90 ANNI DI PCC// Lo speciale AGICHINA24 e CHINA-FILES
Pechino, 01 lug. - Lo spot della CCTV in onda in questi giorni, non lascia ombra di dubbio: il Partito Comunista ha portato la Cina a diventare una potenza mondiale, guidando il paese: nel passato, nel presente e nel futuro. La scommessa cinese sulla quale tutto il mondo si interroga, potrebbe essere riassunta proprio nella domanda: riuscirà il Partito Comunista a proseguire nella gestione totale (politica, economia, sociale) della crescita economica cinese anche in futuro?
Oggi, primo luglio, giornata di celebrazioni dei 90 anni del Partito Comunista più grande al mondo, 80 milioni di iscritti, la risposta sembra scontata. Un intero paese mobilitato a celebrare e ringraziare il Partito Comunista autoproclamatosi artefice della rinascita economica e politica nel mondo della Cina. Il PCC può vantare i risultati ottenuti negli ultimi sessant'anni di Repubblica Popolare e un controllo preciso e puntuale in ogni ambito della società cinese, dopo aver riportato il paese nel posto che ogni cinese pensa competa alla Cina: al centro del mondo. Stando alle celebrazioni, inoltre, il PCC sviluppa il paese, lo espande economicamente, garantisce l'innalzamento del livello di vita, lotta contro la corruzione, sviluppa riflessioni su cambiamenti politici, purché in linea con le caratteristiche cinesi.
Come sempre però la Cina offre più pertugi di analisi, complessità sociali e politiche difficilmente iscrivibili in categorie precise, nel suo costante muoversi, mutare, avanzare o retrocedere. Per questo AgiChina24 e China-Files propongono uno speciale in grado di evidenziare più aspetti possibili dell'anniversario, tra mantra ufficiali, sfide future, sguardi da altrove e la perenne immagine del passato che riaffiora in un futuro sempre più imprevedibile.
di Simone Pieranni
All'interno dello Speciale 90 ANNI DI PCC:
a cura di Simone Pieranni e Alessandra Spalletta
- Una grande scritta: applausi, di Matteo Miavaldi
- Mao contro Mao, di Andrea Pira
- Kissinger, il Partito e il gioco del wei-qi, di Antonio Talia
- Cronologia del Pcc, di Sonia Montrella
90 ANNI DI PCC/MAO CONTRO MAO
[Speciale AgiChina24/China-Files]
di Andrea Pira
Mao contro Mao è la formula che caratterizza lo scontro ideologico tra la destra e la sinistra dell'intellighenzia cinese, esploso nei mesi precedenti il novantesimo anniversario della fondazione del Partito comunista. Il primo Mao è Mao Yushi, economista ottantaduenne, rappresentante dell'ala liberale della dirigenza. Il secondo è invece il Grande Timoniere, leader indiscusso della Nuova Cina fino alla sua morte nel 1976, il cui ritratto ancora oggi campeggia sulla Città Proibita a Pechino. A dare fuoco alle polveri fu un articolo sul settimanale Caixin di Mao Yushi con cui l'economista chiese di dare un taglio all'idolatria per Mao Zedong, riportando la figura del presidente a una dimensione umana, sottolineando le sue responsabilità nella morte per carestia di milioni di cinesi durante il Grande Balzo e delle atrocità della Rivoluzione Culturale.
Si ruppe così un tabù durato decenni e si andò ben oltre la schematizzazione matematica fatta durante la demaoizzazione della fine degli anni Settanta in cui le azioni del Grande Timoniere furono considerate per il 70 per cento giuste e per il 30 per cento sbagliate. "Non è un dio e dovrebbe essere portato giù dagli altari", si legge nel pezzo, "Bisogna spogliarlo dell'aura che lo circonda e che lo descrive come un uomo straordinario". Le critiche, in controtendenza con la propaganda che ha accompagnato l'avvicinarsi del novantesimo, non hanno risparmiato lo stesso Pcc, le cui politiche , ha scritto, non hanno portato la felicità dei cittadini, ma hanno fatto sprofondare la Cina in "un abisso di miseria durato trent'anni". Nella Cina del risveglio della retorica "rossa", che ha il suo portabandiera in Bo Xilai, segretario del Pcc della megalopoli Chongqing, la levata di scudi contro le posizioni dei liberali non hanno tardato.
