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Pechino, 22 nov.- Più di 400 lavoratrici hanno incrociato le braccia in una fabbrica di reggiseni di Shenzhen per scioperare contro i soprusi e gli stipendi bassi. Casus belli della protesta, 'l'invito' a "saltare giù dal palazzo e andare all'inferno' di uno dei datori di lavoro rivolto a una dipendente della Top Form Underware. Secondo quanto riportato dal New Express, l'uomo avrebbe insultato la donna, parlante mandarino, perché incapace di capire le sue istruzioni in cantonese. L'episodio ha finito per innescare la miccia in un ambiente in cui la tensione è ai massimi livelli dal febbraio scorso, quando la Top Form decise di modificare il sistema di retribuzione dei dipendenti passando dal modello salariale al pagamento a pezzo. I lavoratori, che prima percepivano un salario mensile base di 50 euro più gli straordinari, vengono ora retribuiti in base a ogni singolo reggiseno prodotto.
Da Shenzheng al Guandgong, focolai di proteste accendono l'intera area del Delta del Fiume delle Perle. Giovedì scorso più di 7mila hanno scioperato in una fabbrica di Dongguang che produce scarpe New Balance, Adidas e Nike contro i licenziamenti e i tagli agli stipendi.
Intanto a Lufeng, la lotta al land grab è tornata ad animare le strade. Già teatro due mesi fa di manifestazioni e scontri contro il fenomeno, la città fa di nuovo da sfondo alle proteste di 4mila indignati che si battono contro l'espropriazione forzata della terra senza adeguati compensi. "Dopo agli scontri di settembre, il governo ci aveva assicurato che avrebbe risolto il problema, ma non è stato così. Fin quando non tratterà la questione nel modo opportuno non ci sarà mai pace" spiega uno dei manifestanti.
Accerchiati gli edifici governativi, danneggiati sei veicoli della polizia, feriti forze dell'ordine e cittadini, striscioni di protesta e manifestazioni. Queste le immagini dello scorso settembre quando a far precipitare la situazione fu la vendita per circa 100 milioni di euro al promotore immobiliare Country Garden di terreni locali indebitamente sottratti.
Divenuto ormai consuetudine, il land grab segue un'unica dinamica: società private o collegate allo stato si appropriano di terreni coltivabili con il tacito consenso delle autorità locali colluse con gli immobiliari. Nonostante le promesse di maggiore tutela da parte del governo, nessun progresso è stato fatto dalla firma degli accordi ineguali del 1998. E la scena si ripete. "Opponiamoci alla dittatura", "La corruzione va punita", "Rispettate i nostri diritti": sono solo alcuni degli slogan delle migliaia di dimostranti che hanno circondato il quartier generale del governo chiedendo la restituzione dei terreni sottratti.
Strettamente collegate alle trasformazioni economiche e sociali, il malcontento popolare e gli episodi di insurrezioni hanno registrato negli ultimi anni un'impennata, riferisce Zhou Ruijin, ex vice redattore-capo del People's Daily e editorialista della rivista "China through the ages". Tra il 1993 e il 2006, riferisce Zhou, il numero di proteste è salito da 8.708 a 90mila, una soglia al di sotto della quale dal 2007 al 2009 non è più sceso. "Si tratta per lo più di conflitti incentrati su questioni riguardanti terreni rurali, le demolizioni delle case urbane, la protezione ambientale e lo sviluppo delle risorse". E molte di queste si sono verificate proprio lungo il delta del Fiume delle Perle, cuore dello sviluppo industriale della Nuova Cina, da cui proviene un terzo dei prodotti dedicati all'export, e regione di adozione di molti lavoratori migranti. Lo sviluppo sostenuto dell' "happy Guangdong", ha inciso non poco sullo squilibrio sociale.
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