Pechino, 10 agosto- Il colosso minerario australiano ha portato avanti per sei anni attivita' di spionaggio aziendale contro la Cina, attivita' che sono costate al Paese asiatico 100 miliardi di dollari. E' l'accusa dell'authority per i segreti di stato di Pechino. Non sembra quindi vicina alla conclusione la crisi tra la compagnia e il governo cinese, innescata lo scorso 5 luglio dall'arresto di quattro dipendenti di Rio Tinto, tre cinesi e un australiano, accusati di corruzione e di aver rubato segreti di stato durante la negoziazione di alcuni contratti su minerali ferrosi. Il gruppo australiano ha definito le accuse "del tutto prive di fondamento". Rio Tinto e' accusata di aver corrotto funzionari di undici compagnie siderurgiche cinesi per ottenere informazioni su scorte, piani di produzione e situazione finanziaria di tali aziende, per poi vender loro minerali ferrosi a prezzi gonfiati. Si tratta di informazioni che, secondo le leggi cinesi, possono essere considerate segreti di stato. Le accuse sono apparse in un articolo pubblicato sul sito internet dell'authority, firmato da un funzionario locale dell'ente, Jiang Ruqin. Intervistato da 'Bloomberg', Jiang ha pero' affermato che l'articolo, che ha avuto vasta eco sulla stampa internazionale specializzata, non gli e' stato chiesto dai suoi superiori e che contiene solo opinioni personali. "Volevo scrivere l'articolo perche' l'impatto di questa situazione e' davvero grande, colpisce la sicurezza economica del paese" ha dichiarato Jiang. Il funzionario ha parlato di 100 miliardi di dollari di Pil andati in fumo per le attivita' di spionaggio delle quali e' accusata Rio Tinto. Secondo Jiang tali numeri sono basati su "dati pubblicati in precedenza".