PECHINO: "NUOVA PAGINA PER LA LIBIA"

Pechino, 21 ott.- La Cina augura alla Libia una transizione politica priva di ostacoli, ma non commenta direttamente la morte di Muhammar Gheddafi: la nota diffusa martedì mattina dalla portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Jiang Yu conferma la linea neutrale assunta dal Dragone all'inizio del conflitto libico.
"Si è aperta una nuova pagina nella storia della Libia - scrive Jiang Yu - speriamo che Tripoli intraprenda rapidamente una transizione politica inclusiva, mantenga la solidarietà tra le diverse etnie e l'unità nazionale, ristabilisca la sicurezza e avvii al più presto la ricostruzione economica".
Pur non essendo mai stata particolarmente vicina al Raìs, Pechino si era astenuta dalla votazione sull'intervento in Libia in sede di Consiglio di Sicurezza ONU, e in seguito aveva adottato un atteggiamento molto critico sulle operazioni aeree della NATO, sostenendo che l'alleanza atlantica stesse operando al di fuori del mandato concesso dalle Nazioni Unite.
"La Libia costituisce un grande banco di prova per la comunità internazionale: guardiamo al Pakistan, alla Siria, allo Yemen. Sono tutte situazioni potenzialmente esplosive" aveva detto in un'intervista esclusiva ad AgiChina24 il professor Zhu Feng, direttore dell' International Security Program e docente alla School of International Studies della Peking University, spiegando la posizione cinese.
"La Cina trova sconsiderata l'idea di bombardare. Vuole semplicemente favorire un processo di transizione, magari attraverso un governo provvisorio formato da lealisti, ribelli e personalità elette o raccomandate dal popolo, che potrebbe condurre alle elezioni in tempi brevi".
Ma la posizione cinese non ha trovato una sponda da parte della NATO, e secondo molti osservatori questo rifiuto ha successivamente motivato l'atteggiamento intransigente sul fronte siriano: quando si è trattato di votare la risoluzione contro Damasco, memore della lezione libica, Pechino ha preferito schierarsi con Mosca ed esercitare il diritto di veto.
Adesso, con l'uccisione di Gheddafi, si profila un futuro incerto per gli interessi cinesi in Libia. China National Petroleum Corporation (CNPC), il principale produttore cinese di gas e petrolio, è presente nel paese dal 2002, ma non ha mai diffuso dati ufficiali sulla portata dei suoi affari. All'inizio di marzo la società aveva annunciato la sospensione della produzione e la completa evacuazione dei dipendenti in seguito a una serie di attacchi agli impianti. Il colosso energetico non ha rivelato altri particolari, ma numerosi media cinesi hanno riferito di un raid sferrato dai ribelli contro la Great Wall Drill Engineering Co., uno stabilimento petrolifero di proprietà della CNPC nei pressi di Misurata, la terza città libica, che avrebbe causato "decine di milioni di renminbi" di danni (pari a milioni di euro). Secondo dati del ministero del Commercio cinese, all'inizio delle operazioni militari nel mese di marzo in Libia erano presenti 75 grandi società cinesi, che avevano fino a quel momento concluso contratti per circa 18 miliardi di dollari.
Pechino oggi potrebbe subire ulteriori danni: alcuni portavoce del nuovo governo libico avevano dichiarato senza mezzi termini che le società cinesi potrebbero essere discriminate, a causa dello scarso appoggio mostrato negli ultimi mesi. Nel corso del conflitto la Cina aveva mantenuto rapporti tanto con i ribelli che con le forze lealiste: a giugno, ad esempio, aveva ricevuto il ministro degli Esteri del governo di Gheddafi, mentre qualche giorno prima diplomatici cinesi di stanza al Cairo e in Qatar avevano preso contatto con gli insorti di Bengasi.
A settembre era scoppiato il caso delle forniture militari ai soldati di Gheddafi: secondo un articolo pubblicato dal quotidiano canadese Globe and Mail, alla fine di luglio tre società statali cinesi sarebbero state sul punto di concludere un affare da 200 milioni di dollari per rifornire l'ex Rais di Tripoli di lancia missili, missili anticarro e altri equipaggiamenti militari, tra cui il QW-18, la versione cinese del missile terra-aria Stinger. Notizia seccamente smentita dalla stessa portavoce del ministero degli Esteri, Jiang Yu. Ma forse, per i nuovi leader di Tripoli, le smentite ufficiali non sono sufficienti.
di Antonio Talia
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