La sinistra accademica riunita nel collettivo Utopia è stata la prima ad attaccare le posizioni di Mao Yushi e di Xin Ziling, ex ufficiale dell'Accademia cinese per la difesa nazionale e tra i firmatari, lo scorso ottobre, di una lettera aperta per chiedere la fine della censura e riforme democratiche. L'ex militare è anche autore di un articolo presentato a un convegno di quadri in pensione del Partito, che conterrebbe almeno "tre errori", compreso l'aver parlato delle pressioni che il primo ministro Wen Jiabao, iscritto nell'area del riformisti, subirebbe dall'ala conservatrice del Pcc. Sia Mao sia Xin sono definiti traditori borghesi, cani e collaborazionisti. È seguita una denuncia contro l'economista per sovversione e diffamazione, presentata alla polizia di Pechino con in calce 10mila firme, tra cui quelle della nipote del Grande Timoniere, Mao Xiaoqing e della nuora Liu Siqi, vedova del primogenito Mao Anying. Da parte loro i maoisti duri e puri hanno denunciato attacchi informatici al loro portale di riferimento, tuttavia non riconducibili direttamente ai liberali. Il dibattito ha raggiunto le colonne del Quotidiano del popolo, voce ufficiale dei comunisti cinesi, dove si sono alternati editoriali e commenti favorevoli alle due posizioni: l'una chiedendo ulteriori riforme, l'altra più disciplina di partito.
In superficie nella Cina contemporanea c'è un revival di canzoni rivoluzionarie, falci e martelli che addobbano le città e letture dei passi di testi del defunto presidente. Ma, secondo indiscrezioni, tra i corridoi di Zhongnanhai, cuore del potere comunista, circola una proposta: rimuovere il riferimento al "pensiero di Mao Zedong" dai documenti ufficiali del Partito.
90 ANNI DI PCC/UNA GRANDE SCRITTA: APPLAUSI
[Speciale AgiChina24/China-Files]
di Matteo Miavaldi
"Senza il Pcc non c'è la Nuova Cina" è un motto che ricompare frequentemente nei vari speciali che i media cinesi stanno dedicando al novantesimo anniversario del Partito comunista cinese, talvolta descritto col sottile eufemismo di "partito di maggioranza in Cina".
Il detto, coniato agli albori della fondazione della Repubblica popolare per marchiare a fuoco l'indispensabilità del Partito nella storia cinese a venire, oggi non può che generare sentimenti contrastanti: l'ammirazione per un sistema di potere festeggiato vivo e vegeto ben oltre la sua naturale età pensionabile si mischia al brivido della predestinazione, alla minaccia implicita che lega la longevità del Partito alla sopravvivenza della Cina, seppur Nuova.
L'unicità di un rapporto simbiotico di così lunga durata, forzato lungo i decenni ogni qual volta minacciato da forze interne o – molto più raramente- esterne, costringe la superpotenza cinese ad un'ennesima celebrazione del suo padre padrone. Ennesima, perché in Cina ogni singolo evento, ogni motivo di soddisfazione o gioia collettiva non può che declinarsi all'esaltazione della propria classe politica, in un circolo vizioso apparentemente senza fine di successi e riconoscimenti di merito al Partito. Festa della Repubblica, festa dei lavoratori, Olimpiadi, Expo, Wimbledon, risultati nel campo delle nuove tecnologie, imprenditoria: il Partito dall'alto esige il suo obolo di ringraziamento, che puntualmente viene sempre offerto, altrimenti estorto.
