Pechino ammette, nel 1996 giustiziato ragazzo innocente

di Sonia Montrella

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Pechino, 16 dic. – Non colpevole. Le autorità cinesi hanno ammesso di aver giustiziato, nel 1996, un ragazzo per un crimine che non aveva commesso: si tratta di un riconoscimento molto inusuale per il sistema giuridico cinese.

Accusato di stupro e omicidio di una donna di Hohhot, Hugjiltu  si era da subito dichiarato innocente, ma senza riuscire a scampare alle torture della polizia. La confessione dell'adolescente, estorta illegalmente e dopo 48 ore di interrogatorio, e' "incompatibile con l'analisi autoptica della vittima", ha deciso ieri un tribunale della Mongolia Interna. 

Era il 9 aprile del 1996 quando Hugjiltu e un collega trovarono la donna che giaceva a terra senza vita vicino il dormitorio della fabbrica di sigarette di Hohhot. Chiamata la polizia gli agenti arrestarono il ragazzo che fu giustiziato nel giugno successivo.

Poi nel 2005 un uomo, arrestato per un altro crimine, confessò il delitto alla polizia.
Per anni i genitori di Hugjiltu si sono battuti per avere giustizia insistendo, appoggiati dai legali, sulla mancanza di test del DNA, di prove e su una confessione estorta in modo opinabile. Breve anche il tempo impiegato per analizzare il caso: 62 giorni. Secondo l'avvocato Miao Li all'epoca dei fatti i giudici avevano molta fretta di chiudere questo tipo di casi perché sotto pressione per una campagna nazionale sul crimine chiamataYanda.

Le reti sociali cinesi hanno diffuso anche le immagini del vicepresidente del tribunale che chiedeva perdono ai genitori e ha offerto loro 30mila yuan (3.900 euro) di risarcimento. Ma le scuse non sono state tuttavia confermate dalla stampa ufficiale. La madre, il padre e il fratello di Hugjiltu hanno bruciato una copia della decisione del giudice sulla sua tomba.

 

16 dicembre 2014

 

 

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