Pechino mette in discussione la gestione delle Ferrovie
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Pechino mette in discussione la gestione delle Ferrovie

Pechino mette in discussione la gestione delle Ferrovie

Dopo l'incidente del 23 luglio
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di Francesco Sisci
Il primo ministro Wen Jiabao ha offerto le sue condoglianze alle vittime dell'incidente ferroviario di sabato scorso e ha sollecitato un'inchiesta veloce e trasparente. I rottami dei due treni che si sono scontrati sono stati prima seppelliti e poi riportati alla luce, nel timore che si volessero occultare prove. La pubblica opinione furoreggia su "weibo", il twitter cinese, irridendo le prime scuse delle ferrovie e il compenso offerto ai defunti, appena 50mila euro ciascuno.
Il deragliamento sulla nuova linea ad alta velocità vicino Wenzhou, dove sono morte 39 persone, sta travolgendo tutto il sistema ferroviario cinese, il più grande del mondo, e ferisce profondamente l'orgoglio e l'industria nazionale, visto che l'alta velocità cinese è una tecnologia sviluppata con contributi tedeschi ma anche autoctoni.
I piani faraonici di portare il nuovo super-rapido a Mosca, a Berlino o New Delhi, dimezzando i tempi di percorrenza, infatti vanno rivisti, così come si tace oggi delle idee prima alla moda di portare treni cinesi a modernizzare il sistema nord-americano. Un intero, enorme settore di sviluppo per infrastrutture globali, di cui la Cina si stava mettendo a capo, deve essere ripensato e ridimensionato.
A causare il disastro sarebbe stato il malfunzionamento del sistema di segnalazione che regola il traffico. Secondo la ricostruzione dell'Ufficio ferroviario di Shanghai, mentre il primo treno era fermo sui binari per un calo di potenza causato da un fulmine, per un guasto non è scatta la luce rossa che avrebbe dovuto avvisare del pericolo gli altri convogli; il secondo treno non ha quindi potuto rallentare la sua corsa in tempo schiantandosi contro il primo e facendolo precipitare dal ponte. L'incidente dà fiato e spazio all'idea di ristrutturare le ferrovie. Il ministero delle Ferrovie è infatti l'unico in Cina che non ha separato responsabilità amministrative da quelle di aziende.
Le Ferrovie cinesi, molto più che l'apparato militare, sono uno stato nello stato, persino con la sua polizia, i suoi tribunali e il suo autonomo sistema di prelievo fiscale. Tra il 1996 e il 1997, quando Pechino introdusse la riforma delle industrie statali, spezzò tutte le vecchie dipendenze socialiste. Persino l'esercito dovette cedere le sue aziende. L'unica amministrazione che resistette al cambiamento furono le Ferrovie. Esse ricattarono il governo, dicendo che se la gestione dei treni non fosse stata direttamente sotto il loro ministero e se esso fosse stato accorpato a quello dei Trasporti, allora il personale non avrebbe potuto garantire la sicurezza.
A 15 anni di distanza quel ricatto gli si ritorce contro. Se il monopolio ferroviario non garantisce la sicurezza dei treni allora occorre cambiarlo. Ancora sembra non siano state prese decisioni definitive, ma le idee che circolano parlano di scorporare il sistema in tre aziende, una si occuperebbe dell'alta velocità. Inoltre le funzioni di controllo resterebbero a un'amministrazione accorpata al ministero dei Trasporti.
Le conseguenze del disastro potrebbero non finire qui. Se il ferreo controllo del ministero delle Ferrovie è stato rotto, allora potrebbe essere più facile avviare un'ulteriore riforma delle imprese statali che dopo la crisi economica del 2008 stanno prendendo il dominio dell'economia nazionale. Questi colossi sono tra le forze che si oppongono anche a una riforma politica del sistema cinese verso una maggiore democratizzazione. Essa dovrebbe concentrare più potere ai vertici di Pechino e dividere più chiaramente le competenze rendendole anche trasparenti.
Questi per ora sono piani lontani, ma è una locomotiva che si è messa in moto, azionata dall'arresto all'inizio dell'anno per corruzione del ministro delle Ferrovie Liu Zhijun. Lui avrebbe intascato mazzette di milioni proprio per i progetti dell'alta velocità, i cui costi di costruzione sono lievitati, senza riscontri di efficienza.
Il terreno è minato da tutto quello che di sbagliato ha fatto l'amministrazione precedente. Si dice che le traversine su cui poggiano i binari sono di cemento scadente; il materiale rotante non ha pezzi di ricambio sufficienti; tutto il sistema di segnalazioni non è adeguato. Ciò poi va moltiplicato con le nuove, straordinarie velocità promesse. Gli investimenti attuali in infrastrutture stanno appesantendo i conti delle banche, già sotto pressione.
Potrebbero essere necessari nuovi calcoli finanziari e politici. Questo diventa quindi anche un'opportunità per fare rientrare dalla finestra le aziende fornitrici straniere che erano uscite dalla porta. Il loro ingresso oggi potrebbe dare maggiore sicurezza. Per gli italiani, la Ansaldo offriva sistemi di segnalazione e avvertiva, in tempi non sospetti, che le velocità promesse dalle ferrovie erano incompatibili con le strutture realizzate.
Si potrebbero aprire aprire prospettive di enormi affari, le colossali commesse per le nuove linee superveloci trans-eurasiatiche, e politiche di cambiamento dell'amministrazione dello stato.
Ma i rischi non sono cessati. Molti si oppongono ai cambiamenti in corso e secondo voci il disastro potrebbe essere stato una vendetta di ferrovieri o dirigenti leali al vecchio ministro corrotto e al suo sistema. Se fosse così non bastano le minacce di pena di morte per corrotti e colpevoli, ma occorre un nuovo patto politico nell'apparato che aiuti a traghettare il Paese verso il futuro.
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29/07/2011
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