Forse è per questa infinita serie di grazie ricevute che oggi, nel 2011, le formule per la celebrazione sono stancamente ridondanti, indenni al fisiologico cambiamento dettato dallo scorrere del tempo. Come un solo megafono, gli organi mediatici della Repubblica ripetono sempre gli stessi mantra: il Partito ha fatto il bene della Cina, il Partito promuove la lotta alla corruzione, la Cina deve proseguire nel principio socialista con caratteristiche cinesi sotto la guida del Pcc, il mondo religioso cinese continua a volere la guida del Pcc sono solo pochi esempi degli articoli apparsi sugli organi di stampa nazionale che, facilitati dalla rodata ciclicità dell'esaltazione del potere, ad ogni appuntamento sensibile non si fanno mai trovare impreparati.
Lo stesso discorso vale per le forme d'intrattenimento pop come le Canzoni Rosse, inni alla maestà del comunismo cinese e di Mao Zedong vecchi di almeno quarant'anni ma ancora orgogliosamente cantati a squarciagola dalle masse. Per non parlare poi del kolossal propagandistico "L'inizio della grande rinascita" proiettato nei cinema di tutta la nazione – previo boicottaggio delle pellicole hollywoodiane e organizzazione di gite di lavoro coatte per spedire dipendenti statali e scolaresche nelle sale – o delle miniserie televisive dedicate al Pcc che seguono un filo narrativo millimetricamente dissimile rispetto alla normale programmazione, ricca di fiction su comunisti contro nazionalisti o cinesi contro giapponesi.
L'estetica di questo luglio 2011 mette allo scoperto il problema centrale del Pcc: la propria attualità. Mentre la Cina da oltre 30 anni, con l'inizio della politica di riforma ed apertura, si è incontrata e scontrata col resto del mondo, facendosi contagiare dalla modernità e dal progresso al di là della Grande Muraglia e diventandone nel giro di due decenni uno dei principali protagonisti, il Partito arranca incapace di reinventarsi in chiave contemporanea, ancorato nell'esaltazione di un'epoca lontana dove i vecchi – o i morti- di oggi erano la novità, i rivoluzionari, gli artefici del cambiamento ed i pionieri della Nuova Cina. Oggi, i quadri promossi alla cabina di regia di Zhongnanhai sono solo vecchi amministratori invecchiati nei giochi di potere del Partito, i vincitori provvisori dell'infinita lotta intestina per risalire la scala gerarchica cinese.
Il Pcc, ingessato nella sua proverbiale freddezza dei costumi e determinazione nella repressione, è al comando di un paese che stancamente lo sopporta, soddisfatto di un tenore di vita tutt'altro che frugale ed adagiato nella sicurezza proveniente dalla delega delle proprie responsabilità ad un'entità superiore e, lo prova questa particolare ricorrenza, protesa verso l'immortalità.Si parla chiaramente della maggioranza, degli "amici del popolo"; il destino delle voci dissonanti è superfluo ricordarlo.
Visto da fuori, questo spettacolare novantesimo compleanno lascerà il mondo a bocca aperta con le sue bandiere rosse, i suoi cori rivoluzionari, i suoi numeri e la sua apparente devozione alla causa. Ma da dentro la sensazione sarà più vicina alla noia, all'abitudine, alla ripetizione di uno show mandato in replica per oltre sessant'anni dove il pubblico, immobile sugli spalti, non smette mai di applaudire.La scritta "Applausi" sopra la telecamera, in Cina, non si spegne mai.
90 ANNI DI PCC/ KISSINGER, IL PARTITO E IL GIOCO DEL WEI-QI
[Speciale AgiChina24/China-Files]
di Antonio Talia
Quando alla fine di giugno Henry Kissinger ha aperto a Pechino i lavori del secondo Global Think Tank Summit, per l'ex Segretario di Stato americano si trattava anche di una ricorrenza speciale: in quello stesso giorno, quarant'anni prima, Kissinger volava in segreto a Pechino per ristabilire le relazioni diplomatiche tra Cina e Stati Uniti, interrotte dopo la fine della guerra civile.
Nel suo ultimo libro, "On China", Kissinger offre uno sguardo dietro le quinte dell'Impero di Mezzo basandosi sui suoi incontri personali con i leader vecchi e nuovi, descrive la sua visione della diplomazia cinese, e traccia alcune linee per il futuro. "Ho scritto questo libro per spiegare quello che pensano i cinesi su questioni come la pace, la guerra, e l'ordine internazionale" ha detto il principe dei diplomatici americani. Una lettura particolarmente adatta a celebrare i 90 anni dalla fondazione del Partito Comunista Cinese.
