NUOVA ONDATA DI  SCIOPERI IN GUANGDONG

NUOVA ONDATA DI   SCIOPERI IN GUANGDONG

 

Pechino, 24 nov.- Prosegue l'ondata di scioperi nell'area delta del Fiume delle Perle, cuore pulsante dello sviluppo industriale della Nuova Cina. Dopo la fabbrica di reggiseni di Shenzhen e quella di scarpe di Dongguan è ora la volta della Jingmo Electronics Technology, azienda di componenti elettronici che rifornisce tra gli altri anche l'IBM, la cui produzione è paralizzata da giorni. Migliaia di lavoratori della società taiwanese con base a Shenzhen hanno incrociato le braccia e alzato la voce per lottare contro i bassi stipendi e le pessime condizioni lavorative cui sono sottoposti. Lo riferisce l'organizzazione per la difesa dei diritti umani di New York China Labor Watch secondo cui i dipendenti della Jingmo sono costretti a straordinari che vanno dalle 6 del pomeriggio fino a mezzanotte.

 

Solo tre giorni fa più di 400 operaie della Top Form Underware, azienda che produce reggiseni, hanno fermato i macchinari e detto no ai soprusi e gli stipendi bassi (questo articolo). Casus belli della protesta, 'l'invito' a "saltare giù dal palazzo e andare all'inferno' di uno dei datori di lavoro rivolto a una delle dipendente L'episodio avrebbe finito per innescare la miccia in un ambiente in cui la tensione è ai massimi livelli dal febbraio scorso, quando la Top Form decise di modificare il sistema di retribuzione dei dipendenti passando dal modello salariale al pagamento a pezzo con una sostanziale diminuzione dello stipendio. Alcuni giorni prima 7000 lavoratori della Yue Yuan Holding, una fabbrica di  Dongguang che produce scarpe New Balance, Adidas e Nike, hanno manifestato contro i licenziamenti e i tagli agli stipendi.

 

Entrambe le proteste sono rientrate, ma secondo quanto riferito dagli stessi lavoratori dalla direzione non è arrivata alcuna promessa. Forse perché, spiegano gli osservatori, in una società come la Yue Yuan che conta oltre 300mila  lavoratori, l'impatto di 7mila persone in sciopero è minimo.

 

"Per molto tempo il Guangdong, al primo posto tra le province più ricche e popolose, ha potuto contare su un surplus di forza lavoro che ha permesso alle fabbriche di mantenere gli stipendi bassi e di prolungare la durata della giornata lavorativa" spiega Wang Erping, studioso di proteste sociali all'Accademia di Scienze Sociali di Pechino. "Adesso che le zone occidentali e quelle interne del Paese stanno vivendo un periodo di sviluppo, la disponibilità di manodopera si è frammentata. Le zone in cui si stanno creando nuove opportunità di lavoro – prosegue Wang - sono infatti spesso le stesse da cui provengono la maggior parte dei lavoratori migranti che non sono più costretti a spostarsi". Non solo. Sembra inoltre che molte aziende preferiscano trasferire la produzione dal Guangdong, dove il costo del lavoro è il 20%-30% più alto che nel resto della Cina, ad altre province più economiche.

 

Questi fattori, uniti al calo della domanda di prodotti destinati all'export, sta creando nel Guangdong il terreno fertile per lotte salariali combattute da lavoratori sempre più coscienti dei loro diritti e sempre più piegati da un incremento del costo della vita cui non riescono a far fronte

 

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