyongyang combatte la sua personale battaglia contro
Il timore di Pechino è quello di pagare le conseguenze di una futura riunificazione della penisola coreana che non solo aprirebbe i 'cancelli' ad un vasto flusso migratorio proveniente dalle Coree e diretto in Cina, ma al contempo accrescerebbe la sfera d'influenza statunitense al confine della Cina. Le ripercussioni potrebbero toccare anche le isole Diaoyu/Sengaku oggetto di una secolare contesa tra Pechino e Tokyo la cui disputa ha di recente compromesso i rapporti tra i due giganti asiatici. Il sostegno di Pyongyang per il momento rappresenta di fatto uno strumento politico forte che Pechino può impugnare nella sua travagliata relazione con Washington e a cui il Dragone non sembra pronto a rinunciare, soprattutto ora che i rapporti tra la prima e la potenza economica al mondo si sono incrinati a causa della questione della rivalutazione dello yuan, di google, il controllo degli Stati Uniti sul mar cinese meridionale e il nuovo rapporto Usa che mette sotto accusa i comportamenti cinesi sul web.
di Sonia Montrella
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