Per Kissinger la politica estera di Pechino può essere paragonata al wei qi, il gioco da tavolo nel quale bisogna circondare pazientemente l'avversario e la vittoria può essere solo relativa. "Per la strategia cinese la ricerca di un esito definitivo è illusoria – si legge nel libro-, ciò che è possibile perseguire, invece, è un gioco di 'coesistenza combattiva', nel quale si cerca di incrementare il proprio potere relativo tra le forze della politica mondiale, in continuo mutamento". Così, mentre i negoziatori americani trattano le diverse questioni sul tavolo in un sistema di compartimenti stagni e vanno alla ricerca di soluzioni per ognuna di esse, i cinesi integrano tutte le questioni e cercano accordi: è qualcosa che si è visto ripetutamente anche negli ultimi anni, quando su contrapposizioni come il caso Google o il problema della rivalutazione dello yuan l'America tentava di risolvere il caso singolo mentre la Cina si limitava a definire l'andamento generale delle relazioni "amichevole" o "freddo" a seconda del momento. "La diplomazia cinese è psicologica" scrive Kissinger, raccontando ad esempio che durante il suo primo incontro con Zhou Enlai, il premier cinese aveva organizzato l'agenda in modo da lasciare spazio a due soli negoziati, una mossa che costrinse di fatto l'inviato americano a organizzare la futura visita del presidente Richard Nixon sulla base di pochissimi dettagli stabiliti in precedenza.
Uno degli aspetti che colpisce di più del libro è che Kissinger descrive sistematicamente i leader cinesi come razionali e pragmatici, mentre gli americani appaiono spesso confusi, in quella che a tratti sembra forse una fascinazione eccessiva. Così, Zhou Enlai "conduceva le conversazioni con la grazia e l'intelligenza superiore del saggio confuciano", mentre Deng Xiaoping, "un coraggioso piccolo uomo dagli occhi malinconici" "si era assunto lo sforzo titanico di modernizzare il paese, facendo accettare ai comunisti la necessità della decentralizzazione e della modernizzazione". E Mao Zedong? Dai giudizi sul Grande Timoniere emerge tutta la realpolitik, e il cinismo, per il quale Kissinger è famoso: "Le tremende sofferenze che Mao ha inflitto al suo popolo porteranno a minimizzare i risultati che ha ottenuto, ma se la Cina rimarrà unita ed emergerà come la superpotenza del 21simo secolo, allora forse molti cinesi finiranno col giudicarlo con lo stesso metro applicato all'imperatore Qin Shihuang, i cui eccessi vennero più tardi riconosciuti come un male necessario".
Nel libro, Kissinger non si dilunga su una questione chiave come l'enorme quantità di debito pubblico americano detenuto dalla Cina, anche se riconosce che la crisi del 2008 ha "profondamente smitizzato il valore delle politiche economiche occidentali", e sottolinea come Hu Jintao e Wen Jiabao governino ormai un paese che non si sente intimidito da una qualche forma di inferiorità verso la tecnologia e le forme politiche dell'Occidente. Nel suo discorso al Global Think Tank summit, invece, l'ex Segretario di Stato si è soffermato sull'argomento, paragonando la Cina del 2011 agli Stati Uniti del 1947: "In qualità di primo creditore del mondo, la Cina si trova oggi nella stessa posizione degli USA alla fine della Seconda Guerra Mondiale - ha detto Kissinger -, mentre l'America è assorbita da un dibattito interno sull'ampiezza delle competenze del governo e l'Europa si dibatte in una crisi finanziaria e di idee".
A parole, Kissinger sembra prevedere un mondo multipolare nel quale il G20 costituirà il principale strumento di gestione della politica planetaria, ma tanto dalle pagine di "On China" che dal discorso di giugno emerge spesso una visione leggermente diversa: "la cooperazione tra Washington e Pechino è essenziale per la stabilità globale e per la pace, e in nessun caso le relazioni tra Pechino e Washington dovranno diventare un gioco a somma zero". Forse per Kissinger - che oggi, a 88 anni vanta moltissimi interessi economici nell'Impero di Mezzo attraverso la sua società di consulenza Kissinger Associates Inc.- un G2 è di gran lunga più importante del G20.
