Pechino scala le classifiche bancarie
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Pechino scala le classifiche bancarie

Pechino scala le classifiche bancarie

Nella classifica che esprime il rapporto tra quotazione di Borsa e valore di libro degli istituti
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Una classifica che potrebbe essere lo specchio dei tempi, con le banche dei paesi Bric al vertice e quelle di America e Europa che spuntano giusto nelle ultime posizioni. È il ranking pubblicato ieri dal Financial Times (per il dettaglio si veda la tabella) che a un anno di distanza ha riproposto come sistema di valutazione del mondo del credito il multiplo relativo al rapporto tra il prezzo di borsa e il valore di libro. Con l'esito che le prime quattro posizioni sono occupate da banche cinesi e la quinta da un istituto brasiliano. In netta contrapposizione con quanto accadeva nel 2000 quando i primi posti vedevano quattro banche americane e una inglese e UniCredit in sesta posizione.
Una rivoluzione se si pensa che all'epoca figurava un solo istituto dei paesi emergenti (le principali banche cinesi sono arrivate sul listino dopo il 2001): la brasiliana Itau Unibanco allora settima e ora quinta. Come a dire che oggi gli investitori attribuiscono maggiore "affidabilità" al credito asiatico e brasiliano di quanto ne riconoscano a quello europeo e americano, che nella maggior parte dei casi tratta in Borsa a prezzi assai vicini, se non inferiori, al valore di libro. In altre parole, il mercato non concede alcun premio alle banche occidentali mentre per gli istituti dei paesi emergenti è disposto a pagare di più. Tanto che China Merchants Bank, prima in classifica, vale sul listino 4,3 volte il valore di libro mentre l'inglese Lloyds, che nel 2000 scambiava a 3,9 volte il valore di libro, oggi secondo i dati Bloomberg è pagata appena 0,79 volte. Più o meno la stessa sorte è toccata a UniCredit, che nel 2000 trattava 3,2 volte a oggi 0,71. Sullo stesso livello a cui è scambiata Intesa Sanpaolo.
È solo una questione di fiducia? In realtà il fenomeno può essere in parte spiegato dalle differenti modalità rispetto alla tradizione occidentale con cui sono state collocate in Borsa le banche cinesi. Quelle presenti in classifica, ossia Industrial and Commercial Bank of China (Icbc), China Construction Bank (Ccb) e Bank of China (Boc) sono istituti statali che, come le altre banche asiatiche citate, hanno un flottante bassissimo che raramente supera il 20%. In altre parole è più facile movimentare i titoli cinesi di quelli occidentali. Senza contare che le banche statali asiatiche per tradizione continuano a raccogliere i depositi di una popolazione che ha una forte propensione al risparmio. Ciò non toglie che se l'exploit degli istituti asiatici è spiegabile in parte con le particolari condizioni di mercato in cui gli istituti operano, la principale giustificazione alla "debâclé" delle banche americane è la crisi che ha investito il credito Usa. Basti pensare che Morgan Stanley nel 2000 trattava 3,9 volte il valore di libro e oggi è scambiata appena 1,16 volte. Citi è passata da 3,7 volte a 0,68, Wells Fargo da 3,6 a 1,45 e Goldman Sachs da 3,3 a 1,51. Spesso, quindi, la capitalizzazione di borsa è scesa più velocemente di quanto sia calato il valore di libro per effetto delle svalutazioni.
L. G.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/01/2010
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