PLENUM: PCC, SI APRE LA CORSA ALLA SUCCESSIONE, MA XI RIMARRA'
Eugenio Buzzetti
Pechino, 7 ott. - Si apre la corsa alla successione per i posti che contano ai piani alti del Partito Comunista Cinese, anche se il posto di segretario generale del partito è destinato a rimanere saldamente nelle mani di Xi Jinping, forse anche oltre la scadenza del 2022, al termine del secondo mandato, contrariamente a quanto vuole la consuetudine. Secondo le ultime indiscrezioni provenienti da quattro funzionari vicini all'élite del Pcc che hanno parlato al New York Times, Xi Jinping sembra intenzionato a rimandare la scelta dell'uomo che prenderà il suo posto al vertice del partito e dello Stato: se così fosse, sarebbe una rottura con la tradizione che vuole la scelta di un successore dopo la fine del primo mandato, e aprirebbe alla possibilità di forti tensioni interne nel Pcc.
La successione sarà uno dei temi del prossimo plenum del Comitato Centrale del partito, il vertice allargato a 205 alti dirigenti, che si riunirà a porte chiuse a Pechino a partire dal 24 ottobre prossimo. Dal prossimo "conclave rosso", come spesso viene definito per l'altissimo livello di segretezza, ci si attendono indicazioni per il futuro della leadership dopo il Congresso, previsto per le ultime settimane del 2017, che dovrà sancire il ricambio dei vertici del Comitato Permanente del Polituburo, il massimo organo decisionale del partito. Cinque degli attuali sette membri attuali avranno superato i 68 anni, il limite di età fissato per mantenere incarichi politici. A rimanere saranno lo stesso Xi, oggi 63 anni, e il primo ministro Li Keqiang, 61. Gli altri dovranno essere sostituiti da nuovi dirigenti.
Uno degli enigmi della successione al vertice riguarda proprio il futuro dell'attuale primo ministro, Li Keqiang. Li è l'unico membro del Comitato Permanente del Politburo a provenire dalla fazione della Lega Giovanile Comunista, oggi in declino rispetto al periodo 2002-2012, quando aveva tra i suoi massimi referenti lo stesso presidente cinese di quel decennio, Hu Jintao. Uno dei nomi che circola con più insistenza per la sostituzione è quello di Wang Qishan, il potentissimo capo della Commissione Disciplinare che dal 2012 indaga sui funzionari corrotti. Per prendere il posto di Li Keqiang non basterà, però, soltanto una nomina dall'alto: secondo l'attuale sistema, occorrerà un innalzamento dell'età pensionabile per gli alti dirigenti, riportandola a 70 anni, e dando la possibilità a Wang, che avrà 69 anni nel 2017, di rimanere in carica per un altro quinquennio all'interno della cerchia ristretta di comando del Partito Comunista Cinese.
Cosa succederebbe all'attuale primo ministro? "Li Keqiang rimarrà comunque nel Comitato Permanente del Politburo per altri cinque anni", spiega ad Agi, Willy Wo-lap Lam, uno dei massimi esperti di elite politiche cinesi e autore del saggio "Chinese politics in the era of Xi Jinping", in cui analizza la figura del presidente cinese. "E' possibile che venga spostato a dirigere l'Assemblea Nazionale del Popolo, dal momento che ha consegnato il potere decisionale sull'economia a Xi Jinping e ai suoi consiglieri, come Liu He". Il riferimento va all'istituzione, nel 2013, della commissione per gli affari economici e finanziari, una delle quattro di cui Xi è a capo, che ha l'ultima parola sull'economia e la finanza. La presidenza dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, sarebbe una retrocessione per Li Keqiang, che passerebbe nella scala gerarchica del partito dall'attuale seconda posizione, subito dietro Xi, alla terza, oggi occupata da Zhang Dejiang. La possibilità di una retrocessione per il premier cinese si fa strada da tempo tra gli osservatori della scena politica: almeno dallo scorso anno, quando, da molti, il primo ministro veniva considerato, almeno implicitamente, responsabile ultimo della crisi dei mercati finanziari cinesi. Settimana scorsa non era passata inosservata la sua assenza (giustificata, in quanto di ritorno dal lungo viaggio americano) dall'ultima riunione del Politburo, che ha deciso le date del prossimo plenum del Comitato Centrale, dal 24 al 27 ottobre prossimo.
Un altro enigma della successione riguarda il destino, più in generale, di un intero blocco politico, la Lega Giovanile del Partito, di cui lo stesso Li Keqiang fa parte. Secondo fonti che hanno parlato con l'agenzia Reuters, il presidente cinese non permetterebbe mai che membri della Lega Giovanile acquistino la maggioranza dei seggi del Comitato Permanente del Politburo. Attualmente, solo Li Keqiang è membro del vertice decisionale del Pcc. La Lega Giovanile è stata oggetto di attacchi sui principali media cinesi: "troppo elitisti e troppo inefficienti", erano stati definiti, e da quest'anno si sono visti anche il budget dimezzato. In più, ad agosto scorso, un documento del Politburo prevedeva per i membri del blocco politico un generale ricollocamento dagli incarichi di livello provinciale a quelli di livello periferico, diminuendo il peso della stessa Lega Giovanile Comunista nel partito e impedendo, di fatto, ai funzionari della corrente di accedere agli incarichi di livello provinciale, tradizionale trampolino di lancio per le promozioni ai piani alti della politica.