90 ANNI DI PCC/ CRONOLOGIA DEL PCC
[Speciale AgiChina24/China-Files]
di Sonia Montrella
1921 viene fondato a Shanghai il Partito comunista cinese con a capo Chen Duxiu
1923 Il III Congresso del PCC approva la collaborazione tra PCC e Guomindang (GMD). L'agente sovietico Borodin assiste Sun Yatsen nella riorganizzazione del Gmd.
1926 Jiang Jieshi prende il posto di Sun Yatsen (morto nel marzo del 1925) alla guida del GMD. Nello stesso anno si assiste al movimento rurale fomentato dal Pcc.
1927 Jiang Jieshi (Chang Kai-shek) rompe con il Pcc che entra così in clandestinità. Con la rivolta di Nanchang del 1° luglio nasce l'Armata rossa. Poco dopo Mao Zedong fonda la prima base rossa a Jinggang.
1930 il GMD da il via alle "cinque campagne di accerchiamento e annientamento" contro le basi rosse.
1933 Il Comitato Centrale del PCC lascia Shanghai, dove è braccato dalla polizia di Jiang Jieshi, e si rifugia nelle basi rosse rivoluzionarie.
1934 La quinta "campagna di accerchiamento e annientamento" di Jiang Jieshi minaccia le basi rosse. In ottobre l'Armata rossa dà inizio alla Lunga Marcia
1935 Durante la Lunga Marcia, la Conferenza di Zunyi elegge Mao Zedong presidente del PCC. In ottobre la Lunga Marcia termina nello Shaanxi
1937 Scoppia la guerra tra Cina e Giappone. PCC e GMD creano il fronte unito
1942 A Yan'an, Mao lancia la "rettifica" del Pcc
1945-1948 dopo il lancio della bomba atomica da parte degli Stati Uniti, il Giappone lascia la Cina. GMD e PCC si schierano di nuovo l'uno con l'altro. Dallo scontro ne esce vittorioso il PCC.
1° ottobre 1949 Dopo inutili trattative di pace tra GMD e PCC, il governo nazionalista si ritira a Taiwan, mentre a piazza Tian'anmen Mao Zedong proclama la fondazione della Repubblica Popolare Cinese
1949-1952 sono gli anni della ricostruzione in cui il PCC ordina la campagna contro i controrivoluzionari. Viene inoltre avviata la riforma agraria e la nazionalizzazione dell'industria
1950 Zhou Enlai firma a Mosca un trattato di aiuti finanziari, di amicizia, di alleanza e assistenza reciproca della durata trentennale tra la Russia e la Cina
1953 Il PCC ordina il primo piano quinquennale che accorda la priorità all'industria pesante
1954 il PCC promulga la Costituzione della Repubblica Popolare cinese
1955 nell'aprile dell'anno, in occasione della conferenza afro-asiatica di Bandung, Zhou Enlai si dichiara favorevole al miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti
1956-1957 Mao avvia la "campagna dei Cento Fiori", che invitava gli intellettuali a partecipare al dibattito politico e sfociato poi nella campagna contro la destra rivolta contro tutti coloro che criticavano il governo
1958-1960 sono gli anni del "Grande Balzo in Avanti", il fallimentare piano economico e sociale che si propone di mobilitare la vasta popolazione cinese per riformare rapidamente il paese, trasformando il sistema economico rurale in una moderna ed industrializzata società comunista. Nello stesso periodo vengono istituite le Comuni Popolari con funzioni economiche, amministrative, fiscali e militari
1959 Liu Shaoqi viene nominato a succedere a Mao Zedong come presidente della repubblica popolare cinese
1961-1965 periodo di riassestamento economico
1964 Viene pubblicato il libretto rosso di Mao
1966 il PCC da inizio alla Rivoluzione Culturale, ideata da Mao per sradicare usi e mentalità borghesi. Le Università e le scuole vengono chiuse, mentre vengono istituite le "Scuole del 7 maggio" per rieducare i funzionari attraverso il lavoro. Nello stesso anno viene fondato il Movimento delle Guardie Rosse. Liu Shaoqi, presidente della Repubblica Popolare Cinese e Deng Xiaoping, vice presidente del Comitato Centrale del Partito, vengono sospesi dai loro incarichi
1967 viene proclamata la comune di Shanghai
1969 Il IX Congresso del PCC nomina Lin Biao vice e successore di Mao
1971 scontro tra Mao Zedong e Lin Biao che a settembre muore di incidente aereo nella Repubblica Popolare Mongola, mentre tenta di fuggire in Russia
1973-1974 campagna di critica di Lin Biao e Confucio per attaccare la politica di Zhou Enlai e Deng Xiaoping. Nel frattempo il si tiene il X Congresso del Partito Comunista Cinese e Mao fa eleggere al Politburo sua moglie Jiang Qing e i tre maggiori esponenti dei radicali di Shanghai. Viene riabilitato Deng Xiaoping.
1976 nello stesso anno muoiono prima Zhou Enlai (gennaio) e poi Mao Zedong (settembre). Viene attuata la Campagna radicale contro "il vento di destra", di cui risulta principale esponente Deng Xiaoping. Ad aprile, Hua Guofeng, Ministro della Pubblica Sicurezza, viene nominato da Mao Primo Ministro. Ad ottobre la Banda dei Quattro – formata da Jiang Qing, vedova di Mao, Wang Hongwen, Zhang Chunqiao e Yao Wenyuan e accusata di complotto contro il Partito e lo Stato - viene eliminata dalla scena politica. Il 21 ottobre Hua Guofeng diventa presidente del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese.
1977 l'XI° Congresso del Partito Comunista Cinese ufficializza la nomina di Hua Guofeng a successore di Mao e reintegra Deng Xiaoping come Vice Presidente del Comitato Centrale del Partito
1978 Deng Xiaoping lancia le "quattro modernizzazioni" destinate a riformare i settori dell'agricoltura, scienza e tecnologia, industria e difesa nazionale
1980 A febbraio viene riabilitato Liu Shaoqi, mentre ad agosto Zhao Ziyang viene eletto Primo Ministro al posto di Hua Guofeng. Il governo approva le nuove leggi sul matrimonio, sulla cittadinanza, sulle imprese miste. A novembre si assiste al processo a Lin Biao e alla "Banda dei Quattro" (novembre). Il 1980 è anche l'anno in cui il PCC annuncia l'entrata in vigore della politica del figlio unico.
1982 A gennaio Hu Yaobang viene nominato nuovo segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e resterà in carica fino al 1987
1984 Prendono piede all'assemblea del Comitato centrale di ottobre le teorie di Deng Xiaoping del "socialismo con caratteristiche cinesi" che aprono la Cina al libero mercato.
1987 Zhao Ziyang succede a Hu Yaobang come segretario del PCC
1988 viene proclamato presidente Yang Shangkun che resta in carica fino al 1993
1989 Jiang Zemin prende il posto di Zhao Ziyang alla guida del Partito. Il 15 aprile muore Hu Yaobang e a Tian'anmen nascono alcune manifestazioni spontanee di studenti che vogliono partecipare al lutto. Le manifestazioni si trasformano con il tempo in proteste e ha inizio un lungo braccio di ferro con il governo che termina con il massacro del 4 giugno.
1992 viene approvata l'economica di mercato socialista
1993 Sale al potere Jiang Zemin che resterà in carica fino al 2002
1997 muore Deng Xiaoping
2002 Hu Jintao prende il posto di Jiang Zemin alla guida del Paese.
2010 il 18 ottobre il quinto plenum del diciassettesimo comitato centrale del Pcc nomina Xi Jinping vicepresidente della Commissione militare centrale, titolo che con ogni probabilità gli assicura la poltrona di capo di Stato che si libererà il prossimo anno.
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