A crescere, spiega ancora Willy Lam, è invece la "cricca dello Zhejiang", dal nome della provincia orientale cinese della quale Xi è stato a capo dal 2002 al 2007, e dove ha costruito forti legami. "La cricca dello Zhejiang è ora verosimilmente più forte della Lega Giovanile e della cricca di Shanghai", ovvero la fazione che fa capo all'ex presidente Jiang Zemin. "La vera domanda è se questi dirigenti siano non corrotti e competenti", prosegue Lam. "Lo stesso ex sindaco di Tianjin, Huang Xingguo, era un membro della cricca dello Zhejiang, ma è caduto in disgrazia per corruzione" nelle scorse settimane, lasciando il posto di capo del partito della città a Li Hongzhong, fino a quel momento leader della provincia dello Hubei.
Difficile, in questo clima, fare previsioni sugli uomini che potrebbero, dalla fine del prossimo anno, entrare a fare parte della cerchia ristretta che gestisce il potere in Cina. Nella corsa ai posti nel Comitato Permanente del Politburo affiorano, però, alcuni nomi: su tutti, ci sono in lizza Li Zhanshu, direttore dell'Ufficio Generale del Comitato Centrale, e Zhao Leji, dal 2012 a capo dell'oscuro ma estremamente influente Ufficio dell'Organizzazione del Pcc. Il primo era salito agli onori delle cronache della stampa americana nel settembre dello scorso anno, durante la visita di Xi negli Stati Uniti, come principale consigliere del presidente cinese: il Wall Street Journal lo aveva paragonato, come figura, a quella del capo dello staff della Casa Bianca. Il nome di Zhao Leji è tornato a circolare con le ultime indiscrezioni, e la posizione che occupa è di assoluto rilievo nel partito: prima di lui, fino al 2012, a ricoprirla era Li Yuanchao, candidato anch'egli a un posto nel Comitato Permanente allo scorso Congresso, ma escluso dal gotha politico cinese poche settimane prima dell'avvicendamento al vertice del potere per lotte interne tra le fazioni, secondo le indiscrezioni trapelate allora. Sia Li Zhanshu che Zhao Leji sono già tra i venticinque membri del Politburo. Un altro dei nomi che si fanno negli ultimi giorni per una promozione è quello di Sun Zhengcai. Sun è il capo del partito della municipalità di Chongqing, ovvero l'uomo che ha sostituito nel 2012 il defenestrato Bo Xilai, all'epoca astro nascente della politica e in seguito epurato dopo un rocambolesco e gigantesco scandalo che lo ha visto condannato all'ergastolo, nel 2013, per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere.
Tra chi scende, invece, nelle preferenze, ci sono i nomi più in vista della Lega Giovanile del Partito, alcuni di questi già dati come papabili per un posto al vertice nel 2012. Non sono previste promozioni per l'attuale vice primo ministro, Wang Yang, anch'egli membro del Politburo, e per Li Yuanchao, oggi detentore della carica più onorifica che effettiva di vice presidente cinese. Qualche chance in più, invece, l'avrebbe l'attuale capo del partito del Guangdong, Hu Chunhua, già segnalato nel 2012 come il possibile capo della sesta generazione di leader cinesi. Ben voluto dallo stesso ex presidente, Hu Jintao (con cui non scorrono legami di parentela) Hu veniva dato addirittura come possibile successore dello stesso Xi alla guida del partito e dello Stato a partire dal 2022. Su di lui pesano, però, le rivolte di Wukan: nel piccolo centro del Guangdong, noto per l'esperimento democratico che nel 2011 ha portato a elezioni locali, sono esplose le proteste dopo l'arresto del capo del villaggio, Lin Zulian, nel giugno scorso. L'instabilità a livello locale è durata per diverse settimane e la situazione è peggiorata il mese scorso dopo la condanna a tre anni di carcere, con l'accusa di corruzione, per lo stesso Lin. Le rivolte in sostengo di Lin (per i manifestanti accusato ingiustamente) sono state represse dalle forze dell'ordine che hanno arrestato, in una sola notte, tredici persone. L'unico a guadagnare posizioni, sembra essere Hu Haifeng, il figlio dell'ex presidente, Hu Jintao: oggi sindaco della piccola città di Jiaxing, nella provincia orientale dello Zhejiang, Hu è candidato alla carica di sindaco della ben più importante città portuale di Ningbo, una carica di livello vice-ministeriale.
07 OTTOBRE 2016
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